Baby navigatori a rischio pedofilia
Data: Luned́, 28 settembre 2009 ore 15:11:30 CEST
Argomento: Comunicati


ROMA - Si allarga la rete della pedofilia on-line e del cyberbullismo. Nessun baby-navigatore può ritenersi al sicuro dagli orchi del web. A dimostrarlo sono i dati della polizia postale e delle telecomunicazioni, dal 1998 a caccia di sciacalli che scelgono la piazza virtuale per adescare minori o istigare violenza tra gli adolescenti; dati presentati nel corso del seminario su "Protezione della rete e tutela dei giovani" organizzato nella residenza romana dell'ambasciatore britannico, a villa Wolkonski. I dati della pedopornografia. I numeri relativi agli abusi sui bambini diffusi on-line parlano di un fenomeno raddoppiato: nei primi sei mesi dell'anno ci sono stati 38 arresti, 873 denunce e 724 perquisizioni, mentre nel 2008 gli arresti erano stati 39, le denunce 1.167 e le perquisizioni 559. A lanciare l'allarme è Domenico Vulpiani, per otto anni numero uno della Polposte e ora dirigente generale della polizia di Stato Dimensione transnazionale. Attualmente sono circa 400 gli 007 del web. La loro missione è stanare i pedofili che si aggirano indisturbati nel cyberspazio. Dal 2000 c'è stato un progressivo aumento delle denunce. Un risultato - ammettono gli investigatori - che non sarebbe stato possibile senza la collaborazione con altri Paesi. Dopo la costituzione di un coordinamento internazionale, le indagini sono aumentate dal 10 al 70%. Attualmente nella black-list della polizia figurano 488 siti, ospitati da server che sono per il 62% negli Stati Uniti e per il 17% in Russia. "L'offerta è alimentata da una domanda sempre più forte - spiega Vulpiani - e prontissima a piegare ai propri fini i nuovi trend della rete: è il caso dei social network, dove i pedofili compiono tentativi di adescamento. O del peer-to-peer, con spazi di condivisione di file esplicitamente pedopornografici tanto visitati che ai nostri agenti sotto copertura capita, per entrare, di dover aspettare anche 4-5 ore". Scenari futuri e collaborazione con le aziende. Uno dei nuovi escamotage utilizzati dai cybercriminali è "nascondere" siti hard all'interno di siti di aziende del tutto inconsapevoli. Dal rapporto della polizia di Stato, emerge che in Italia ne sono stati individuati una cinquantina. Gli agenti hanno passato il mese di agosto a ripulirli tutti e hanno vincolato le aziende che operano sulla rete a effettuare monitoraggi periodici. Ad aver stretto accordi con la polizia delle telecomunicazioni per la tutela dei minori in rete c'è anche Youtube, che per l'anno scolastico appena iniziato si è impegnata a promuovere workshop formativi nelle scuole. Altro obiettivo è stroncare i guadagni milionari che ruotano intorno alla pedopornografia, attraverso partnership con altri Paesi e l'applicazione di nuove tecnologie alle indagini. Le vittime. Uno degli ostacoli più grandi è l'identificazione delle vittime. "Purtroppo - ha sottolineato Vulpiani - in rete circolano foto e video di abusi sessuali fatti da adulti su bimbi sempre più piccoli, da 2-3 anni a pochi mesi di vita: nessuno è in grado di dire realisticamente quanti siano, sappiamo solo che sono molti". Per facilitare il lavoro degli investigatori, è stato messo a punto un database internazionale che, attraverso la comparazione delle immagini, ha a volte consentito di dare un nome alle giovani vittime di abusi. Percezione del rischio. Al convegno di villa Wolkonski ha preso parte anche l'associazione "Save the children", che ha esposto i dati di una recente ricerca effettuata su un campione di baby-navigatori per valutare il loro grado di consapevolezza dei tranelli che si celano nel web. Dall'analisi, è emerso che più del 70% dei bambini tra 10 e i 13 anni naviga su internet. Tra loro l'83% è cosciente dei rischi e ritiene di sapersi difendere. "La certezza di sapersi gestire porta alla sottovalutazione del rischio", commenta Cristiana De Paoli, responsabile dell'area minori e nuovi media per l'associazione: "I problemi - dice De Paoli - subentrano solo nel caso di adolescenti particolarmente vulnerabili. Per questi soggetti, la parola d'ordine è prevenzione. Bisogna fornire loro non solo gli strumenti tecnici per difendersi, come software di protezione che filtrano i siti pericolosi, ma soprattutto competenze relazionali che li aiutino ad autotutelarsi". Cyberbullismo. Durante il seminario si è discusso anche di cyberbullismo. Secondo Umberto Rametto, numero uno del Gruppo anticrimine tecnologico della guardia di finanza, "il problema non è reprimere, ma prevenire. C'è un disagio profondo dietro, che non va affrontato agitando la frusta ma con metodi non convenzionali. Abbiamo avviato progetti di cooperazione con le scuole e stiamo pensando a una collaborazione con le altre forze dell'ordine per potenziare il controllo e la regolamentazione del web". Sulla stessa linea d'onda il Moige (Movimento italiano genitori), che ha lanciato una campagna di sensibilizzazione in cui sono coinvolti 7.700 bambini. "La difficoltà maggiore dei genitori - spiega Maria Rita Munizzi, presidente nazionale dell'associazione - è il gap tecnologico che li separa dai figli".






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