Formigoni: Libertà educativa. E se la chiedono anche gli Ajatolha?
Data: Domenica, 31 gennaio 2010 ore 12:45:29 CET
Argomento: Opinioni


“La grande sfida che deve affrontare la scuola italiana oggi è quella della libertà educativa, perché le scuole paritarie sono riconosciute come servizio pubblico, ma non hanno ottenuto la necessaria parità economica.” Così il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni intervenuto al convegno "Una scuola che parla al futuro". "Il nodo resta la garanzia dell'autentica libertà di scelta che Regione rende con la Dote scuola, che ha già interessato oltre 300.000 studenti con un investimento di 220 milioni di euro all'anno, e che realmente permette di decidere dove studiare e contribuisce a valorizzare il merito degli studenti". Formigoni ha poi ricordato i principi della "rivoluzione della scuola lombarda" che promuove, fra l'altro, pari opportunità di accesso ai percorsi formativi, la sussidiarietà e la parità degli enti di formazione pubblici e privati. Fondamentale per portare avanti il programma, il federalismo fiscale. "Già oggi come Regione - ha spiegato Formigoni - esercitiamo molti compiti di governo della rete scolastica e siamo in procinto di sottoscrivere in Conferenza unificata un accordo attuativo del Titolo V della Costituzione che ci permetterà di assumere competenze più ampie garantendo maggiore coinvolgimento del territorio nelle scelte del mondo della scuola". Se Formigoni chiede soldi per la libertà educativa significa che soldi si debbono dare anche agli Islamici e alle altre minoranze religiose che ne facciano richiesta. E se soldi vengono dati al credo religioso, fondi si devono pure dare al credo politico, a quello morale, a quello filosofico e pure a quello di chiunque dice di volere una scuola per i fatti propri. C’è qualcuno forse che ha più diritti degli altri? Ecco un modo per costruire tante piccole scuole dove ognuno esercita la propria libertà di educare. Lo faceva rilevare Umberto Eco che immaginava un bizzarro futuro di questo tenore per la Scuola, dopo che lo Stato finanziò tutte le scuole private e soprattutto quelle religiose: il Papa, di fronte al proliferare di mille scuole su spinta di mille istanze religiose, fece un appello allo Stato di riprendersi la gestione della Scuola, di reintrodurre l’insegnamento di religione “cattolica”, di scegliere gli insegnanti in base a graduatorie di merito e non di tessera di partito o fede religiosa, perché ogni scuola confessionale si trasformò in una setta chiusa in se stessa, sospettosa e diffidente dell’altra, mentre quelle islamiche superarono per finanziamento (gli sceicchi notoriamente ricchi versavano petroldollari) e per alunni (esplosione demografica degli islamici) quelle cattoliche che stavano rischiando il fallimento. E’ infatti nella scuola di tutti, quella pubblica, dove il confronto si stabilisce, le maggioranze si incontrano con le minoranze e l’integrazione avviene, grazie proprio alle sue forme di arruolamento dei professori a cui nessuno chiede né la tessera di partito né la professione religiosa. La scuola privata invece, per sua stessa natura, arruola professori funzionali alla sua missione educativa i quali mai potrebbero dissentire, sia per paura di essere licenziati, e sia perché snaturerebbero il progetto del proprio datore di lavoro. L’arruolamento dei docenti infatti non avviene per graduatoria di merito, ma per chiamata diretta e mai un privato di formazione neoliberista o cattolica chiamerà un comunista o un islamico: sarebbe un controsenso e uno svilimento nei termini di quel principio tanto sbandierato da Formigoni. L’augurio è di garantire la stessa libertà di insegnamento, la stessa libertà di idee, di proposte, di lavoro, di progettazione, che oggi ancora esiste nella scuola pubblica con tutti i suoi guasti e le sue mancate vere riforme, anche a quella privata, benché se così fosse mancherebbe il suo principale obiettivo. PASQUALE ALMIRANTE





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