E' GIUSTO DIRE ''CI VEDIAMO SETTIMANA PROSSIMA''?
Data: Giovedì, 16 luglio 2009 ore 00:05:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Molto spesso sto ascoltando in tv espressioni del tipo: “ci vediamo settimana prossima” con l’omissione dell’articolo determinativo “la”. Ma non è un evidente errore?

In una società come la nostra in cui, come scriveva Walter Ong nel 1982, «una nuova oralità è incoraggiata dal telefono, dalla radio, dalla televisione e da altri mezzi elettronici», è inevitabile che si presentino e si accentuino fenomeni di differenziazione della lingua parlata rispetto a quella scritta, così come, peraltro, si creino zone di interferenza, sovrapposizione e ricodificazione parziale dell’una e dell’altra. Non va dimenticato che molti tratti tipici della lingua parlata attraversano la storia dell’italiano e trovano talvolta attestazione nella lingua scritta dalle origini sino ad oggi, affiorando per poi scomparire e restare in latenza, salvo poi ricomparire magari a distanza di secoli.
Si pensi alla cosiddetta “dislocazione a sinistra”, quel «procedimento che sposta nella prima posizione della frase […] il costituente su cui si vuol far porre l’attenzione dell’interlocutore, trasformandolo in tema, e riprendendolo poi con un pronome nella seconda parte della frase» (Luca Lorenzetti, L’italiano contemporaneo, Carocci, Roma 2002, p. 84): quelle mele più tardi, con calma, le mangio sicuramente. Nota Lorenzetti che questa costruzione (spesso sanzionata come errore grave dagli insegnanti nello scritto e anche nel parlato degli studenti) ha il suo primo esempio, alquanto illustre, nel primo testo scritto in italiano, il Placito cassinese (che ha più di mille anni): «sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte sancti benedicti».
 
Ciò detto, l’uso frequente, soprattutto nell’Italia settentrionale, di eliminare l’articolo nella determinazione temporale in frasi del tipo ci vediamo prossima settimana non ha riscontri nelle grammatiche e nei dizionari e va considerato come uno di quei fenomeni di velocizzazione e scorciamento, simmetrici a quelli di ristrutturazione amplificatoria con specifiche motivazioni semantiche e pragmatico-testuali (come nel caso della “dislocazione a sinistra” o dell’infittimento di segnali discorsivi di commento o di sfumatura come ah, beh, vede, guardi, facciamo attenzione, certo che no ecc.), tipici dell’italiano parlato.






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