''CODE E PETTINE: I PRECARI STORICI NON RUBANO IL LAVORO A NESSUNO''
Data: Sabato, 13 giugno 2009 ore 00:05:00 CEST
Argomento: Opinioni


Pre.ma Redazione,
sono sconcertata dalla lettera che ho letto in data odierna e che è stata inoltrata alla Vostra Redazione da un mio stimato collega, benché non lo conosca personalmente. Dalle sue righe sembra che stia lottando contro degli usurpatori nulla facenti che una mattina si sono svegliati, sono arrivati alle porta dei USP del nord pretendendo di scavalcare dei lavoratori più meritevoli di loro. Stiamo parlando di colleghi che hanno speso la loro vita per l'insegnamento, che magari, dopo aver fatto la solita gavetta al nord per 5/6 anni hanno accumulato un punteggio che permettesse loro di lavorare vicino ai loro cari del sud. Si tratta di precari che dire "storici" è solo un eufemismo, stiamo parlando di colonne portanti delle scuole del sud che sono precari da 15/20 anni (perché, francamente, se al sud non hai accumulato almeno 10 anni di punteggio da precario non lavori) e che finalmente hanno trovato un modo per giungere meritato ruolo. E lei "caro" collega vorrebbe vantare un diritto prevalente solo per il fatto di essere precario da 5 anni al nord? Ma non mi faccia ridere, pensa di essere il solo ad essersi cimentato in questa impresa? Pensa di essere l'eroe per 5 miseri anni? Qui stiamo parlando di DECENNI spesi ad insegnare in scuole di periferia dove si trova tutto il "campionario" dei disagi sociali (e non voglio approfondire). Anni di supplenze brevi e lunghe, poi incarichi su maternità per poi arrivare ad incarichi al 30 giugno, ogni mese una scuola diversa, alunni diversi.tutto per accumulare uno straccio di punteggio che basti a far si che si ritorni ad insegnare nella propria regione. I sacrifici li abbiamo fatti tutti quanti e lei, mio "caro", e mi permetto di dire, inesperto collega, è solo all'inizio. In nome di quale norma di diritto pretende di anteporre il suo interesse a quello dei suoi colleghi che hanno il triplo degli anni di servizio? Coloro che hanno ottenuto la sentenza sospensiva del Tar del Lazio hanno fatto valere un diritto Costituzionale che è quello di poter svolgere il proprio lavoro liberamente in tutto il territorio nazionale essendo "discriminati" solo per il merito e non per la regione in cui si risiede. Le ricordo, ultimamente sfugge di mente a molte persone, compresi i nostri politici, che lo Stato italiano è uno stato di diritto. Ciò significa che la vita sociale di questo Paese è retta da regole che hanno valore per tutti i cittadini (di tutto il territorio italiano). Quando questi diritti vengono violati (come nel caso del D.M 42 dell'8 aprile 2009) è giusto rivolgersi ai tribunali per essere tutelati.
Concludo rivelando una mia, ormai ricorrente, riflessione personale. Se proprio dovessi lottare, mi sentirei con la coscienza pulita se lo facessi per un interesse generale e non egoistico altrimenti, se ottenessi un risultato utile, mi sembrerebbe di averlo rubato.
Per questa ragione è superfluo soffermarmi sull'irrilevante fatto che mi trovi nella stessa situazione (anzianità di servizio e domicilio) del collega sopra citato o in quella dei ricorrenti..
Ma non siamo fatti tutti allo stesso modo, a quanto posso appurare: la massima "Mors tua, vita mea" è molto diffusa e fa di questa civiltà attuale una semplice accozzaglia di carne animata.
Parimenti, desidero che la mia risposta venga pubblicata dallo Stimatissimo portale AETNANET perché nutro ancora la speranza che la coscienza civica e l'affermazione del diritto come bene comune non siano state definitivamente messe da parte.

Cordiali saluti.anche al mio collega (suppongo anche conterraneo a giudicare dal numero di Km)

11 giugno 2009
Insegnante Rosaria Maria Giammona






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