ESSERE ASSUNTI NELLA SCUOLA? BASTA AVERE SOLDI, TANTI SOLDI…
Data: Lunedì, 14 settembre 2009 ore 00:00:00 CEST
Argomento: Opinioni


ESSERE ASSUNTI NELLA SCUOLA? BASTA AVERE SOLDI, TANTI SOLDI…


Una volta esisteva il professorino diligente, la maestrina dalla penna rossa. Tutte cose da libro Cuore, direte voi. Sì, ma chi voleva fare l’insegnante faceva un dignitoso percorso universitario, si laureava, partecipava a un nutrito concorso, lo superava a prezzo di grandi sacrifici e, finalmente, con orgoglio, faceva l’insegnante. Non guadagnava molto, gli insegnanti non hanno mai nuotato nell’oro, ma aveva la dignità di un percorso serio alle spalle, la conquista diligente di una professione e il prestigio del suo ruolo.
Oggi invece le cose, ahinoi, sono molto molto cambiate. Il mondo della scuola, confessiamocelo, è diventato terreno di speculazioni perverse. Tanti cioè hanno fiutato l’affare e, per dirla coi romani, hanno fatto proprio il motto “Divide et impera”.
E’ da anni che, per essere assunti nella scuola, bisogna avere soldi, tanti soldi. Fare corsi, fare master, accaparrarsi più titoli possibili per scalare le graduatorie. Mettersi gli uni contro gli altri, precari contro precari, insegnanti contro insegnanti.
Da un parte i bisognosi di un posto di lavoro, dall’altra chi ha fiutato l’affare. E ha poi ammantato le sue azioni di buoni propositi, di lodevoli fini. Prima i corsi per diventare insegnanti di sostegno, un giro di affari per tanti, tantissimi, ma spesso l’unico modo per sistemarsi nella scuola, vista l’impossibilità di insegnare sulla propria classe di concorso. Poi le Ssis. Chi le ha frequentate in Italia non ha badato a spese e per due anni si è rimboccato le maniche spesso gravando sulle famiglie. Uno sforzo compiuto pur sapendo che gli iscritti effettivi alle graduatorie erano già 237 mila e l'età media si aggirava intorno ai 37 anni. Ma cosa doveva fare un giovane neolaureato per poter insegnare, oltre ad avere in mano una laurea di secondo livello? Iscriversi in una delle 30 Ssis in tutta Italia, presso le principali università. Poi tanti sissini l’hanno capito che la formazione loro offerta, oltre a qualche piccolo vantaggio dal tirocinio nelle scuole, è stato un semplice modo per rimpinguare le casse universitarie, in mano a docenti universitari, con percorsi disciplinari inattuabili in una qualunque classe di una qualunque scuola italiana.
Ma tant’era. Sborsare, faticare, abilitarsi. Senza soldi non si entra nella scuola italiana. E’ vietata. Poi sono venuti fuori i master. I corsi di perfezionamento. On line, a distanza, per telepatia. L’importante è stato avere in mano quel titolo e farlo valere in graduatoria. Un punto, tre punti. La scalata continua. Per chi ha soldi.
Infine, dulcis in fundo, è stata la volta di avvocati, ricorsi e Tar. Caos legislativo, norme contrastanti, a colpi di sentenze si va avanti di filato. Basta avere soldi. Punteggio militare, punteggio delle ssis, punteggio di montagna, inserimento in coda o pettine, ci vogliono soldini. Gli sghei, dicono in Veneto.
Ecco come si percorre, oggi, la via dell’insegnamento. E’ tutto un gioco di vil denaro. Per chi lo possiede. Gli altri a zappare.

SILVANA LA PORTA






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