I DISCORSI CHE HANNO CAMBIATO L'ITALIA
Data: Sabato, 04 luglio 2009 ore 00:05:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Capurso (a cura di)

I discorsi che hanno cambiato l'Italia

Milano, Mondadori, 2008, pp.360

 

Sappiamo tutti molto bene quanto l’arte della parola sia estremamente importante in politica, per convincere l’opinione pubblica, magari per far cambiare idea agli avversari e, in ogni caso, per affermare certe idee e convinzioni. Forse, da che è nata la ‘polis’, è sempre stato così: dalla Grecia di Eschine e Demostene alla Roma di Cicerone. Eppure c’è stato un momento, alla fine del Medioevo, in cui nella lotta per il potere in seno ai Comuni la capacità di persuadere i propri concittadini è diventata, per i politici, l’arma principale della loro azione.

 

Forse è da lì – come sostiene Paolo Bonaiuti nella prefazione a questo volume – che è nata la moderna oratoria politica. Della quale, concentrandosi nel periodo che va dal Risorgimento ai giorni nostri, il libro curato da Antonello Capurso intende offrire un’ampia campionatura. In questa singolare e sorprendente antologia trovano infatti ospitalità quei discorsi che, secondo il curatore, “hanno cambiato l’Italia”. Vengono cioè raccolte quelle parole che, per la loro forza e significatività, sono state in grado di imprimere una certa svolta al corso degli eventi. Per questo – spiega Capurso – sono stati esclusi dal volume alcuni celebri discorsi, tuttavia non così decisivi: ad esempio quello tenuto da Giovanni Pascoli al Teatro Comunale di Barga (Lucca) il 26 novembre 1911 a sostegno dell’impresa coloniale in Libia (passato alla memoria come “La grande proletaria si è mossa”), oppure quello di Giacomo Matteotti alla Camera, il 30 maggio 1924, in cui l’esponente socialista denunciava le violenze e i brogli dei fascisti durante le elezioni, o ancora quello pronunciato da Aldo Moro alla Camera il 18 novembre 1977, quando lo statista democristiano disse la famosa frase: “Non ci faremo processare in piazza”.

Tuttavia il libro è ricco di molti altri discorsi, ciascuno dei quali è introdotto da alcune note esplicative e di contestualizzazione, oltre che da una cronologia dei fatti storici più significativi contigui alla data del discorso. Il primo è quello tenuto da Vittorio Emanuele II il 10 gennaio 1859 alla Camera del Parlamento piemontese, in cui il sovrano di Casa Savoia alimentava le speranze dei patrioti italiani, infiammandone gli animi con le seguenti parole: “Non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti d’Italia si leva verso di noi”. L’ultimo è invece quello che è passato alle cronache (e a questo punto anche alla storia) come “il discorso del predellino”, cioè quello pronunciato da Silvio Berlusconi a Milano, in piazza San Babila, il 18 novembre 2007. La definizione nasce dal fatto che Berlusconi lo pronunciò issato su un’automobile, circondato dalla gente. Con quel discorso l’imprenditore-politico annunciava la nascita del “Popolo della libertà”. In realtà, come spiega Capurso, non si trattò di un vero e proprio discorso, bensì di alcune frasi pronunciate lo stesso pomeriggio in diversi punti della città: prima presso un gazebo elettorale, poi, appunto, sull’automobile. Il che configura una nuova strategia comunicativa: meno ufficiale, meno ‘ingessata’, maggiormente a contatto con la gente, anzi proprio ‘in mezzo’ alla gente.

Da Vittorio Emanuele II a Silvio Berlusconi il passo non è breve: dunque nel volume si trovano altre famose allocuzioni, tra gli altri, di Giuseppe Garibaldi, Camillo Benso Conte di Cavour, Giovanni Giolitti, Benito Mussolini, Palmiro Togliatti, Alcide De Gasperi, Bettino Craxi, Massimo D’Alema, Walter Veltroni. Si tratta di un volume utile come complemento all’insegnamento della storia, perché consente di rileggere, per così dire ‘in presa diretta’, alcuni fatti ed eventi importanti degli ultimi due secoli, al di là della semplice trattazione manualistica.

 

 

 







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