"Scuola pubblica" di Cinzia Piccinini
Data: Luned́, 20 aprile 2009 ore 16:30:19 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Scuola pubblica.

Il giovane re impegnò il primo giorno del suo regno nell’eliminare i funzionari infedeli, dal secondo pensò alla sua discendenza.
Poiché era sano ed esuberante, ai suoi consiglieri disse più o meno così: io amo il mio popolo, e tutte le donne del mio popolo. Gli harem sono luoghi di sofferenza, non sottrarrò le mie mogli ai loro affetti. Per giacere e generare con me basterà chiederlo.
Presto fu chiaro che la Famiglia del Re sarebbe stata esercito, amministrazione, giustizia e diplomazia dello stato. I consiglieri si affrettarono a parlarne alle loro nipoti.
In capo a cinque anni una commissione aveva progettato la completa educazione dei Figli del Re. Fu un buon lavoro: i Figli del re non avevo marchi visibili, ma tutti erano bravi e impegnati. Amavano le loro madri e i loro nonni, ma impareggiabilmente amavano il loro padre-re. A chi diceva che i precettori dei suoi figli costavano troppo il re rispondeva ridendo: troppo per chi? Troppo rispetto a cosa?
Intanto il re era un po’ meno giovane e le domande si accumulavano perché qualche notte il re voleva solo dormire. Il regno prosperava e ormai il re, affidato molto del suo lavoro ai Figli maggiori, aveva tempo per passeggiare. Un giorno vide in un prato un pastorello che divideva le sue pecore in gruppi di cinque. Si avvicinò e si fermò a guardare i sei gruppetti di pecore. Il pastorello gli chiese: Signore, quanto è cinque volte cinque pecore e poi ancora cinque pecore?
Trenta, rispose il re. Ma tu non sai contare?
Io so contare solo fino a cinque pecore, signore.
Ma i tuoi genitori non ti hanno mandato a scuola?
Io non ho genitori, signore.
Tornato a palazzo, il re provvide ad adottare tutti gli orfani e i trovatelli del regno. In realtà il lavoro notturno gli costava sempre più fatica e da tempo si preoccupava della questione.
Tutti i senza genitori furono mandati a scuola e i Figli del Re si moltiplicarono. Le nuove leve crearono un certo subbuglio nelle scuole dei Figli del Re e i nobili e i borghesi ottennero che anche i loro figli potessero andare nelle scuole dei Figli del Re.
Un giorno il saggio re si ammalò; i consiglieri, in un momento di spese per il regno, riunirono la commissione dei saggi e dissero: i precettori dei Figli del Re costano troppo, dimezzate le spese.
I saggi pensarono molto e alla fine decisero: non sapendo cosa togliere e a chi, avrebbe deciso il caso. Le leggi di statistica e le leggi dei grandi numeri davano loro ragione: nessun criterio ragionato avrebbe potuto dare risultati migliori di quello casuale. Ciascun giovane avrebbe avuto qualche precettore, ma non tutti, non come prima.
Il re morì. Il primo dei Figli del Re fu incoronato e i vecchi consiglieri lo tenevano occupato tutto il giorno. Quando gli chiesero come si sarebbe occupato della discendenza il giovane si stupì: Ho centinaia, migliaia di fratelli!
Dopo venti anni il regno ancora prosperava. Una notte il re non riusciva a dormire e accese la televisione. C’era il figlio di un noto giornalista che faceva il divulgatore scientifico, come suo padre. Per gioco si simulava cosa sarebbe rimasto delle città della Terra senza l’Uomo.
Che idiozia! pensò il re, È questo il modo di fare storia?
“L’America si ripopolerà di cavalli allo stato brado, del resto i cavalli sono arrivati lì molto prima dell’uomo”, disse la voce alla televisione.
Che ignorante, pensò il re. Lo sanno tutti che i cavalli sono stati portati in America dagli Europei.
Ma quello che fece veramente inorridire il re fu un bell’accento nelle didascalie che scorrevano sotto le immagini “preistoriche”: “100.000 anni fa”, “250.000 anni fa”… e così via. Il re ordinò che la trasmissione venisse interrotta. Poi telefonò personalmente. No, tra i redattori non c’erano grammatici. No, non c’erano neanche storici. C’erano un paleontologo, cioè il conduttore, un regista, tecnici dell’immagine, tre tecnici del suono… Al re venne in mente una storiella che gli aveva raccontato suo padre e chiese: Quanti tecnici ci sono?
Molti, signore.
Sì, ma quanti? Dieci, venti?
Non lo so signore. Più di cinque. Non ci sono matematici qui, signore.
Il re capì e riattaccò. Per recuperare il pasticcio combinato all’epoca della sua incoronazione c’era tanto, tanto lavoro da fare.


20 aprile 2009 - Cinzia Piccinini






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