La riflessione filosofica ha, da sempre, cercato di porsi come guida etica nel presente, prospettando scenari futuri. E soprattutto ha mosso da precise domande. Una in particolare è sottesa all’ultimo saggio di Mario Pezzella, ricercatore universitario presso la Normale di Pisa (La memoria del possibile, Jaca Book, pp. € 32): perché il lavoro immateriale non ha prodotto forme di liberazione ma colonizzazione e sfruttamento delle capacità mentali dell'uomo?
Il libro è l’analisi di una grande disillusione, nata da una precedente speranza, dominante alla fine del secolo passato - nell'euforia dilagante della New Economy e dei processi finanziari globali: l'idea della fine della storia e la possibilità di una sorta di "capitalismo pacificato. Dimenticate le tragedie del '900, una realtà virtuale prometteva, solo illusoriamente, di liberare l’uomo dai pesi del corpo e della materia. Pezzella, con una acuta analisi, ci fa capire che nessuna utopia ha subito più cruda smentita: fuori dell'Europa si concentra una densità ed una violenza di sfruttamento che non ha nulla da invidiare all'accumulazione originaria della prima rivoluzione industriale.
SILVANA LA PORTA