PRECARI, STORIA DI UNA CONVOCAZIONE…
Data: Mercoledì, 22 settembre 2004 ore 16:19:36 CEST
Argomento: Opinioni


PRECARI, STORIA DI UNA CONVOCAZIONE…

 

Questa è la storia di un’assemblea che puntualmente, e purtroppo tristemente, ad inizio di ogni anno scolastico si ripete. Le hanno dato il nome di convocazione, forse a ricordare ai poveri docenti intervenuti che sono stati chiamati tutti insieme a convenire per un nobile, mirabile, quasi utopico obiettivo: insegnare.

Martedì, 21 settembre, Polivalente di San Giovanni La Punta. Aula grande e spaziosa, meno male, pensano gli sventurati, si respira, almeno l’atmosfera non è opprimente. Eccoli lì, i docenti dell’area umanistica, che si salutano, si fanno coraggio reciproco, e a tratti si guardano in cagnesco: quella è una sissina, vade retro!

Iniziano nel frattempo le operazioni di nomina: briciole, spezzoni di cattedre vengono centellinati, si cammina sul fil di lama, 2 o 4 ore possono garantire il punteggio di un intero anno. Che importa se lo stipendio sarà misero? L’importante è avanzare in graduatoria fino alla sospirata immissione in ruolo. Poi, a dimostrare la relatività di ogni cosa, viene fuori la grande novità di quest’anno. Un tempo Maletto, Maniace, Castiglione, Randazzo erano sedi aborrite, deprecate; adesso invece, grazie al doppio punteggio delle scuole di montagna ( a proposito, ma se qualcuno abita a Randazzo…perché deve essere premiato se insegna nel suo paese?!), il dolce suono del loro nome fa delirare. Così in men che non si dica i docenti più fortunati si accaparrano le sedi “peggiori”, mentre le altre, quelle più agevoli, restano lì per ultime, disprezzate e ormai quasi temute.

Pausa pranzo, c’è chi torna a casa amareggiato e chi, animato da un briciolo di speranza, si propone di rientrare nel pomeriggio.  Ore 15,00. Ma adesso che succede? Litigano? Sì, litigano. Nell’esasperazione generale nasce una accesa discussione tra colleghi per presunti errori nei punteggi. Grande ressa, arrivo dell’avvocato e nientemeno che dei carabinieri a testimoniare che nella scuola italiana la pratica del “divide et impera” funziona, e bene. Poi ancora musi lunghi, stanchezza generale, voci tristi, mentre le ore scorrono, scandite dall’elenco dei nomi, dalla scelta della scuola, dalla fuga veloce verso un domani incerto.

Ore 22,00, è tutto finito, anche stavolta. Pensiero finale: meno male che i nostri alunni non ci vedono.

 

                                                    Silvana La Porta







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