Una scuola che parla al futuro
Data: Mercoledì, 17 giugno 2009 ore 11:55:15 CEST
Argomento: Comunicati


Le proposte che qui vengono avanzate per un cambiamento del sistema scolastico sono per lo più riconosciute e condivise dai migliori centri di studio e di approfondimento sul tema istruzione, quali l'Associazione TreeLLLe, la Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo,  la Fondazione Agnelli ecc.

I punti sono noti: autonomia (nuova governance) e parità, contro lo statalismo ipercentralista; reale valutazione del sistema scolastico; nuova professionalità e carriera per i docenti; personalizzazione dei percorsi; abolizione del valore legale del titolo di studio. Sono tutti punti essenziali, la cui importanza è anche in un certo senso sistemica: una cosa senza l'altra (ad esempio, autonomia senza valutazione) sarebbe una cosa fatta a metà, e quindi fatta male.


Il punto caratterizzante del documento è un altro: non solo la centralità del tema educazione, ma la diretta consequenzialità e correlazione tra la tensione educativa e la ricerca di risposte concrete a livello di sistema di istruzione. Non c'è educazione che non entri nel merito anche delle scelte concrete, sia nella didattica che nella politica scolastica; e d'altro canto parlare di istruzione senza  porsi il problema educativo sarebbe ridurre tutto a un vacuo tecnicismo utopistico. Non si creerà mai un sistema talmente perfetto da
rendere superfluo il rapporto educativo tra docente e studente, elemento centrale della scuola; ma non si darà mai vera incidenza alla tensione educativa se la si lascerà a lato delle problematiche della scuola (riducendola di fatto a ciò che è lo svago del sabato sera rispetto alla settimana lavorativa).

 
Nel documento "Una scuola che parla al futuro" è segnata una stretta interdipendenza tra i due aspetti. Basta confrontare i punti  essenziali alla voce "Educazione" e le proposte programmatiche, e si vedrà che dai primi discendono le seconde: quando si dice che «la prima condizione che realizza l'educazione è la presenza di figure adulte autorevoli» significa, di conseguenza, che è necessario che ci siano «docenti e dirigenti come veri professionisti» (d'altronde, finché lo studente continuerà a guardare al professore come a un fallito nella scala sociale tutto resterà molto difficile); quando si dice che «l'autorevolezza deriva dalla partecipazione ad un cammino unitario di costruzione del proprio io» e che «gli alunni non sono da intendere  come il terminale astratto di iniziative che li vedono passivi», ne deriva la necessità di avere «percorsi di studio flessibili e personalizzati». E così via. Le esigenze educative si concretano in scelte di politica scolastica, che non saranno mai la soluzione perfetta, ma  permetteranno o di facilitare il processo educativo, o quanto meno (e già sarebbe molto!) di non ostacolarlo.


Questa è dunque la grande sfida che questo documento lancia nel dibattito sulla scuola. In un momento in cui, per altro, l'emergenza educativa è sempre più evidente e centrale. In questo senso, le molte indagini e ricerche (alcune recentissime) che testimoniano la totale indifferenza degli studenti verso la loro esperienza scolastica sono un dato drammatico e ineludibile: i docenti non sono un punto di riferimento, né umano né culturale; le cose che contano veramente le siimparano altrove; la scuola non è né buona né cattiva, ma semplicemente indifferente, perché da essa non ci si aspetta nulla. Ecco come educazione e istruzione vengono allora a coincidere: nel momento in cui ci si rende pienamente conto che, come fu detto autorevolmente, non c'è cosa più assurda della risposta a una domanda che non si pone. Far emergere la domanda di sapere e conoscenza è compito educativo, che si realizza dentro un'autorevole e riconosciuta professionalità  didattica che abbia come fine l'istruzione.

 
Un ultimo appunto, che rende particolarmente importante e attuale il documento Cdo: proprio in questi giorni l'Assemblea della Conferenza episcopale italiana ha rilanciato il tema educazione come tema del prossimo decennio. Significa che c'è una grande responsabilità, non solo per i cattolici, e un impegno per tutti, in termini di riflessione, approfondimento, lavoro concreto: l'educazione e la scuola dovranno essere i pilastri del dibattito politico-culturale nei prossimi anni.


(da il Sussidiario.net)
 







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