Per capire quanto le parole dissimulano i fatti è bastato partecipare
al convegno «La scuola al crocevia delle riforme» e
ascoltare la senatrice Bastico, del Pd, e il prof. Bertagna che ha
formulato la riforma della scuola ai tempi di Letizia Moratti.
Occasione troppo ghiotta per non chiedere a Bastico se il Pd
avesse una disegno di legge alternativo alla proposta Aprea
sullo stato giuridico dei professori; e a Bertagna perché avesse
soppresso il biennio comune nel sistema dei licei di Berlinguer.
Ebbene, la prima si è limitata a condannare tutto il disegno
di legge Aprea relativo, non solo al nuovo stato giuridico, che
intende stabilire tre diversi stadi di avanzamento di carriera,
ma anche alla chiamata diretta dei docenti da parte dei presidi.
Bertagna, invece, è stato molto chiaro nel bocciare il biennio
comune che frustrerebbe competenze più compiute. La
evidente contraddizione fra parole e fatti si evince sulla comune
affermazione che una riforma della scuola non si può
cancellare a ogni cambio di governo.
Se così fosse, la precisazione di Bertagna alla nostra domanda
sta invece a dimostrare, non già una condivisione strategica
e di compromesso fra tutte le forze politiche, ma la precisa
volontà di applicare un marchio ideologico alla istruzione.
Infatti Bertagna, oltre ad avere cancellato quasi tutta la precedente
riforma, ha pure sostenuto che essa, come quelle della
scuola o della sanità, non si possono fare col concorso dei
diretti interessati, ma con l’assunzione della responsabilità da
parte della classe dirigente: sarebbe come, ha specificato,
avallare spinte corporative.
Bastico, da parte sua, si è invece dichiarata contraria alla
trasformazione delle scuole in fondazioni, scordando che la
proposta originaria fu fatta da Fioroni del suo stesso partito.
Nessuna risposta (mancavano però gli interlocutori istituzionali)
è invece venuta sulla confusione in cui si dibatte ogni
giorno di più il Miur, soprattutto nel merito delle graduatorie
a esaurimento che stanno impazzando da qualche giorno, con
cavilli e capziosità e astruserie e dubbi che solo un docente
dotato di giobbesca pazienza può sopportare.
PASQUALE ALMIRANTE (da www.lasicilia.it)