GALLI DELLA LOGGIA E' DIVENTATO AVVOCATO DELLA GELMINI?
Data: Venerd́, 18 settembre 2009 ore 00:00:00 CEST
Argomento: Opinioni


Però Gelmini se l’è un po’ cercata.

di Vincenzo Pascuzzi

In relazione al suo articolo “Su quei banchi ci siamo tutti” (Corriere, 13.9.2009) (*), vorrei poter fare a Galli della Loggia due domande:
- dove è stato negli ultimi 14 mesi?
- si è forse autonominato avvocato d’ufficio della Gelmini?

Mi sembra veramente fuori luogo ed eccessivo paragonare la Gelmini a San Sebastiano di Narbona, come pure ai ministri che l’hanno preceduta. Sicuramente nessuno la tiene “legata al palo dell’istruzione”, anzi! I precari della scuola avevano capito subito le sue intenzioni e le conseguenze della sua c.d. “riforma” (più un espianto che una riforma) e già il 23.7.2008 manifestavano con un sit-in a Montecitorio (“Sotto il grembiule, niente!”). Dopo gli scioperi e le massicce manifestazioni del 17.10.2008 (Cobas ed altri) e poi del 30.10.2008 (Cgil ed altri) le sue dimissioni sarebbero state doverose, opportune, chiarificatrici. Gelmini invece ha insistito, o è stata costretta, a rimanere e siamo arrivati alla situazione attuale.

Riguardo al “potere sindacale” e al loro (dei sindacati) “virtuale diritto di veto”, questi mi sembrano molto affievoliti. Dopo le manifestazioni di ottobre, alcune sigle si sono sfilate e sono entrate (sembra) in sintonia col governo. Solo adesso la situazione si sta un po’ recuperando per opera della base, dei precari che salgono sui tetti, si incatenano, si esibiscono in mutande, fanno scioperi della fame, sit-in e altre manifestazioni.

Poi il “timore per l’ordine pubblico” e l’ostilità nei confronti del “merito” ecc. sembrano del tutto pretestuosi e strumentalizzati.

Relativamente alla “quota di spesa pubblica destinata all’istruzione (che) è troppo bassa”, lasciamo stare le considerazioni qualitative e soggettive ma vediamo le quantità, i numeri: in Italia la spesa è pari al 4,7% del pil a fronte del 5,5% della media UE e del 5,8% della media OCSE. Vuol dire meno 17% rispetto all’UE e meno 23% rispetto all’OCSE. Non servono commenti!

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(*)
http://www.corriere.it/editoriali/09_settembre_13/Su_quei_banchi_ci_siamo_tutti_editoriale_galli_della_loggia_6a77341c-a034-11de-8194-00144f02aabc.shtml

SCUOLA, LA VERA EMERGENZA

Su quei banchi ci siamo tutti

Da anni l’istruzio­ne è il cuore malato dell’Ita­lia inferma. È lo specchio del nostro de­clino. Siamo agli ultimi posti nella classifica dei rendimenti scolastici, il che vuol dire che i giova­ni italiani sanno far di conto, scrivere e capire un testo peggio di quasi tutti i loro colleghi non italiani, mentre i due grandi punti di forza del­la nostra tradizione scola­stica, la scuola elementa­re e il liceo, sono ormai solo la pallida ombra di ciò che furono. Sul ver­sante finale, le nostre mi­gliori università, gestite troppo a lungo dal pote­re arbitrario di chi vi in­segna, e soffocate da pro­blemi di ogni tipo, fanno una ben misera figura ri­spetto alle migliori stra­niere.

È vero: da decenni la quota di spesa pubblica destinata all’istruzione è troppo bassa; ma atten­zione: specie per quel che riguarda l’istruzione primaria e secondaria es­sa non è poi così catastro­ficamente bassa rispetto alla media europea. Guardando le cose nei lo­ro termini più generali, il problema centrale del nostro sistema d’istruzio­ne appare soprattutto un altro. È il fatto che l’ambi­to della scuola e dell’uni­versità è quello dove da circa mezzo secolo si ma­nifestano con particola­re virulenza tre aspetti critici della nostra vita collettiva: il potere sinda­cale, il timore sempre in agguato per l’ordine pub­blico (comune a tutti i partiti e a tutti i governi), e infine la diffusione, nel­la scuola e fuori, di un senso comune cultural­mente ostile alla dimen­sione del merito, del do­vere, della disciplina, del­la selezione. I lettori san­no di cosa parlo. La scuo­la è rimasta un settore dove i sindacati e le loro logiche corporative han­no in buona parte anco­ra oggi un virtuale dirit­to di veto su qualunque decisione non solo di ti­po organizzativo (circa le carriere e le assunzio­ni del personale), ma an­che sui programmi e in generale sulla didattica. Egualmente, basta la più piccola minoranza stu­dentesca che organizzi un corteo o un sit-in per­ché il mondo politico sia attraversato da un brivi­do di speranza o di pau­ra credendo di scorgere all’orizzonte una riedizio­ne del mitico Sessantot­to. E nel complesso, poi, guai a chiunque dica che nell’istruzione il permis­sivismo va messo al ban­do, che ogni apprendi­mento esige anche sacri­ficio, che non tutti alla fi­ne possono risultare ca­paci e meritevoli.

In queste condizioni fare il ministro dell’Istru­zione e dell’Università in Italia equivale a essere una specie di san Seba­stiano: bersagliato da ogni parte, schernito, vi­lipeso e mostrificato alla prima occasione, desti­nato quasi sempre a scontentare tutti. Da Gui alla Moratti, passando per De Mauro e Berlin­guer, è stato in pratica un vero e proprio marti­rologio politico, e anche l’anno scolastico che si apre in questi giorni mi­naccia come al solito tempesta sul capo del san Sebastiano di turno, il ministro Gelmini. Dal momento che scoccare frecce verso chi si trova legato al palo dell’istru­zione è facile, molto faci­le: e infatti nel corso de­gli ultimi decenni nessu­na forza politica si è sot­tratta alla tentazione di farlo ricavandone il mise­ro utile del caso.

Ernesto Galli Della Loggia

13 settembre 2009






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