Diplomifici e scuole serie
Data: Giovedì, 22 ottobre 2009 ore 16:31:43 CEST
Argomento: Opinioni


E’ notizia dei giorni scorsi secondo la quale ben 12 scuole private, tra Calabria e Sicilia, sono state chiuse perché i gestori avrebbero preteso da 3mila a 5mila euro per un diploma, creando pure false carriere scolastiche, col concorso dei docenti e del personale Ata. Una notizia che conferma i sospetti di quanto succede nei diplomifici, dove l’unico obiettivo sono i soldi e lasciare tutto il resto ai sacrifici che gli altri studenti fanno per conquistarsi il pezzo di carta nella scuola pubblica o in quella privata, ma seria. Tuttavia una domanda potrebbe essere: come è possibile che ciò accada? La risposta si evince per la natura stessa di questa scuola che, essendo di una società o di una confessione o di un partito, si sceglie i docenti secondo le ispirazioni ideologiche della sua esistenza stessa. Una scuola cattolica, per esempio, arruolerà il personale, non secondo le graduatorie pubbliche, ma sulla base della cultura religiosa del docente, proprio perché i suoi iscritti chiedono quella specifica educazione e formazione; così come una scuola privata islamica non potrebbe mai chiamare cristiani, né una scuola di sinistra potrebbe chiamare docenti di destra: che senso avrebbe altrimenti la sua specificità ideologica e culturale? Ecco allora che taluni gestori, con l’idealità esclusiva del denaro, approfittando del principio di libertà di formazione, aprono scuole arruolando docenti la cui ideologia non è legata a nessuna appartenenza, né politica né religiosa, ma solamente al bisogno di portare a casa qualche spicciolo e pure un po’ di punteggio utile per scavalcare dei colleghi nelle graduatorie dei vari provveditorati. Molte scuole private nascono quindi col preciso obiettivo di garantire solamente il diploma ad alunni paganti, fregandosene della loro preparazione effettiva e sfruttando la gran massa di professori precari e di neo laureati in cerca di un posto di lavoro anche sottopagato o addirittura non pagato, ma con la sola promessa del punteggio. Si capisce dunque che se la scuola dovesse arruolare un docente scrupoloso, che volesse fare il suo lavoro, interrogando e spigando, gli verrebbe impedito perché l’alunno pagante non tollera strettoie, né cappi, né seccature ma solo l’ammissione agli esami di stato e la garanzia del diploma. Pare addirittura che i ragazzi non partecipassero nemmeno alle lezioni.
Questa è una faccia della moneta.
L’altra faccia è un po’ più inquietante, perché i diplomifici ebbero grande espansione e fortuna soprattutto ai tempi della ministra Moratti, mentre oggi dovrebbero essere un po’ più ridimensionati. All’epoca la ministra tolse del tutto le commissioni esterne e introdusse solo quelle interne, composte cioè dai professori della stessa classe, ma con un solo presidente esterno che vigilava su tutte le altre commissioni dello stesso Istituto. In questa formula, alquanto dubbia, entrarono quasi tutte le scuole private che così ebbero agio di operare e di diplomare indisturbate. Dai tempi di Fioroni però, fino a giorni di Gelmini, le commissioni agli esami di stato sono composte metà da interni e metà da esterni, tre e tre, con un presidente esterno. L’inquietudine nasce proprio dal fatto che, per dare così facilmente il diploma, sembra indispensabile la connivenza, oltre di quella degli interni, soprattutto di quell’altra metà dei professori esterni. Come è possibile infatti promuovere un candidato che ha un curriculum studiorum fatto a tavolino e che quindi non può possedere un minimo di contenuti? Come è possibile che nessuno dei tre esterni non verifichi sul campo delle prove il livello di preparazione raggiunto al quinto anno? Anche se durante gli scritti qualcosa può sfuggire, come il passaggio sotterraneo dei temi, nelle prove orali è pressoché impossibile: le materie si sanno o non si sanno e una equazione, come la spiegazione di un fenomeno, ha bisogno di competenze e di preparazione. E allora, come si fa a dare certezze agli iscritti di queste scuole? E poi, domanda delle domande: cosa fanno e dove vanno gli ispettori scolastici regionali? L’equiparazione fra pubblico e privato, voluta all’epoca da Massimo D’Alema, prevedeva innanzitutto questi tipi di controlli. Appare dunque strano che a scoprire le magagne siano state ancora una volta le fiamme gialle e non già i competenti funzionari.
PASQUALE ALMIRANTE






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