''RICREAZIONE'': PRECARI GRIGI E IN MUTANDE. MA NON DOMI.
Data: Giovedì, 10 settembre 2009 ore 10:37:31 CEST
Argomento: Comunicati


Li abbiamo visti in mutande e costume da bagno sfilare per le vie delle città; brandire cartelli minacciosi o dal tono vagamente ironico, e a tratti disperato; trascinare, vestiti rigorosamente a lutto, una cassa da morto sulla quale troneggiava una scritta: “Qui giace la scuola pubblica italiana.” Sono i precari in lotta, del nuovo anno scolastico 2009/10, quelli licenziati in tronco, quelli quarantenni e cinquantenni, con famiglia e figli a carico, decenni di insegnamento sulle spalle, che ora, rimasti fuori dagli incarichi annuali,  si ritrovano a dovere elemosinare una supplenza temporanea. Come tanti anni fa, quando erano giovani di belle speranze e grandi sogni, e nella scuola ci credevano ancora, sono ancora qui, adesso che sono grigi. Ma non domi. Lottano a Palermo, Perugia, Milano, Napoli, Benevento, Catania, lottano con energia, furiosamente, disperatamente, perché hanno paura. Paura che questo, per loro, possa essere l’inizio della fine.
Le precarie di Benevento sono quelle che più si imprimono nella memoria. Sono tutte donne e con almeno 10 anni di insegnamento alle spalle; hanno scalato il tetto del provveditorato agli studi e calato uno striscione con la scritta “Vogliamo futuro” e hanno spiegato: “Scenderemo solo quando avremo una risposta concreta.” Queste donne del “Comitato Insegnanti Precari” hanno installato un gazebo sul tetto per proteggersi dal caldo soffocante ed hanno scorte alimentari sufficienti e resistere per diverse settimane.
Eccole lì. Sono diventate il simbolo di questa strenua resistenza a un progetto ormai ben chiaro: niente più posti di lavoro nella scuola. Chi è dentro è dentro, per quasi tutti gli altri si profila il benservito. Troppa approssimazione, troppo lassismo hanno fatto credere, per anni, che la scuola fosse un serbatoio inesauribile di posti, dicono dal Palazzo. Il refugium peccatorum ha chiuso i battenti. Niente più grazia e indulgenza. Arrangiatevi, precari dalle tempie ormai grigie. Restano quei corpi seminudi, ormai non più nel fiore degli anni, per le strade d’Italia a testimoniare una disperata speranza: avere, come le tutte persone dignitose, un lavoro stabile.

SILVANA LA PORTA


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