Senza dubbio è un anno scolastico che ha avuto un avvio molto
difficile, sia per quanto concerne la sistemazione dei precari, i
quali, almeno fino adesso, non hanno avuto rinnovato il contratto
di lavoro, sia per i molti tagli sugli organici. Un argomento, sollevato
recentemente dal vice ministro Adolfo Urso, è quello di
garantire un’adeguata accoglienza ai minori e agli studenti di fede
musulmana, immigrati negli ultimi anni. Questa proposta si
inquadra in una logica di multiculturalità.
In una città come Catania si registra, ad esempio, una forte
presenza di cinesi, arabi e cittadini dello Sri Lanka. Urso, ha proposto
di affidare l’insegnamento della religione islamica a docenti
riconosciuti italiani che parlano in italiano. Al limite anche
l’iman, a patto che siano in possesso di specifiche idoneità.
Di fronte a questa idea, molti presidi hanno sposato le tesi del
cardinale emerito Ersilio Tonini, che comprendendo le intenzioni
di Urso, ha però rilevato che «ci vuole massima prudenza nell’approccio
con l’Islam. Si tratta di un’idea impraticabile. L’Islam
- ha spiegato Tonini - ha mille espressioni, collegamenti, imparentamenti,
per cui con la nostra civiltà non ha nulla a che vedere
».
Per esempio, il presidente dell’Uciim di Catania, il preside Giuseppe
Adernò, ha detto che «la laicità non si esercita con la contrapposizione
tra religioni e se la nostra Costituzione ed il concordato
hanno seguito i passi della storia, apportando anche delle
modifiche nel tempo e nelle formule attuative, non può essere
oggetto di interventi e dibattiti che creano soltanto scalpore,
confusione e disorientamento. Il problema dell’insegnamento
della religione cattolica non si risolve moltiplicando le ore dedicate
ad altre religioni, ma insegnando bene i principi del cattolicesimo
e testimoniandoli nella vita».
Per il preside del Boggio Lera, Giovanni Torrisi, «gli alunni che
professano la religione cattolica costituiscono una consistenza
numerica, molto più alta dei giovani che professano la religione
musulmana, anche se ormai vi è una forte presenza, della comunità
islamica nel nostro territorio. A mio avviso, occorrerebbe
un’intesa globale fra il Governo nazionale ed i rappresentanti
della comunità islamica in Italia. La questione - ha continuato
Torrisi - nel passato non si è mai affrontata dal momento che fino
a qualche anno addietro vi era un numero molto limitato di
alunni musulmani, i quali ora, potrebbero avere il diritto di frequentare
l’ora di religione islamica». Torrisi indica una soluzione:
qualora il numero di alunni musulmani in un istituto non sia
tanto numeroso, si potrebbero accorpare attraverso "reti di
scuole vicine". Però, il preside dell’istituto Boggio Lera, giustamente,
ha rilevato che la religione islamica potrebbe essere affrontata
all’interno della stessa religione cattolica, mediante il
confronto con le altre religioni. Poi, ha spiegato, che non è necessaria
alcuna legge dal momento che i collegi dei docenti, nell’ambito
della loro autonomia, potrebbero attivare delle iniziative
per gli alunni che professano altre religioni, come per esempio
si sta facendo (ora alternativa) con gli alunni che non seguono
la religione cattolica. Senza dubbio, conclude Torrisi, il problema
è molto delicato e di non facile soluzione, per cui, occorre
un’intesa fra il nostro governo ed i rappresentanti della comunità
islamica in Italia».
Boccia l’insegnamento della religione islamica il dirigente scolastico
dell’istituto psico- pedagogico «Regina Elena» di Acireale,
Alfio Mazzaglia. «È una pessima idea - ha sostenuto - dal momento
che la tradizione del nostro Paese è millenaria e rappresenta
il cardine non solo per la vita religiosa, ma anche il punto
di riferimento di molte aspettative sociali di vita del nostro
Paese. Non si può, di punto in bianco, cambiare una tradizione
millenaria con l’insegnamento di altre forme di religioni, fra queste
quella islamica, con il rischio di creare un ibridismo «culturale
e religioso» dannoso. Diverso è il caso del confronto di religione
differenti all’interno della stessa ora di religione. Altrimenti
si dovrebbero supporre scuole in Italia frequentate da studenti
islamici o di altro credo. Accetterebbero i paesi islamici, conclude
Mazzaglia, l’insegnamento della religione cattolica nelle
loro scuole? E, poi, gli insegnanti di religione islamica, ammesso
che vi siano, chi dovrebbe pagarli?»
Molto singolare, l’intervento del dirigente scolastico del liceo
classico «Cutelli» Rosetta Camilleri. A suo avviso «ogni religione
affronta problemi personali e privati, per cui non sono per l’insegnamento
della religione nelle scuole. La scuola non è il luogo
idoneo per approfondire argomenti che riguardano la sfera
spirituale o personale. In ogni caso dovrebbe essere fatta la storia
di tutte le religioni, cattolica, islam, valdese, buddismo, eccetera.
Piuttosto, bisognerà occuparsi maggiormente ad educare
i giovani alla cittadinanza, ai valori, allo studio della Costituzione
».
Per il presidente dell’Andis, Santo Molino «l’educazione religiosa
non può essere basata sul catechismo, ma deve portare alla
conoscenza dei valori e dell’etica su cui si poggia. Nel caso della
religione cristiana non vi è dubbio che essa sta alla base della
cultura Occidentale, dell’Europa ed in modo particolare del
nostro Paese. In quest’ottica si inquadra la specialità dell’insegnamento
della religione cattolica nel nostro sistema educativo.
Per quanto concerne le altre religioni, e l’islamismo è tra queste,
si tratta di diffondere correttamente la conoscenza sul piano della
storia della religione e sulla loro incidenza nel costume, nelle
varie parti del mondo. Non è possibile, conclude Molino, una
applicazione sul modello concordatario e con docenti nominati
dalle autorità religiose. Se, invece, la religione viene considerata
sul piano dell’approccio etico, antropologico e storico potrà
benissimo essere affidata a docenti di filosofia o scienze umane».
Per il preside dell’Iti «Marconi» Orazio Lombardo il problema
della religione islamica va risolto a monte, attraverso una disposizione
di legge. «Certo - ha detto il dirigente scolastico - l’alunno
islamico ha diritto a seguire la propria religione. Il collegio dei
docenti, nell’ambito della sua autonomia, potrebbe deliberare
per un intervento esterno, però a titolo gratuito. Cioè, chi e come
si dovrebbe fare carico di tale spesa?»’.
Il dirigente scolastico dell’ Iti «Ferraris» di S. Giovanni la Punta,
Ugo Pirrone, ha asserito che «il problema è fondamentalmente
politico. Così come vi è un concordato stipulato tra lo Stato italiano
ed il Vaticano, occorre capire se il legislatore intenda aprire
la scuola ad altre confessioni religiose. Fino ad allora, fermo restando
l’autonomia scolastica ed il protagonismo dei collegi dei
docenti, occorre realisticamente comprendere le difficoltà economiche
che insorgono dalla promozione di insegnamenti aggiuntivi».
Maria Castro da La Sicilia