I PRESIDI NEOASSUNTI NON SONO INETTI, INCOMPETENTI, IGNORANTI...
Data: Giovedì, 19 novembre 2009 ore 00:00:00 CET
Argomento: Opinioni


Oggetto: alcune considerazione sul Suo articolo pubblicato su “La Repubblica” – ed. Palermo del 28/10/2009 dal titolo “Il diritto e la beffa”
Egregio prof. Guzzetta,
di certo non ci sono, cito testualmente, “parole più usate e abusate in questo periodo di quelle che evocano la competizione e il merito”. E se poi la competizione si sposta nelle aule dei tribunali, essa fa assurgere al ruolo di vittime, perseguitati, vincitori morali, coloro i quali non son riusciti a far emergere le proprie qualità nei luoghi più appropriati. Ed ecco che improvvisamente costoro diventano seri , mentre chi ha vinto il concorso, per tradizione tutta italiana, ha corrotto, ha imbrogliato o , al massimo, è stato soltanto fortunato.
Naturalmente nessuno chiederà mai al novello Catone di turno di dimostrare i fatti, di portare un minimo straccio di prova a sostegno di tali verità assolute.
Certamente chiunque potrà sostenere che la beffa è per i candidati che si sono rivolti ai giudici e per questo “magari se lo meritavano “ di vincere il concorso. Ergo, coloro i quali il concorso lo hanno vinto davvero non lo meritavano e non possono neppure ricorrere ai giudici per ristabilire una verità travisata, stravolta, utilizzata a proprio piacimento per ottenere, come potrebbe dire quello stesso vecchio professore di latino da lei citato, la morte altrui per il proprio godimento.
Ma tant’è! La libertà di stampa, almeno per chi ha libertà di mezzi per poter veder stampato ciò che ritiene saggio comunicare alle nuove generazioni, garantisce spazio a iosa per poter asserire che tutti noi vincitori del concorso ordinario siamo dirigenti incapaci e immeritevoli.
In altri luoghi, in culture più civili della nostra, qualcuno Le potrebbe chiedere di quali fatti Lei sia a conoscenza per poter sostenere che alla guida di circa 400 Istituzioni Scolastiche autonome vi siano altrettanti inetti, incompetenti, ignoranti e indegni Dirigenti dello Stato. Qualcuno potrebbe dirLe che tali aggettivazioni suffragate da fatti La obbligherebbero alla denuncia agli organi competenti per la rimozione degli stessi dirigenti o, al contrario, potrebbe ricordarLe che tali appellativi, gratuitamente attribuiti, potrebbero portare gli stessi dirigenti a ravvisare gli estremi per la calunnia e/o diffamazione. Ma Lei potrebbe obiettare che non vi è alcuna accusa diretta, grazie all’uso sapiente di arguzie linguistiche che nulla affermano ma tutto lasciano intendere.
Bene, emerito professore, si documenti sul (de)merito di noi dirigenti scolastici che operiamo in trincea, non certo chiusi in ufficio, con uno stipendio assolutamente inadeguato, giornalmente costretti a fronteggiare continue emergenze economiche e culturali.
Non starò certo a illustrarLe l’iter che ci ha portati fin qui. Non credo Lei sia veramente interessato a questo. E, se lo fosse, potrei suggerirLe di leggere anche le nostre argomentazioni, di studiare meglio tutta la documentazione che riguarda il famigerato corso-concorso a dirigente scolastico. Scoprirebbe, sicuramente, ben altre verità e realtà. Ed io non voglio certo toglierLe il piacere della scoperta che, son sicuro, caratterizza ogni uomo di cultura.
