In viaggio con Dante all’inferno di Salvo Zappulla
Data: Giovedì, 07 maggio 2009 ore 07:47:25 CEST
Argomento: Rassegna stampa


 
Mi aspettavo un romanzo puramente satirico, magari con qualche fiondata anche eccessiva, e invece mi sono ritrovato un testo permeato di ironia che prende a pretesto l’inferno dantesco per rappresentare l’attuale realtà. E’ un modo originale e anche piacevole affinché tu potessi avere la possibilità di dire la tua opinione sulla società italiana contemporanea. Come ti è venuta l’idea di questo libro e quale è stata la sua genesi?

So che ti sembrerà difficile crederlo ma ha fatto tutto lui...il Vegliardo...il Sommo...mi è apparso in sogno, una notte di agosto, e mi ha chiesto di riscrivere insieme questa parte del suo capolavoro, poiché (parole sue) lo riteneva ormai superato dai nuovi e più attuali peccati. Io mi sono limitato a scrivere sotto sua dettatura, in uno stato di ipnosi.


Ammettiamo che il sogno raccontato nel libro sia effettivamente avvenuto, ma si sa che ciò che elabora e scarica in tal modo il cervello nelle ore notturne è frutto di riflessioni avvenute, magari inconsciamente, da svegli.
Ora questo inferno, più che dantesco, mi sembra zappullesco, nel senso che presenta notevoli affinità con la situazione reale e anche la descrizione di certi personaggi è abilmente camuffata per non incorrere nei loro strali, così che ho avuto più volte l’impressione che situazioni e protagonisti fossero frutto di un’esperienza diretta e vissuta. Insomma, trasportata nell’ambientazione dei gironi infernali, c’è l’Italia dal dopoguerra a oggi. E’ così?

Bhe, sì, ci sono quarant'anni di nefandezze e di malgoverno, ci sono le miserie umane, personaggi che non si rendono conto del loro ridicolo. E c'è tanta amarezza nel constatare l'uso che l'uomo fa del pianeta Terra. Tutto ciò ho voluto raccontarlo senza scadere nel moralismo spicciolo, attraverso la satira. In quanto a camuffare i personaggi, non è stato per timore dei loro strali ma per non scadere nel phamplet, rischiando di legare il testo al tempo contingente.


Più che satira io direi ironia e c’è una bella differenza, perché la prima muove alla risata, notoriamente liberatoria, tanto che finisce così la sua funzione; la seconda, invece, induce al sorriso, notoriamente più blando, ma che è frutto di un metabolismo mentale che porta a una riflessione, a un’elaborazione del testo, e in quanto tale perpetua lo scopo dell’autore.
Il finale, che non anticiperò per ovvie ragioni, sembrerebbe confermare il concetto che ho esposto prima. Comunque, l’ovvia conclusione è il risveglio, anche se…e non aggiungo altro. Il personaggio di Dante è ben diverso da quello che ci immaginiamo leggendo la sua Divina Commedia. Più che invecchiato, è spaesato, quasi che gli eventi attuali l’avessero travolto, al punto da considerare perfino migliori i personaggi, pur negativi, della sua epoca.
E’ corretta questa interpretazione?

E' corretta. Prova a immaginare un uomo del 1300 catapultato in questo guazzabuglio che è la nostra epoca. Chiunque ne verrebbe travolto. Povero Dante, forse l'ho un po' maltrattato ma sempre con affetto. D'altra parte se l'è andata a cercare. Chi glielo ha detto di venire a rompermi le scatole?


Quindi, come avevo intuito, Dante si trova in stato quasi confusionale anche perché rappresenta la tua coscienza come interlocutore in questo viaggio in un inferno che possiamo definire terreno. Secondo te, questa nostra società priva ormai di valori fondamentali è tendenzialmente amorale, o immorale?

La mia coscienza critica è ancora ben vigile, magari con l'avanzare degli anni certe baldanze, certi istinti rivoluzionari tendono ad acquietarsi ma la capacità di indignazione rimane. Questa società non è peggiore né migliore di quella di ieri, la coscienza dell'uomo rimane la stessa. Si evolve. L'essere umano acquista sempre maggiore consapevolezza delle proprie capacità e le adopera per il proprio lucro nella maggior parte dei casi e per realizzare anche qualcosa di buono. Qual è il limite tra ciò che è morale e ciò che è immorale? Non esiste una linea di demarcazione. Tutto viene demandato alla nostra coscienza, all'educazione ricevuta.


La risposta mi sembra un po’ vaga, anzi, se mi permetti, evasiva. E’ vero che l’evoluzione della specie non ha comportato un miglioramento delle tendenze dell’uomo portato a cogliere opportunità che lo avvantaggino sugli altri, a danno di questi. Però la speranza italiana del nuovo, che è partita con grandi entusiasmi alla fine della guerra, si è via via afflosciata e ora assistiamo a un generale imbarbarimento, in un modello di società dove l’apparenza, che non è mai sostanza, prevale su tutto.
Non esiste certo una linea di demarcazione netta fra ciò che si intende per moralità e ciò che si considera immoralità. Purtroppo quella che sta prendendo piede è l’amoralità, cioè l’incapacità di distinguere fra ciò che è bene e ciò che è male, frutto di una completa ignoranza in materia.
In questo senso, il tuo romanzo, un vero e proprio inferno in terra, riflette questa discrasia fra consapevolezza e ignoranza a distinguere proprio in Dante, che non riesce più a discernere fra peccatori e custodi, e in questo senso è emblematico il colloquio finale con il “direttore”, il cui contenuto ignoriamo, ma dei cui toni accesi sappiamo.
Concordi?

