LE MESCHINITA' DELLA SCUOLA: TUTTI DEVOTI, DEVOTI TUTTI...
Data: Mercoledì, 09 settembre 2009 ore 13:43:37 CEST
Argomento: Opinioni


LE MESCHINITA’ DELLA SCUOLA: TUTTI DEVOTI, DEVOTI TUTTI…


Ricordo che, quando, appena laureata, manifestai, durante una riunione di famiglia, la mia intenzione di fare l’insegnante, mio zio mi guardò brutto e poi esclamò: “Non te lo consiglio, finirai in un ambiente meschino.”
E, a tal proposito, mi raccontò un simpatico aneddoto. Quando insegnava a Randazzo, ogni mattina c’era un collega che non prendeva mai il caffè con lui al bar, ma gliene chiedeva un cucchiaino del suo. Un cucchiaino oggi, un cucchiaino domani, la cosa andò avanti per un anno intero. Alla fine della scuola, memore di tanta generosità di mio zio, il collega gli offrì un caffè per compensare la miriade di assaggini dei mesi precedenti.
Questa, mi disse infine il mio caro zio, è la scuola. Meschina e piccola come quei cucchiaini da caffè. Bah, pensai, chissà cosa farnetica.
E invece aveva proprio ragione. Perché la scuola, signori miei, qualcuno mi dimostri il contrario, è un ricettacolo di meschinità. Quella che dovrebbe essere una grande agenzia educativa, dove si insegna il rispetto e la buona educazione per l’altro uomo, è popolata da tantissime figure  piccole piccole, che vogliono a tutti i costi emergere, in qualunque modo, calpestando tutti gli altri; e non si accorgono che nella scuola è di moda la mediocrità e tutti siamo bene o male allo stesso livello.
Ma loro ci provano comunque, è più forte di loro, davvero, non ce la fanno a essere diversi. Mille storie mi sono state raccontate, mille piccole amarezze, quelle che poi ti rendono difficile il soggiorno tra quelle quattro mura dell’edificio scolastico. C’è l’insegnante che per l’esame, in un percorso pluridisciplinare, se ne frega delle altre materie e fa preparare i suoi alunni solo nelle sue discipline; così lui fa bella figura e gli altri un tonfo. E se no, come si emerge? Poi c’è quello che ti lascia dieci minuti dietro la porta chiusa quando è già la tua ora, perché lui è un insegnante di serie A che continua a spiegare sempre, a tutte le ore, mica come te che aspetti pazientemente dietro la porta chiusa, facendo un lamento di classica memoria. Poi c’è chi non ti saluta da una vita, ti incrocia e ti attraversa con lo sguardo, tu non esisti, sei un docente di serie B, mica uno come lui, uno che educatamente non saluta, e poi insegna ai ragazzi la convivenza civile.
Infine c’è la corte del re. C’è in tutte le scuole e, per farne parte, si fa di tutto. Si dice sempre sì, anche quando si vorrebbe dire no, si striscia, ci si mimetizza a piacimento del dirigente. Ma com’è che non non si riesce ad andare avanti da soli, senza favoritismi, semplicemente facendo il proprio dovere, con dignità e orgoglio? Il dirigente, dal canto suo e naturalmente, accetta questi satrapi. E in mezzo a tanta dilagante meschinità si va avanti, quotidianamente, con piccoli soprusi e tante angherie, nei confronti degli “altri” docenti, quelli che silenziosamente costruiscono giorno dopo giorno la loro lezione in classe, senza gesti eclatanti, senza servilismi, con semplicità e obbedienza alla vocazione della scuola, quella di essere un’agenzia educativa dove dare esempi di vita civile e dignitosa.
Ma, come disse una volta una mia collega, se la comunità educante non è educata, che cosa può insegnare? Restano i cari devoti, quelli che farebbero di tutto per restare nell’entourage, tutti devoti, devoti tutti…

SILVANA LA PORTA






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