Cordiali saluti,
Giuseppe Lo Porto

Io faccio parte di quella schiera di "fortunati concorrenti" che hanno superato l' ormai millantatissimo concorso per dirigenti scolastici che ho affrontato con la serietà e con la dignità che da sempre caratterizzano la mia condotta personale e professionale. Ho superato la prova selettiva ho affrontato due scritti (tutta farina del mio sacco) ho affrontato due orali un corso di nove mesi e un tirocinio di ottanta ore, cambiando come tanti i punti di riferimento e le coordinate della mia vita. Questa stessa cosa hanno fatto nostri colleghi meno fortunati i quali hanno cambiato città, affittato case, affrontato viaggi sacrificato molto del loro tempo e speso tanto del loro denaro visto che a dispetto di quello che pensano "gli esclusi"neanche lo stipendio è poi così lusinghiero: noi non abbiamo la RIA nè l'assegno ad personam tributato ai cosiddetti presidi incaricati. L' avere condotto con serietà e professionalità un compito così gravoso che come ha avuto modo di affermare lo stesso Dirigente del nostro USP ha cambiato il volto della provincia avrebbe dovuto conferire ai dirigenti neo immessi in ruolo dignità e considerazione. Al contrario immeritatamente ci siamo sentiti tacciare di disonestà di commistioni con gli imbrogli di mafia di macchie di illegittimità di detenzione e usurpazioni di malloppi e di ... chi più ne ha più ne metta con la ingenerazione di dubbi sulla nostra identità e immagine. Non voglio con questo giustificare le modalità assolutamente superficiali e talvolta ingenue con cui sono state condotte le correzioni da parte delle commissioni nè tanto meno contestare le ragioni delle, fino ad ora, due candidate buggerate. Ma mi chiedo: cosa ci lega con chi avendo avuto per la terza volta l'opportunità di superare un concorso non ce l'ha fatta? Purtroppo un saggio per dirigenti non può essere fatto di quattro facciatine di protocollo (robetta da scuola media) né un progetto interrotto e abbandonato in corso di edificazione (e forse non solo per ragioni di tempo). Ma io non voglio entrare nel merito. L'unica cosa che volevo dire è che alla fine tra magagne, irregolarità, chiacchiere, silenzi ed errori le vere vittime di questo concorso siamo noi vincitori che in buona fede siamo stati assunti lasciando il nostro sicuro lavoro accettando sedi disagiate abbracciandone con entusiasmo il peso per essere alla fine tacciati di "delinquenza" e magari essere sbalzati fuori dal posto senza possibilità di ritorno all’insegnamento, affamando le nostre famiglie e partecipando al "dolore" di chi non ha neanche l'idea di cosa sia stato l'impegno concorsuale. Chi risarcirà noi dei danni subiti, visto che siamo quelli che effettivamente ne hanno avuto il male maggiore? I colleghi perdenti in realtà non hanno perso niente se non una opportunità (che non è poco) ma noi cosa rischiamo?? Posto di lavoro, disoccupazione, danni morali, esistenziali, monetari, all'immagine e tanto altro ...ivi compresi gli sguardi compiaciuti e sibillini di tante persone che ti stanno intorno e che pensano che nella migliore delle ipotesi hai sganciato la bustarella! E' tutto molto vergognoso ma la cosa più vergognosa è l'atteggiamento di questi presunti colleghi che hanno trasformato un problema di serietà da parte delle commissioni in una vera e propria guerra contro di no muovendo una macchina mediatica e di opinione contrastabile a questo punto solo con una denuncia collettiva per diffamazione (non so se si è avuto modo di sentire volgari apprezzamenti espressi in tono di sfida firmati da alcuni sedicenti dirigenti in pectore). Quindi, per favore, non si spari sulla folla. lettera firmata

