Ma la mobilità dei prof. da nord a sud è veramente così forte?
Data: Venerdì, 22 gennaio 2010 ore 20:16:46 CET
Argomento: Opinioni


A parte la diffusa idea complottista per cui c’è sempre qualcuno che trama all’ombra, persino tra i massimi organismi dello Stato, c’è l’altra concezione straccionesca secondo la quale una schiera infinita di docenti emigra al Nord, si accaparra di una cattedra facendosi le ossa e poi fa domanda di trasferimento al Sud, lasciando così le scuole sguarnite e interrompendo la continuità didattica che è la mamma di tutti gli insuccessi scolastici e proprio a danno dei bambini nati sul greto del Po. E molti ci hanno creduto, anche perché dichiarazioni simili sono venuti da autorevoli esponenti sia del Miur e sia della politica del fare e non del parlare. Tuttavia la Fondazione Agnelli, che ha studiato anche questi flussi, mette finalmente un po’ d’ordine nella generale demagogia populista e afferma: la richieste di mobilità relativa all’a.s. 2009/10 di docenti del Sud che insegnano al Nord e che quindi chiedono di rientrare è stata assolutamente irrilevante. E da i numeri con lucidità ragionieristica. In pratica le richieste di trasferimenti da Valle d'Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Trentino, Veneto, Friuli, Emilia-Romagna verso un Sud “sudista” hanno riguardato appena il 2,5% delle domande complessive, mentre solo lo 0,6% è stato accontentato, pari cioè a soli 691 docenti. Diverse sono le percentuali di mobilità tra le regioni del Nord: il 95.5% per il caso del Piemonte, il 93.6% per la Lombardia, il 96,2% per il Veneto. La domanda a questo punto è: perché si lanciano le mistificazioni secondo cui i docenti meridionali pur di ritornare farebbero qualunque traccheggio persino quello dei certificati medici falsi, senza curasi spregiudicatamente né della deontologia professionale, né della interruzione della continuità didattica?
Pasquale Almirante






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