OCSE:INVESTIRE IN ISTRUZIONE CONTRO LA CRISI
Data: Mercoledì, 09 settembre 2009 ore 00:47:01 CEST
Argomento: Redazione


C'è una relazione tra investimento in istruzione e crisi economica. Il periodo che seguirà la recessione mondiale «sarà caratterizzato da una domanda senza precedenti dell'istruzione universitaria», ha spiegato il segretario generale dell'Ocse, Angel Gurria, in occasione della presentazione del rapporto "Education at a Glance". «Gli investimenti in capitale umano», ha aggiunto Gurria, «contribuiranno alla ripresa», a patto che governi e istituzioni siano in grado di rispondere a questa domanda.

Chi investe in studi universitari, spiega l'analisi dell'Ocse, ha infatti ritorni futuri in termini di salari più alti e una minore vulnerabilità alla disoccupazione. L'edizione 2009 del rapporto "Education at a Glance" calcola infatti il rendimento degli investimenti in educazione, confrontando i costi dell'istruzione e l'assenza di un guadagno durante il corso di studi, con le prospettive salariali. I vantaggi più alti, secondo i calcoli dell'Ocse, si hanno negli Stati Uniti dove un laureato può aspettarsi di guadagnare oltre 367mila dollari in più nel corso della sua vita (per le donne si tratta di più di 229mila dollari). Nel nostro paese la laurea, in termini di resa salariale, è un affare per gli uomini, mentre i vantaggi per le donne sono più limitati. In base ai calcoli dell'Ocse, infatti, in Italia un uomo laureato può aspettarsi rispetto a un diplomato un vantaggio salariale durante la carriera superiore a 322mila dollari, mentre per una donna il beneficio si ferma a 136mila. Al netto di tasse e contributi sociali, il valore netto della laurea è di 173mila dollari per l'uomo e di soli 25mila per la donna, con la maggiore disparità fra i paesi industrializzati. La media Ocse è di 186mila a livello lordo per un uomo e di 134mila per una donna, con valori netti rispettivamente di 82mila e 51mila dollari.

Un vantaggio, quello che deriva dagli investimenti in istruzione, che non riguarda solo i singoli ma anche i governi. La fotografia scattata dall'Ocse al sistema di istruzione italiano è fatta di luci e di ombre. Nel nostro paese gli insegnanti sono «lasciati da soli», senza nessuno che valuti le loro prestazioni o il loro rendimento. Dal rapporto "Education at a glance 2009" emerge infatti che il 55% degli insegnanti italiani non riceve alcun tipo di riscontro, positivo o negativo, in riferimento al lavoro svolto.

Accanto a questo dato negativo, si registra però un positivo incremento di quasi il 6% degli studenti che raggiungono la laurea o ottengono un diploma di specializzazione, in linea con gli altri paesi dell'Ocse. Il rapporto, aggiornato al 2007, mostra in generale un aumento della popolazione istruita nei paesi membri, soprattutto per quanto riguarda coloro che ottengono un diploma di laurea o una specializzazione. Tra il 1998 e il 2006 il numero delle persone laureate o in possesso di un diploma di specializzazione è cresciuto nei paesi membri del 4,5% all'anno. In Irlanda, Polonia, Portogallo, Spagna e Turchia la crescita ha raggiunto il 7% all'anno, mentre in Canada, Giappone e Corea, il rapporto è di uno su due.

Un altro dato positivo riguarda il numero delle persone che abbandonano gli studi prima di arrivare all'università, in diminuzione fatta eccezione per Germania, Giappone, Messico, Polonia, Turchia e negli Stati Uniti dove le persone con un basso livello di istruzione sono in aumento. Anche l'istruzione primaria è in netta crescita, in particolare in Svezia. In media anche le iscrizioni alla scuola primaria sono passate dal 40% dei bambini tra 3 e 4 anni del 1998 al 71% del 2007.







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