BAA'RIA: UN AFFRESCO CORALE SULLA MEMORIA COLLETTIVA
Data: Sabato, 26 settembre 2009 ore 20:00:00 CEST
Argomento: Comunicati


 

Attraverso le vicende di tre generazioni di una famiglia

di Bagheria, il film racconta un secolo di storia italiana,

con le Guerre Mondiali e l'avvicendarsi, sulla

scena politica, di Fascismo, Comunismo, Democrazia

Cristiana e Socialisti. La storia di una famiglia siciliana

che prende le mosse dal ventennio fascista in cui

Cicco, sin da bambino apertamente contestatore, è un

pastore che ha la passione per la letteratura epica.

Suo figlio Peppino, cresciuto durante la guerra,

entrerà nelle file del Partito Comunista divenendone

un esponente di spicco sul piano locale e riuscendo a

sposare, nonostante la più assoluta opposizione della

famiglia di lei, Mannina che diventerà madre dei loro

numerosi figli che saranno comunque considerati da

alcuni sempre e comunque ‘figli del comunista'.

Tornatore riprende a narrare della terra che ama, la

Sicilia, e lo fa con un affresco collettivo che abbraccia

numerosi decenni della storia del secolo scorso. Lo fa

con quel piglio che a tratti travalica nell'enfasi che

ormai gli è proprio quando torna cinematograficamente

a varcare lo Stretto di Messina (e che gli procura

tante critiche) ma anche con la sincera voglia di fare

cinema a tutto campo. Fare cinema si traduce per lui

in un omaggio consapevole e dichiarato a quanti lo

hanno preceduto (qui in modo particolare a Sergio

Leone ma non solo) senza però rinunciare a un proprio

stile narrativo che procede per accumulo di immagini

e di situazioni. È una corsa contro il tempo quella

che ci viene proposta sin dall'inizio con la figura del

bambino che apre il film. Corsa contro il tempo che

cancella una memoria collettiva che sembra progressivamente

non esistere più e che Tornatore vuole

restituirci scegliendo la via della spettacolarità rivolta

al pubblico più vasto possibile. C'è una scena in cui

Peppino torna a Bagheria dopo essere emigrato per

lavoro a Parigi. Ha ancora in mano la valigia e un

gruppo di suoi conoscenti, incontrandolo, gli chiede

per dove stia partendo. Nessuno di loro si è accorto

della sua assenza. Oggi ben pochi sembrano accorgersi

della perdita della conoscenza di un passato

recente in cui umiliazioni, lotte e parziali vittorie lasciavano

segni profondi nella collettività. Segni che, come

l'affresco sulla volta della chiesa, 'dovevano' essere

cancellati. Ma

ciò che al regista

sembra premere

ancor di più è il

mostrare come il

retaggio di un

passato di tradizioni

ormai

i n c a n c r e n i t e

nella società non

sia stato ancora

superato nella

realtà sociale

siciliana e non

solo. La sequenza

dell'assessore

all'urbanistica

non vedente che

si fa portare i

piani regolatori in

plastico e li

apprezza solo

dopo aver intascato

l'ineludibile

mazzetta è di quelle che si ricordano. Così come (pur

nel caleidoscopio a tratti pensoso e a tratti decisamente

macchiettistico della miriade di personaggi che

attraversano la scena) resta presente, nello scorrere

degli anni e delle vicende, la pessimistica sensazione

di una sorta di atavica maledizione a causa della

quale le uova rotte e i serpenti neri finiscono col far

parte del passato, del presente e del futuro di una

terra che ha bisogno di una frattura traumatica per

poter liberare una volta per tutte una vitalità creativa

che certo non le manca.

Giancarlo Zappalà

da AKIS







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