LA RIFORMA SENZA SOLDI
Data: Lunedì, 25 gennaio 2010 ore 10:00:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


La nota del nostro direttore sul quotidiano "La Sicilia" sulla Riforma Gelmini

 

 

Renato G. Bonaccorso

r.bonaccorso@cannizzaroct.it

 

 

 

 

 

La commissione cultura ha approvato i regolamenti della riforma del secondo ciclo d’istruzione e nonostante le bordate di tutti i navigli della scuola (sindacati, associazioni, comitati, ecc.) e le salve dei brigantini istituzionali (Consiglio di stato e Consiglio nazionale della P.I.) terranova è ormai vicina e appena il Senato si pronuncerà, sbarcherà al Consiglio dei ministri e quindi in Gazzetta ufficiale. Ciò che non riuscì ad ammiragli illustri è riuscito a Gelmini che scaglia granate contro le opposizioni, ree di boicottaggi. Che è una posizione legittima, ma se si guarda dall’altra riva si potrebbe dire la stessa cosa, visto che prima si sono stanziati i soldi per la riforma e poi si è costruita, con procedura singolarmente opposta alla progettazione di una nave che deve affrontare i flutti.

Infatti prima nacque la legge finanziaria 133/08, che impone al Miur il taglio di 8 miliardi di euro entro il 2011 a spese di circa 140 persone tra Ata e docenti, e poi si edificò la riforma che molti amano chiamare Tremonti-Gelmini. Ma non è solo questa la più evidente falla. Manca quel biennio comune tra licei, professionali e tecnici che possa consentire a chi sbaglia indirizzo di potere cambiare senza grossi traumi, mentre si nota una impronta ancora gentiliana allorché, come rileva anche il Cnpi, i licei hanno l’obiettivo di «fornire ai giovani gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione approfondita della realtà»; mentre i tecnici e i professionali sono organizzati sulla base del saper fare con riferimento a «risultati di apprendimento declinati in competenze spendibili».

Sicuramente in tempi di concorrenza globale e di sbarchi clandestini il pensiero deve essere diviso dall’azione e per manovrare un tornio la filosofia del 900 non è necessaria, benché la comprensione della realtà per giudicare e scegliere ama un minimo di sapienza, come la storia della musica una certa conoscenza tanto che è stata cancellata ignorando che siamo la Patria del bel canto. Anche da qui forse nasce la norma voluta dal ministro del Lavoro, Sacconi, che consente a 15 anni di «integrare formazione e lavoro nello speciale apprendistato disciplinato in funzione dell’assolvimento del diritto-dovere ai 12 anni di apprendimento». L’opposizione l’ha contestata, ma con bombarde ideologiche, dice Sacconi, come se la sua norma avesse polvere da sparo differente.

PASQUALE ALMIRANTE (da www.lasicilia.it)







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