Leggevo su Repubblica del 28/10 un articolo di un docente di Tor Vergata. Lamentava la sconfitta dei valori costituzionali prendendo spunto dalla vicenda concorsuale dell’ultima selezione di dirigenti scolastici. Con tono paternalistico si rivolgeva ai giovani lasciando intendere che alcuni candidati siano stati immeritatamente esclusi (quelli che hanno proposto un ricorso avverso la bocciatura) e alludendo ai vincitori come immeritevoli tout court (“chi è entrato grazie a un abuso rimane al suo posto”), quindi invitava larvatamente i lettori a emettere un giudizio sul Governo. I lettori stessi, però, si saranno fatti un’idea della correttezza di quell’intervento. Stupisce che tale appassionata invettiva giunga da un rappresentante di quel settore che, in questo confuso e disordinato paese che è diventato l’Italia, più di ogni altro simboleggia nell’immaginario collettivo l’assenza di trasparenza “costituzionale” nelle procedure di selezione del personale docente e che per i suoi atavici meccanismi si è meritato il palmares di più oscuro cimitero del merito. In attesa quindi di conoscere come sia diventato docente l’estensore dell’articolo a cui mi riferisco, è forse utile far conoscere ai lettori come, senza voler fare ideologicamente di tutta l’erba un fascio, i vincitori del concorso ordinario a dirigente scolastico siano diventati tali senza poter contare su santi o “baroni”… Per partecipare a una selezione per dirigenti scolastici ho dovuto prima collezionare sette anni di esperienza da ordinario. Naturalmente il concorso non è arrivato allo scadere di quel periodo per la mancanza di una regolarità dei bandi e ho perciò atteso un altro lustro. Ho quindi preso parte ad una selezione oggettiva per titoli in cui, per la prima volta, oltre la “vecchiezza” anagrafica e di servizio veniva dato qualche rilievo ai titoli culturali certificati come accade nel resto del mondo. Essendo un giovane nella scuola regolata quasi unicamente dall’antichità del servizio o dalla longevità, sono entrato nelle procedure concorsuali grazie al punteggio ottenuto dal dottorato di ricerca, i diplomi e i master che altrove si chiamano curriculum e da noi “carta”. Delle pubblicazioni ancora si tace come se il contributo di ricerca non avesse diritto di cittadinanza in tutto il mondo accademico nostrano. Successivamente si è svolta una selezione che prevedeva due prove scritte (stesura di un saggio e di un progetto) e una doppia prova orale (di piccolo gruppo e individuale). Coloro che come me hanno superato positivamente questa fase hanno poi affrontato un intero anno di formazione che si è sommato alla normale attività di insegnamento perché solo agli universitari è concesso di stare a casa per un anno intero a scrivere libri o fare aggiornamento continuando a percepire lo stipendio, mentre al personale della scuola ciò è impedito nonostante siano sempre gli universitari (di Tor Vergata o altrove), quelli a cui siano riconosciute come obbligatorie del servizio la metà delle ore richieste ai docenti della secondaria. Concludendo: che un docente universitario si prenda la briga di lamentare la mancanza di costituzionalità in un concorso scolastico lasciandosi sfuggire, come vuole il proverbio, la trave enorme che gli sta conficcata nell’occhio del suo contesto accademico mi pare segno dei tempi, intesi alla maldicenza più che alla ricerca del vero. Le ombre saranno dissipate dai giudici e gli organi competenti bene fanno a curare da vicino una situazione delicata per i tanti risvolti che presenta e che sfuggono del tutto a una considerazione ideologica. Intanto noi stiamo svolgendo con coscienza e competenza il nostro lavoro in sedi quasi tutte difficilissime. Ora non sta a me il giudizio sugli elaborati dei ricorrenti nonostante i miei, invece, siano stati verificati numerose volte dai tanti avvocati che hanno chiesto accesso agli atti. Occorrerà però onestà da parte di tutti, compresi i ricorrenti che, si sappia, sono stati giudicati due volte da due distinte commissioni che per due volte li hanno bocciati. Può darsi che una commissione abbia agito male, che ciò sia accaduto due volte mi riesce più difficile crederlo. Ma se in tale direzione spinge una logica del sospetto allora più correttamente andrebbe sospettato che forse si tratta di bocciatura meritata come siamo soliti dire agli alunni che bocciamo due volte. In questo caso: perché gli alunni, per esempio, dei ricorrenti dovrebbero accettare la loro valutazione negativa mentre i ricorrenti possono rifiutare a oltranza la stessa sorte quando sono nella veste di discenti? Non è la Costituzione che garantisce equità e uguaglianza di trattamento davanti alla legge? O gli adulti hanno più strumenti per trasferire su un piano virtuale, quello del ginepraio della giurisprudenza, ciò che nella realtà ha toni più netti? Giampiero Finocchiaro





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