LA MEDEA A SIRACUSA
Data: Venerd́, 22 maggio 2009 ore 16:52:28 CEST
Argomento: Rassegna stampa


La sua regia e' stata molto apprezzata dal grande pubblico di Siracusa per la chiarezza e la ricchezza degli spunti interpretativi. La regia, insieme alla interpretazione della Pozzi ha tenuto presente le molte sfaccettature del testo, che per la prima volta nel teatro greco utilizza come motore dell'azione la passione di una donna, una passione violenta e feroce che rende Medea una donna debole e forte allo stesso tempo: forte perche' padrona della sua vita, debole perche' questo la rende sola in un misto di ira e di pieta'. Altro elemento di spicco, apprezzato dal pubblico di Siracusa, e' la scenografia, la prima realizzata da una star internazionale dell'architettura come Massimiliano Fuksas, che ha firmato qui insieme alla moglie Doriana un impianto scenico che verra' utilizzato per le due tragedie in cartellone. Si tratta di una monumentale lama di specchio, alta 15 o 20 metri, quasi un orizzonte opaco e riflettente, dove idealmente si specchia la coscienza degli spettatori. Belli anche i costumi firmati da Beatrice Bordone, che ha soprattutto nel coro ricostruito con grande fantasia gli abiti dell'antica Grecia. Ma su tutto spicca la prova degli attori, di tutti gli attori e soprattutto di Maurizio Donadoni nella parte del marito Giasone. Infine Elisabetta Pozzi, una delle migliori della sua generazione, aggiunge un nuovo successo alla sua bella carriera, in una parte che e' da sempre come un esame di laurea per ogni grande attrice.


Secondo l'upòtesis di Aristofane di Bisanzio,preposta al testo della tragedia, questa venne rappresentata sotto l'arcontato di Pitodoro, nel primo anno dell' 87a olimpiade, cioè nel 431 a.C. All'interno delle Grandi Dionisie dunque poche settimane prima dello scoppio della guerra del Peloponneso.Euripide concorse, oltre che con la Medea anche con il Filottete e il Dictys.,e con il dramma satiresco dal titolo I mietitori : se Euripide ottenne il terzo posto, Euforione guadagnò il primo e Sofocle il secondo.
La Medea di Euripide.(431 a. C.) è ambientata nella città di Corinto, dove Giasone e Medea, con i loro due bambini, si sono rifugiati dopo che la "maga" ha provocato con le sue arti la fine di Pelia, re della Tessaglia, zio e nemico di Giasone. La tragedia si apre con un lungo sfogo della Nutrice, angosciata e piena di oscuri presentimenti per lo stato fisico e mentale della padrona. L'eroe, infatti, l'ha ripudiata per convolare a nuove nozze con Glauce, la figlia di Creonte, sovrano del paese. L'arrivo del Pedagogo con i bambini accresce l'ansia della Nutrice, da lui informata che Creonte ha deciso di cacciare da Corinto Medea con i suoi figli. Dall'interno del palazzo pervengono i lamenti e le maledizioni di Medea: ma quando esce fuori essa si rivolge con amara calma al coro e ne chiede la solidarietà. Di persona, Creonte comunica i suoi ordini a Medea e le concede, però, di rimanere ancora un giorno a Corinto, vinto dalle sue suppliche e ignaro dei rischi che corre. Giasone e Medea si scontrano con estrema violenza verbale: invano la donna ricorda all'eroe di averlo aiutato a impadronirsi nella Colchide del vello d'oro, di aver fatto uccidere Pelia. Giasone è disposto solo a procurare alla "barbara" da lui civilizzata un tetto nell'esilio e del denaro. Inatteso passa da Corinto, tornando da Delfi, Egeo, sovrano di Atene: Medea gli strappa la promessa di asilo nella sua città. Ora si sente in grado di prendersi la vendetta. Fingerà di rappacificarsi con Giasone, invierà i suoi bambini con doni nuziali a Glauce per implorarne la protezione almeno per se stessi. I doni, imbevuti di veleno, causeranno la morte della principessa e di suo padre, e morte Medea riserva anche alle sue creature. Dopo un nuovo incontro, in un falso clima di distensione, tra la donna e l'eroe (alla riconciliazione vengono chiamati ad assistere i figli) il Pedagogo riferisce che i regali sono stati consegnati e l'esilio per i piccoli revocato. Medea si stringe al petto gli amati figli, sostiene un'aspra lotta con se stessa, ma non rinunzia alla sua disumana risoluzione. Un nunzio riferisce i particolari raccapriccianti della fine di Glauce e Creonte, vittime delle inestinguibili fiamme scaturite dai doni nuziali. Medea esulta e passa alla seconda parte del suo piano: dall'interno della reggia le grida dei suoi figli indicano che il crimine si va compiendo. Accorso per salvare i bambini dalle rappresaglie dei Corinzi, Giasone apprende l'ulteriore delitto di Medea. Mentre tenta di abbattere la porta della reggia, in alto, sul carro del Sole, gli appare Medea che ha con sè i cadaveri dei bambini e rovescia ancora sull'eroe parole di condanna e di odio. A Giasone non resta che invocare Zeus a testimone delle efferatezze di Medea e maledire il proprio destino.

Maria Allo

 








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