dei rapporti tra lo Stabile e l’ateneo,
nonché direttore della Scuola d’arte
drammatica del teatro, intitolata ad
«Umberto Spadaro».
Da sempre, ma specialmente negli
ultimi cento anni, è emerso forte il
problema relativo a libertà e limiti
nell’applicazione delle scoperte,
emergenza che implica un’analisi dei
rapporti tra potere politico e scienza.
Questa la tematica da cui prende forma
Copenaghen, capolavoro di uno
dei maggiori autori contemporanei,
qui attento in particolare all’impiego
bellico della bomba atomica nel secondo
conflitto mondiale. Evento che
ha indubbiamente segnato uno dei
massimi peccati dell’umanità contro
se stessa e la propria ragione.
La vicenda è ambientata nel settembre
1941 nella capitale nordeuropea
occupata dai nazisti. Qui avviene
l’incontro tra il tedesco Werner
Heisenberg, inventore del principio
di indeterminazione, con Niels Bohr,
danese e mezzo ebreo, suo maestro,
fondatore negli anni ’10 della fisica
atomica. Ex compagni di ricerche, sono
costretti dalla guerra a guardarsi
con sospetto, imprigionati in un labirinto
di domande che stentano a trovare
risposta. Una storia vera ricostruita
dopo la scomparsa di entrambi,
che Frayn affida ai rispettivi fantasmi:
a loro tocca offrire una serie di
successive versioni contraddittorie di
uno storico incontro, misteriosamente
velato da fatali sottintesi. Un formidabile
duello verbale tra i due fisici, un
thriller scientifico-politico, che con
l’ingresso di un altro personaggio,
moglie di Bohr, si allarga ad una disputa
etica a tre voci.
Le angoscianti riflessioni, alla vigilia
del primo devastante uso dell’atomica,
procedono con implacabilità storica,
tensione umana e congetture
scientifiche. Una sorta di arena processuale,
un incontro-scontro di cui
non conosceremo mai l’assoluta e oggettiva
verità.
da La sicilia