Entro la settimana il consiglio dei ministri potrebbe approvare definitivamente la riforma
Data: Lunedì, 01 febbraio 2010 ore 09:00:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


Roma, 31 gen. (Apcom) - Quella che inizia domani potrebbe essere la settimana decisiva per l'approvazione finale della riforma delle scuole superiori: dopo i pareri espressi dalle commissioni cultura, in successione Camera e Senato, che hanno fatto seguito a quelli di Cnpi, Conferenza unificata Stato-Regioni e Consiglio di Stato, i tre schemi di regolamento torneranno al Cdm per l'ok in seconda lettura. Anche se manca ancora l'ufficialità, più fonti indicano che il via libera a nuovi licei, tecnici e professionali arriverà durante la seduta n.81 del Consiglio dei ministri. Prima però il governo dovrà verificare la possibilità di accogliere alcuni rilievi posti dagli organismi di competenza: su tutti l'indicazione, unanime, di introdurre la riforma solo dalle prime classi anziché dal biennio iniziale. La richiesta dovrà però essere verificata dal ministero dell'Economia che contava, come indicato nella finanziaria del 2009, di tagliare intorno al 7% della spesa scolastica: la somma, pari a 7,6 miliardi di euro in tre anni (il primo già è stato attuato senza rispettare del tutto le previsioni), avrebbero dovuto comportare l'eliminazione di 135.000 posti, di cui 87mila cattedre. Ora, però, l'avvio dimezzato della riforma della secondaria, solo per le prime classi, potrebbe creare più di qualche problema ai programmi di risparmio di via XX Settembre. Oltre che a quello dell'Istruzione, su cui in caso di mancato ottenimento dei risparmi stabiliti potrebbe scattare la cosiddetta 'clausola di salvaguardia' introdotta dall'ex ministro dell'Economia, Tommaso Padoa Schioppa, durante la penultima legislatura e mai abrogata. Come potrebbe creare non pochi problemi, però più di carattere politico, l'accoglimento di altri punti, indicati, in ordine sparso, da Cnpi, Conferenza unificata, Consiglio di Stato e commissioni parlamentari: su tutti, l'invito a ridurre la presenza negli organi collegiali di enti ed esperti esterni, oltre che di dipartimenti e comitati scientifici che andrebbero in conflitto con l'autonomia di ogni singolo istituto.





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