Business Life, i cambiamenti determinati dai social media
Data: Mercoledì, 27 maggio 2009 ore 18:00:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


C’era una volta il biglietto da visita tradizionale, con un bel logo professionale, una scritta chiara e pulita del nome e della eventuale posizione in azienda, i recapiti telefonici e di posta elettronica nonché, naturalmente, il sito aziendale, in bella evidenza. Ora tutto questo sta cambiando: via il sito aziendale, per far posto alla pagina su Facebook. Via l’indirizzo di posta, sostituito da Twitter. E per chi è un artista, via il sito ufficiale e mano alla pagina del profilo dedicato, su MySpace, su Facebook o qualsiasi altro.

Cosa sta accadendo? Forse le aziende, le enterprise, debbono rivedere il proprio stile corporate adeguandosi al Web 2.0? O gli artisti non possono più avere un sito ufficiale? La tendenza sembra proprio essere quella. Ne porta un esempio e ne discute ampiamente Mashable, che esordisce chiedendosi se i social media stiano rendendo i siti Internet corporate semplicemente «irrilevanti».

Il caso riportato dal celebre blog, che si pone al pubblico come una guida ai social media, è tipicamente statunitense ma gli esempi di cui correda la sua esposizione sono comunque significativi e dipingono un quadro che, innegabilmente, sta cambiando.

Sponsorizzare un avvenimento sportivo, un fatto comunissimo accaduto milioni di volte in tutto il mondo, ha oggi a disposizione una platea diversa, quella social. Non deve sorprendere, perché gli esperti di advertising non stanno cercando quella platea da oggi, ma da anni: esattamente da quando si è profilata la possibilità di ottenere un minimo di interattività tra il televisore e la produzione dei programmi, con l’avvento di parabole e, ultimamente, digitale terrestre.

A differenza di parabola e digitale terrestre, però, non occorre attaccare il modem al decoder: basta semplicemente indirizzare i destinatari del messaggio su un social media e saranno garantiti interattivitàselettività riscontro.

Un riscontro, tra l’altro, persistente nel tempo, fa notare Mashable. Perché se si diventa fan, gli amici lo sapranno, vedranno l’evolversi delle proprie scelte sul proprio feed, avranno curiosità e, comunque, produrranno un’interazione con l’oggetto del messaggio pubblicitario. Tutti riscontri sinora impensabili.

Ma funziona?, si chiede il celebre blog. E la risposta è si: Vitamin Water (lo sponsorizzante di cui si parla nel caso specifico) ad oggi ha rastrellato oltre 36mila fan, un incremento di più del 10 per cento, secondo i dati di InsideFacebook.

Certamente non è proprio tutto oro. Non tutti sono interessati ai social media, non tutti quindi saranno raggiunti dal messaggio, almeno nell’immediato. Il rischio che una pubblicità così strettamente legata al mondo social riesca del tutto ignorata è alto. Ma i fatti (e i dati) dimostrano che cavalcare l’onda - almeno al momento - sembra funzionare. In Italia, del resto, anche noti operatori cellulari hanno abbracciato il mondo social e i numeri non sembrano dirne male.

Twitter, dal canto suo, oggi è usato sempre più spesso come veloce, immediato e onnipresente aggiornamento real time su qualunque cosa: una sorta di feed RSS duepuntozero, in grado di aggiornare tutto e tutti dovunque. Non ci vuole nulla a saltare da un tweet alla home page del blog della persona di cui si ha in mano la business card 2.0.

Dunque, prepararsi: tutto sta cambiando, ora i ragazzi possono anche loro dare un voto ai propri insegnanti. Perciò i prossimi biglietti da visita, forse, saranno confezionati in modo completamente diverso rispetto a quanto si pensava di fare.

Marco Valerio Principato







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