LA SCUOLA AI TEMPI DEI BERLUSCONES: IL BLUFF DEL TEMPO PIENO
Data: Sabato, 19 settembre 2009 ore 00:00:00 CEST
Argomento: Opinioni


 ScuolaOggi: La scuola ai tempi dei berluscones
17-09-2009

Il Ministro Gelmini, da perfetto berluscones, ha aperto l’anno scolastico all’insegna della disinformazione. La tecnica è ormai arcinota: ripeti in modo martellante la stessa balla, prima o poi riesci a oscurare la realtà. L’ultima uscita del Ministro è sul tempo pieno, di cui si annuncia un aumento dell’8%, grazie all’opzione delle famiglie per il modello del maestro unico. Difficile trovare un eguale concentrato di bugie un una sola affermazione, ma andiamo con ordine. Innanzi tutto la Gelmini chiama tempo pieno ciò che spesso tempo pieno non è, perché in realtà trattasi di doposcuola senza corresponsabilità docente e senza compresenze. Poi ingloba nel modello maestro unico anche l’opzione delle trenta ore settimanali, quando la stessa legge da lei voluta lo definisce come costituito da un docente e da 24 ore settimanali di lezione.

Come stanno andando in realtà le cose? In assenza di dati ufficiali verificabili, utilizziamo i dati della provincia di Ancona, elaborati dalla Flc Cgil locale, sulla base delle informazioni fornite dall’Amministrazione Scolastica. Al momento delle iscrizioni il modello del maestro unico non è stato sostanzialmente preso in considerazione dalle famiglie, mentre le richieste di tempo pieno sono salite di 344 unità (+5%). Per soddisfare la nuova richiesta sarebbero necessarie 14 nuove classi e 28 docenti aggiuntivi. A fronte di questa richiesta sono state attivate 5 nuove classi di tempo pieno. I dieci posti necessari per attivare le nuove cinque classi sono il residuo di un taglio di 102 posti, poi diventati 92, realizzato azzerando tutte le compresenze della classi a modulo e aumentando il numero degli alunni per classe. Ora le classi a tempo pieno sono il 27,4% del totale delle classi e, almeno per quest’anno, sono le uniche a conservare le compresenze, una risorsa di flessibilità sempre più rara e precaria, soprattutto in assenza di risorse per pagare le supplenze brevi. In sintesi: il maestro unico non c’è, le compresenze sono sparite, il tempo pieno aumenta molto meno delle richieste (B. aveva detto che ci sarebbe stato per tutti) e, per quest’anno, conserva le compresenze (ma i tagli continuano per altri due anni), dovrà però presumibilmente metterle a disposizione del necessità complessive della scuola. Già da quest’anno si capisce che è gravemente a rischio il modello di scuola elementare che fino ad oggi ha dato ottimi risultati. La realtà, quindi, è molto distante dalla versione Gelmini: non è stata la libera scelta delle famiglie per il maestro unico a mettere a disposizione nuove risorse per il tempo pieno – comunque almeno ad Ancona molto inferiori alle cifre ministeriali – ma un taglio pesantissimo a tutta la scuola, e il conseguente peggioramento complessivo delle condizioni di lavoro e di apprendimento, hanno reso disponibile qualche briciola per un aumento insufficiente delle classi a tempo pieno.

La stessa pratica di disinformazione viene praticata dal Ministro anche per i licenziamenti dei precari. L’articolo di Pippo Frisone lo spiega chiaramente. Se riportiamo lo stesso ragionamento nella provincia di Ancona scopriamo che, secondo la Gelmini, il taglio dovrebbe essere di appena 35 unità (docenti e ata), invece i docenti e gli ata che non hanno avuto la conferma dell’incarico annuale superano le 270 unità.Mentre lo zelante Ministro è tutto occupata a tagliare e a nascondere la realtà, c’è chi la vede come una sorta di martire riformista, tutta protesa a migliorare la scuola pubblica. Anche oggi un editoriale del Corriere della Sera, vergato da Ernesto Galli Della Loggia, difende il Ministro, dipinto come un San Sebastiano martirizzato dal fronte della conservazione, e auspica un atteggiamento collaborativo per affrontare l’emergenza scuola. Anche in questo caso, dietro la cortina fumogena bipartisan, si cela un vero e proprio capovolgimento della realtà. Il Governo, poche settimane dopo il suo insediamento, con la manovra Tremonti ha deciso di spazzare via tutte le ipotesi di una legislatura di confronto e di possibili convergenze anche parziali sui temi della scuola. L’entità dei tagli è tale che, dove il Ministro introduce nuovi provvedimenti, lo fa esclusivamente per risparmiare (vedi scuola elementare) e, dove prosegue le riforme della precedente legislatura, le deforma e le impoverisce (vedi istruzione tecnica e professionale, educazione degli adulti). Anche la giusta introduzione di una quota premiale nelle distribuzione dei finanziamenti alle università (i criteri possono essere migliorati) sarà annullata dai pesantissimi tagli al finanziamento ordinario.

