Paghiamo gli alunni per le lezioni così insegneremo loro ad odiare il lavoro
Data: Mercoledì, 21 ottobre 2009 ore 04:00:00 CEST
Argomento: Opinioni


Neanche a pagarli. L’acuto pezzo di Giovanni Cominelli prende proprio spunto da certe iniziative di “incentivazione” al profitto scolastico. Aiutiamoci a giudicare questa iniziativa spostando il focus su due realtà diverse dalla scuola: il campo della salute e quello della cosiddetta managerialità (ma, come tutte le “ità”, esisterà davvero?).

Per lavoro e per passione mi sono a lungo occupato di compliance, termine tecnico che in medicina significa solamente il fatto che i pazienti devono prendere le medicine prescritte o compiere certi gesti di terapia (come iniettarsi l’insulina per i pazienti diabetici o fare certi esami frequenti per i pazienti scoagulati). Il tasso di compliance è solitamente molto basso per le malattie croniche e questo accade in tutto il mondo, qui non si possono scomodare le differenze cultuali. Come dire che magari ci ricordiamo anche di prendere l’antibiotico per qualche giorno di seguito, ma quando le cure diventano continue dopo un po’ compare una “involontaria” dimenticanza, non si fanno più le terapie o le manovre prescritte; insomma ci si adatta o aggiusta il proprio regime terapeutico e spesso in modo sconveniente.

Ecco allora medici e infermieri che per cercare di aumentare la compliance se ne inventano di tutte. Ho studiato a lungo i pazienti in dialisi (che devono fare la seduta tre volte la settimana con molte restrizioni sul consumo di cibo e acqua) e ho assistito anche al tentativo di pagare i pazienti. Esiste un interessante esperimento per cui venivano dati dieci dollari a seduta a pazienti più bravi, quelli che arrivavano in seduta con certi parametri nella norma (a scuola diremmo “preparati”). Ecco neanche a pagarli diventavano complianti: questo stratagemma funzionava un po’ per i primissimi tempi, ma poi perdeva efficacia con ritorno alle stesse abitudini di partenza.

Ma lo vediamo anche noi, coi nostri bambini. Quella che chiamo la strategia dell’ovetto non funziona. «Se fai il bravo poi ti do l’ovetto Kinder». Sappiamo bene che presto arriveremo a un punto in cui l’arguto bambino ci dirà: «prima mi dai l’ovetto, poi faccio il bravo».

I manager. Chi si occupa di motivazione nelle aziende ha da tempo scoperto che il puro incentivo economico è solo una e non la più efficace delle forme di “rewarding”, di premio del lavoratore che gli dia la soddisfazione necessaria per continuare a lavorare, e bene, nello stesso posto. L’attenzione si è da tempo spostata sulle condizioni del lavoro, sul livello di comunicazione interna, sulla possibilità di vivere con creatività il loro ruolo. Tutte situazioni efficaci tanto quanto, se non più di un bonus da tremila euro.

Questo accade perché parliamo appunto di strategie, comportamentali. E con le strategie di solito si fa la guerra, non si compone la pace necessaria al lavoro.

sa ilsussidiario.it







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