C’è qualcosa che non torna nel comunicato della ministra Gelmini
intorno ai risultati delle indagini Talis (Teaching And
Learning International Survey) 2008, sull’insegnamento e
l’apprendimento, promosso dall’Ocse. Infatti secondo il Quaderno
bianco sulla scuola pubblicato nel 2007, il rapporto insegnanti
per 100 alunni era di 9,1 rispetto a una media europea
di 7,5 e non quindi, come è stato sostenuto, di 9,6 rispetto
a 6,5 dell’Ue, per cui quel 50% di docenti in più rispetto agli
altri paesi è spropositato. Non si è inoltre detto che nel conteggio
Talis sono inclusi gli insegnanti di sostegno che nel resto
d’Europa sono (la Francia ne ha 280.000) a carico di altri
ministeri, e così pure gli insegnanti di religione che hanno riferimenti
diversi.
Enfatizzare la sproporzione vuol dire solo
giustificare il taglio, ope legis, di oltre 140 mila tra docenti e
Ata, mentre nessuno ha precisato che i prof. italiani sono i
peggio pagati e che la percentuale di Pil investita per l’istruzione
è fra le più basse del continente. Ma anche sulla scarsa
funzionalità dell’ambiente di lavoro si dovrebbe riflettere se
è vero, come ogni giorno denunciano i presidi, che alle scuole
non arrivano soldi e che manca perfino la carta igienica,
mentre il livello più basso del cosiddetto rigore nei confronti
degli studenti asini e bulli fu raggiunto durante la gestione
della Moratti, quando anche in presenza di debiti scolastici si
veniva ammessi agli esami di stato e la commissione coincideva
col consiglio di classe.
Certo manca ancora un sistema di
valutazione dei docenti, ma se si prescinde dal tentativo fatto
da Berlinguer (il famigerato concorsone) nessun ha tentato
esperimenti seri per gratificare i professori in vista d’un
possibile miglioramento della qualità dell’istruzione. E non
torna soprattutto il panegirico gelminiano per l’aumento
delle bocciature in tutti gli ordini di scuola: si è chiesta la ministra
che sarà di tutti questi ragazzi respinti, spesso provenienti
da ambienti degradati? Al proposito ricordiamo che a
Lisbona, negli anni novanta dello scorso secolo, si stabilì di
portare il tasso di abbandono e dispersione intorno al 12% entro
il 2012. A soli tre anni da quell’appuntamento in Italia siamo
a circa il 20% e visti i numeri con certe prospettive di crescita,
insieme alla disoccupazione e al precariato della scuola.
PASQUALE ALMIRANTE (da
www.lasicilia.it)