L’Islam come materia 'SI, ma chi paga i docenti?'
Data: Sabato, 24 ottobre 2009 ore 00:00:00 CEST
Argomento: Comunicati


Senza dubbio è un anno scolastico che ha avuto un avvio molto

difficile, sia per quanto concerne la sistemazione dei precari, i

quali, almeno fino adesso, non hanno avuto rinnovato il contratto

di lavoro, sia per i molti tagli sugli organici. Un argomento, sollevato

recentemente dal vice ministro Adolfo Urso, è quello di

garantire un’adeguata accoglienza ai minori e agli studenti di fede

musulmana, immigrati negli ultimi anni. Questa proposta si

inquadra in una logica di multiculturalità.

In una città come Catania si registra, ad esempio, una forte

presenza di cinesi, arabi e cittadini dello Sri Lanka. Urso, ha proposto

di affidare l’insegnamento della religione islamica a docenti

riconosciuti italiani che parlano in italiano. Al limite anche

l’iman, a patto che siano in possesso di specifiche idoneità.

Di fronte a questa idea, molti presidi hanno sposato le tesi del

cardinale emerito Ersilio Tonini, che comprendendo le intenzioni

di Urso, ha però rilevato che «ci vuole massima prudenza nell’approccio

con l’Islam. Si tratta di un’idea impraticabile. L’Islam

- ha spiegato Tonini - ha mille espressioni, collegamenti, imparentamenti,

per cui con la nostra civiltà non ha nulla a che vedere

».

Per esempio, il presidente dell’Uciim di Catania, il preside Giuseppe

Adernò, ha detto che «la laicità non si esercita con la contrapposizione

tra religioni e se la nostra Costituzione ed il concordato

hanno seguito i passi della storia, apportando anche delle

modifiche nel tempo e nelle formule attuative, non può essere

oggetto di interventi e dibattiti che creano soltanto scalpore,

confusione e disorientamento. Il problema dell’insegnamento

della religione cattolica non si risolve moltiplicando le ore dedicate

ad altre religioni, ma insegnando bene i principi del cattolicesimo

e testimoniandoli nella vita».

Per il preside del Boggio Lera, Giovanni Torrisi, «gli alunni che

professano la religione cattolica costituiscono una consistenza

numerica, molto più alta dei giovani che professano la religione

musulmana, anche se ormai vi è una forte presenza, della comunità

islamica nel nostro territorio. A mio avviso, occorrerebbe

un’intesa globale fra il Governo nazionale ed i rappresentanti

della comunità islamica in Italia. La questione - ha continuato

Torrisi - nel passato non si è mai affrontata dal momento che fino

a qualche anno addietro vi era un numero molto limitato di

alunni musulmani, i quali ora, potrebbero avere il diritto di frequentare

l’ora di religione islamica». Torrisi indica una soluzione:

qualora il numero di alunni musulmani in un istituto non sia

tanto numeroso, si potrebbero accorpare attraverso "reti di

scuole vicine". Però, il preside dell’istituto Boggio Lera, giustamente,

ha rilevato che la religione islamica potrebbe essere affrontata

all’interno della stessa religione cattolica, mediante il

confronto con le altre religioni. Poi, ha spiegato, che non è necessaria

alcuna legge dal momento che i collegi dei docenti, nell’ambito

della loro autonomia, potrebbero attivare delle iniziative

per gli alunni che professano altre religioni, come per esempio

si sta facendo (ora alternativa) con gli alunni che non seguono

la religione cattolica. Senza dubbio, conclude Torrisi, il problema

è molto delicato e di non facile soluzione, per cui, occorre

un’intesa fra il nostro governo ed i rappresentanti della comunità

islamica in Italia».

Boccia l’insegnamento della religione islamica il dirigente scolastico

dell’istituto psico- pedagogico «Regina Elena» di Acireale,

Alfio Mazzaglia. «È una pessima idea - ha sostenuto - dal momento

che la tradizione del nostro Paese è millenaria e rappresenta

il cardine non solo per la vita religiosa, ma anche il punto

di riferimento di molte aspettative sociali di vita del nostro

Paese. Non si può, di punto in bianco, cambiare una tradizione

millenaria con l’insegnamento di altre forme di religioni, fra queste

quella islamica, con il rischio di creare un ibridismo «culturale

e religioso» dannoso. Diverso è il caso del confronto di religione

differenti all’interno della stessa ora di religione. Altrimenti

si dovrebbero supporre scuole in Italia frequentate da studenti

islamici o di altro credo. Accetterebbero i paesi islamici, conclude

Mazzaglia, l’insegnamento della religione cattolica nelle

loro scuole? E, poi, gli insegnanti di religione islamica, ammesso

che vi siano, chi dovrebbe pagarli?»

Molto singolare, l’intervento del dirigente scolastico del liceo

classico «Cutelli» Rosetta Camilleri. A suo avviso «ogni religione

affronta problemi personali e privati, per cui non sono per l’insegnamento

della religione nelle scuole. La scuola non è il luogo

idoneo per approfondire argomenti che riguardano la sfera

spirituale o personale. In ogni caso dovrebbe essere fatta la storia

di tutte le religioni, cattolica, islam, valdese, buddismo, eccetera.

Piuttosto, bisognerà occuparsi maggiormente ad educare

i giovani alla cittadinanza, ai valori, allo studio della Costituzione

».

Per il presidente dell’Andis, Santo Molino «l’educazione religiosa

non può essere basata sul catechismo, ma deve portare alla

conoscenza dei valori e dell’etica su cui si poggia. Nel caso della

religione cristiana non vi è dubbio che essa sta alla base della

cultura Occidentale, dell’Europa ed in modo particolare del

nostro Paese. In quest’ottica si inquadra la specialità dell’insegnamento

della religione cattolica nel nostro sistema educativo.

Per quanto concerne le altre religioni, e l’islamismo è tra queste,

si tratta di diffondere correttamente la conoscenza sul piano della

storia della religione e sulla loro incidenza nel costume, nelle

varie parti del mondo. Non è possibile, conclude Molino, una

applicazione sul modello concordatario e con docenti nominati

dalle autorità religiose. Se, invece, la religione viene considerata

sul piano dell’approccio etico, antropologico e storico potrà

benissimo essere affidata a docenti di filosofia o scienze umane».

Per il preside dell’Iti «Marconi» Orazio Lombardo il problema

della religione islamica va risolto a monte, attraverso una disposizione

di legge. «Certo - ha detto il dirigente scolastico - l’alunno

islamico ha diritto a seguire la propria religione. Il collegio dei

docenti, nell’ambito della sua autonomia, potrebbe deliberare

per un intervento esterno, però a titolo gratuito. Cioè, chi e come

si dovrebbe fare carico di tale spesa?»’.

Il dirigente scolastico dell’ Iti «Ferraris» di S. Giovanni la Punta,

Ugo Pirrone, ha asserito che «il problema è fondamentalmente

politico. Così come vi è un concordato stipulato tra lo Stato italiano

ed il Vaticano, occorre capire se il legislatore intenda aprire

la scuola ad altre confessioni religiose. Fino ad allora, fermo restando

l’autonomia scolastica ed il protagonismo dei collegi dei

docenti, occorre realisticamente comprendere le difficoltà economiche

che insorgono dalla promozione di insegnamenti aggiuntivi».

Maria Castro da La Sicilia







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