L'ostrica padana dalla ML Professione Insegnante
Data: Giovedì, 30 luglio 2009 ore 15:18:09 CEST
Argomento: Opinioni


 

dalla ML Professione Insegnante

L’Ostrica Padana di Angelo Ciotola

 

Tralasciando la stupidità del leghista medio che in questo caso strumentalizza anche il dialetto, possiamo affermare che esso potrebbe essere, ed è, uno spunto di riflessione sulla lingua molto utile per un prof di lettere. La lega si perde in questo senso una buona occasione per sembrare intelligente, poi parla e toglie il dubbio. Tale spunto di riflessione ci sarebbe  - ovviamente! -  anche, e sottolineo anche, se il professore fosse del sud e la sua classe del nord e/o viceversa. Basta avere quella minima competenza linguistica (filologia romanza e italiana) che ci permetta di creare parallelismi fra un dialetto siciliano e uno padovano, tanto per fare un esempio. E magari far capire a degli alunni italiani che le lingue neolatine (dialetti vari) hanno una struttura simile,  né può dare valore aggiunto all'essere umano il dialetto veneto perché lascia cadere le consonanti doppie o il napoletano perché dittonga le vocali toniche aperte. Ma a questo è difficile arrivare perché bisognerebbe dividere cultura locale (e materiale) dalla cultura vera e propria, quella prodotta appunto dagli uomini, artisti e uomini di scienza, che per fortuna ancora si studiano a scuola. La Scuola deve insegnare anche a ragionare per livelli: Calvino diceva che la scuola italiana rischiava di insegnare a leggere senza però insegnare come scegliere ciò che valesse la pena di leggere o no. Sinceramente, parlo adesso dal punto di vista di un giovane docente di lettere, con il taglio di 2 ore a settimana sulle materie letterarie e storiche nella scuola media,  insegnare tutto con piena soddisfazione è impossibile (già lo era prima). Se avessi poco tempo per progettare un programma salverei Lutero e Manzoni e manderei a spasso S. Antonio e Carlo Porta. Se poi esce fuori un laboratorio extra-curricolare sul dialetto o sulla cultura locale, ben venga, ma dopo e non prima.

Ammetto che per un Cota o un Bossi è un'operazione difficile perché sono saldamente legati alla propria terra, così attaccati a quella che chiamano Padania (mi ricorda l'ostrica di quel Verga che dalla Sicilia arrivò a Milano trovando poi stucchevole il suo ambiente borghese e che poi diede il suo fondamentale contributo alla letteratura italiana parlando di pescatori siciliani). E sono così ancorati allo scoglio padano da confondere la storia locale con la Storia. Sono cechi e ignoranti, nel senso originario del termine, come nel mito della caverna: non vedono e ignorano. E' inutile e ridicolo rivendicare, tanto per fermarci ai leghisti, le tradizioni locali e (presunte) origini da genti "diverse" come segno distintivo (e aggiungerei di superiorità). Ho sentito parlare spesso, in occasione di comizi padani, di origini celtiche e longobarde. Ma mi faccia il piacere! diceva Totò... E' ridicolo, soprattutto se si accetta il fatto che le etichette sono un modo per non pensare la complessità del sociale. Mi viene in mente una battuta di cui non mi ricordo l'autore: "la mamma del cretino è sempre incinta", e potremmo aggiungere dal Nord al Sud e viceversa!
E poi, se gli abitanti del sud rispondessero con la stessa chiusura mentale, credo che il confronto non reggerebbe: origine celtiche vs origini greche?  per favore..

Allora ragioniamo su problemi concreti quando questi ci sono, ma non di etichette da attaccare ai luoghi ed ai loro abitanti.. Agiamo sugli individui: dentro quelli che lavorano bene, fuori quelli che imbrogliano. Nella Scuola, nella Sanità, nel Fisco, nel Parlamento...
Tutto quello che sentiamo non può essere ulteriormente tollerato, non in un paese che abbia un solo nome ed una sola Costituzione, quella stessa Costituzione che si vuol fare insegnare nelle scuole  (ma lo abbiamo visto: "cittadinanza e costituzione" si è rivelato uno slogan da propaganda).
I leghisti provocano parlando di test di cultura locale? rispondiamo con la stessa arma: commissioni di docenti, del settore umanistico e scientifico, preparino un esame di conoscenza della storia italiana, della cultura italiana, della cultura europea (dal momento che tanto si danno da fare per guadagnarsi i seggi dell'UE), della Costituzione Italiana, e - perché no? - della lingua italiana nel suo processo storico, dalle origini alla sua formazione, dalle varietà regionali alla sua formalizzazione in sede letteraria.

Dare forte attenzione al locale senza conoscere il globale distorce la visione del mondo. L'ho sperimentato quest'anno, insegnando in una scuola sull'isola di Ischia. I ragazzi non sapevano di essere provincia di Napoli, né lo ammettevano al mio insistere. Dicevano di essere di Ischia, anzi di Forio per l'esattezza. Ed era bello raccontare loro una storia europea che comprendesse anche l'isola. Ed io spero che i miei alunni siano cittadini del mondo, non della Padania o dei Campi Flegrei. Se un mio alunno capisse questo, io mi sentirei soddisfatto.

A chi ci giudica dall'alto (ovviamente solo latitudinale!) rispondiamo con la stessa moneta. E a loro lascio un simpatico ricordo: sono ancora memore delle risate amare che mi son fatto quando le Iene di Italia<1> andarono a Roma per interrogare i deputati: a molti di loro furono chiesti gli anni della Rivoluzione Francese... e la risposta fu all'inizio del 900...

di Angelo Ciotola







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