Inutile allora inventare inesistenti diritti di veto sindacali per cambiare le carte in tavola. Il sindacato non ha voce in capitolo sui programmi e sulla didattica, A quali veti di riferisce Galli Della Loggia? Anche su temi professionali come il tutor e il maestro unico il sindacato è intervenuto e interviene nel pieno rispetto delle norme dell’autonomia scolastica, per fortuna vigenti, al fine di difendere le prerogative progettuali della scuola contro le ingerenze dei governi. Diverse sentenze della Corte Costituzionale e anche l’ultimo parere della Corte dei Conti ci danno ragione. Anche dal punto di vista contrattuale il sindacato confederale ha sempre rivendicato la differenziazione retributiva sulla base della professionalità e dell’impegno, lo testimoniano tutte le piattaforme presentate dagli anno novanta ad oggi. E così sarà anche per la prossima tornata contrattuale. Se vere e proprie carriere professionali non sono mai partite è per il semplice motivo che i vari Governi non hanno mai trovato le risorse necessarie, le quali ovviamente devono essere aggiuntive a quelle per difendere il potere d’acquisto. L’unica volta che le risorse si sono travate, poche ma c’erano, l’accordo si è fatto. Allora, il ministro era Berlinguer, il centrodestra come un sol uomo si schierò con i Cobas per affossare il merito nelle retribuzioni, né ricordo interventi di Galli Della Loggia, non dico per sostenere, ma nemmeno per fare costruttive proposte migliorative a una soluzione che non mancava di difetti. Ma forse sarebbe stato meglio migliorare e partire, invece di affossare, per poi migliorare ancora sulla base dell’esperienza: avremmo guadagnato dieci anni.

Ora la Gelmini sostiene di voler fare sul serio, bene i sindacati sono pronti da tempo. Ci sono le risorse? Gelmini sostiene di sì, ma Tremonti va dicendo a tutti, anche ai sindacalisti che incontra, che non c’è un euro, nemmeno per fare il contratto ordinario. Forse la Gelmini si basa sul reinvestimento del 30% dei tagli per le carriere professionali dei docenti previsto dalla legge 133/08. Ora, come anche il Ministro sa, quelle risorse non sono ancora certe perché la norma impone che prima sia verificata l’effettività dei risparmi, il che sarà possibile dopo il 2011, a manovra conclusa. Inoltre quelle risorse dovranno essere aggiuntive a quelle ordinarie necessarie per difendere il potere d’acquisto, nessuna retribuzione, infatti, può essere premiale se è sostitutiva degli aumenti necessari per recuperare l’aumento del costo della vita.

Queste considerazioni, esclusivamente sindacali, sono però insufficienti per delineare le condizioni per le auspicate più ampie convergenze politiche sulle riforme scolastiche. Se, come rileva lo stesso Della Loggia, "da decenni la quota di spesa pubblica destinata all’istruzione è troppo bassa", allora dovrebbe anche lui convenire, ma non ne fa cenno, che la prima condizione per trovare qualche convergenza non può che essere la decisione di reinvestire nella qualificazione della scuola pubblica tutti i risparmi derivanti da interventi di razionalizzazione. Questa era l’impostazione del Quaderno Bianco del Governo Prodi, ora ripresa in modo brillante nel libro di Cremaschi "La malascuola". Queste ultime, però, sono elaborazioni e proposte fondate sulla centralità della scuola pubblica e costruite sulla conoscenza dei fatti e dei dati riguardanti la realtà scolastica italiana. Scuola pubblica, fatti, dati, … generi poco frequentati dal berlusconismo






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