Mah, non lo so se l'incapacità di distinguere fra ciò che è bene e ciò che è male sia frutto dell'ignoranza. Se a una ragazza si promette di andare a fare la velina in cambio di una performance sessuale e lei accetta, sa bene cosa fa. Se un rappresentante delle Istituzioni (un ministro o anche il famigerato “direttore”) si preoccupa più di curare i propri interessi, piuttosto che quelli delle persone che lo hanno votato, sa bene cosa fa. Convengo sul fatto che c'è un appiattimento dei valori, la gente è disorientata, sfiduciata, quasi invitata a farsi furba e a evadere tasse e leggi. Questi i segnali che si ricevono dall'alto oggi. Si percepisce un senso di furbizia in chi ci governa che viene diffuso al resto della popolazione. Diciamolo per intero: Berlusconi sta diseducando gli italiani, sta inculcando l'idea che la furbizia, è importante più della bravura.


Finalmente una risposta chiara ed esauriente. Però non mi sentirei di dare la colpa solo a chi sta diseducando gli italiani, ma anche agli italiani stessi che, per pigrizia mentale, accettano supinamente. In fondo il tuo romanzo dovrebbe essere letto soprattutto da questi, ma dubito che sappiano ormai cogliere la differenza fra l’ironia e la battuta becera, e questo è veramente una tragedia. Chi non sa ridere di se stesso è sostanzialmente un infelice e l’ironia è salvifica, non tanto per una mia opinione, ma anche perché è così. Del resto Hermann Hesse, con il suo Lupo della steppa, ha ben delineato il potere dell’ironia, quella che tu hai usato, con molto garbo e con eccellenti risultati, in questo viaggio con Dante. Penso che al riguardo non siano necessarie altre domande, per non togliere il piacere ai lettori, ma ho voglia di farne un’altra su questo libro. Dante, nelle tue pagine, è completamente smitizzato, anzi sembra un pover’uomo, vittima del suo stesso personaggio, e desta una naturale simpatia. Tu che ruolo hai voluto in effetti attribuirgli?

Siamo tutti pover'uomini. Dante (che da lassù mi perdoni e mi perdonino i dantisti) è stato il mezzo per raggiungere il fine.


Ci sono progetti letterari in corso e, se sì, puoi fornirci qualche anticipazione?

Nel romanzo a cui sto lavorando è previsto un incontro con Dio, anche Lui dovrà render conto di certe latitanze.

Grazie, Salvo, per le esaurienti risposte e auguri per il tuo prossimo romanzo.


C’è tutto il nostro paese nell’ultimo mezzo secolo, dai giorni in cui è nata la democrazia all’epoca delle trame nere e rosse, fino ad adesso, con personaggi sotto gli occhi di tutti e ancora ben in auge.
Insomma, la Divina Commedia, fatta eccezione per qualche piccolo meccanismo di struttura, non c’entra proprio, e il sommo Dante, guida di questo viaggio, sembra uno che ha veramente smarrito la retta via, e per quanto la fantasia dell’autore nel descriverlo abbia il suo peso non indifferente, finisce con il rappresentare un pover’uomo alla mercé dei tempi, spesso confuso, e incapace di distinguere l’apparenza dalla realtà, dando vita così ogni tanto a situazioni amaramente umoristiche.Quello che fa la differenza con altri libri che descrivono l’andazzo del nostro paese sta nell’ironia garbata dell’autore che riesce a fornirci un quadro d’insieme senza ricorrere a una satira sguaiata e spesso becera, senza far leva sulle caratteristiche fisiche o intellettuali dei personaggi, ma facendoci intuire chi siano con poche illuminanti parole.
E’ così che una vicenda surreale si trasforma piano piano nello specchio della realtà, insomma a un inferno, ma in terra.
Scritto in modo assai accattivante, In viaggio con Dante all’inferno è un romanzo che si legge con piacere e che invita a riflettere sulla nostra situazione attuale.
La lettura è quindi più che raccomandabile.


In viaggio con Dante all’inferno
di Salvo Zappulla
Fermento Editore
www.fermento.net
Narrativa romanzo
Collana Percorsi della Memoria
Pagg. 170
ISBN: 9788889207581
Prezzo: € 12,00

Salvo Zappulla è nato il primo marzo 1961 a Sortino (SR), dove tuttora vive.
Giornalista e scrittore, ha pubblicato varie opere di narrativa e fiabe per bambini: L’ombra (Prova d’autore, 1999), Io Lira (Terzo Millennio, 2002), Il mostro (Armando Siciliano editore, 2003), In viaggio con Dante all’inferno (Fermento, 2007), Lo sciopero dei pesci (Il pozzo di Giacobbe, 2008).
I suoi romanzi sono stati corredati da schede didattiche e adottati come testi di narrativa nelle scuole medie. E’ il presidente dell’associazione culturale “Pentelite” che organizza la Mostra Mercato dell’editoria siciliana a Sortino; è il presidente del Concorso Letterario Nazionale “Città di Sortino”. Cura annualmente la rivista “Pentelite”. Collabora alla pagina culturale del quotidiano “La Sicilia”, alla rivista “I siracusani”, al quindicinale “ La voce dell’Isola”. Nel 2006 si è classificato secondo con un testo teatrale inedito al premio Massimo Troisi.

Renzo Montagnoli







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