Quanto mi piaceva il formaggino di cioccolata, mezzo nero e mezzo bianco! In
realtà non era un formaggino, era un cioccolatino, anzi un piccolo spicchio di surrogato
di cioccolato. Mia madre diceva che faceva male perché non era cioccolato
vero ma surrogato. "Il cioccolato fa male ai bambini. Poi, questo che è surrogato,
non ne parliamo! Tutti i bambini che li mangiano si ammalano!". Ma io e mio fratello
riuscivamo comunque a farcelo comprare, almeno qualche volta, questo squisito
formaggino-cioccolattino. Lo vendeva il tabaccaio all’angolo tra Corso Savoia e
Viale Principe Amedeo, ad Acireale, di fronte alla
chiesa del Salvatore La povera Iduzza, di cinque
anni, si rasserena per un attimo quando la nonna
le promette: "Se fai la brava ti compro il formaggino
di cioccolato, mezzo nero e mezzo bianco, e
non te lo devi dividere con i tuoi fratelli, è tutto
tuo".Chi lo dice che le madri del passato amavano
le figlie? Non è vero! Giuseppina, la madre di Iduzza, non amava il marito (emigrato
in America), non amava Pinuccia (la figlia sposata con Giovannino), non
amava la madre Lucia (rimasta a vivere con lei e con i figli) cui rinfacciava, a
distanza di anni, di averle buttato nel fuoco la pupa di pezza, ma soprattutto non
amava Aida, detta Iduzza, la figlia di cinque anni. Alla madre Lucia, Giuseppina
rinfaccia: "…quella pupa che mi feci di nascosto con i ritagli di stoffa rimasta, me
la scopriste e la gettaste nel forno ad ardere con la legna per il pane". Giuseppina
non ama la figlia Iduzza: "… dopo un attimo di silenzio, guardandolo con un’espressione
appena implorante ma risoluta, invoca: Giovannino, a questa bambina
la dobbiamo levare di qua attorno". Aida, la bambina uccisa, dà il titolo al libro
di Marinella Fiume. Ma i "disamorati" protagonisti della "storia siciliana" sono due:
Giovannino, l’amante che non ama, una specie di Giufà (ma banale come il male)
e Giuseppina, travolta facilmente dai sensi perché, anche lei, non sapeva cosa
fosse amare qualcuno. La sentenza della Corte d’Assise di Catania escluse la
complicità di Giuseppina nell’assassinio della piccola Aida, sepolta viva in una
buca ricoperta di terra. Ma le parole che Giuseppina diceva erano quelle di una
madre assassina. A lei giovarono il clima di enfasi per la "madre rurale" e la bravura del suo avvocato difensore,
perché la Corte d’Assise di Catania non la ritenesse colpevole. Fino al 1951 non c’era per i condannati in Corte
d’Assise, la possibilità di presentare l’appello. Così la condanna, anche alla pena capitale, era definitiva, perchè
solo raramente si poteva presentare il ricorso per Cassazione. Il libro di Marinella è un trattato di antropologia.
Ripercorre, con la leggerezza della migliore vena narrativa, la vita e la parlata di un paese siciliano nella prima metà
del ‘900. Don Alfio, il marito tradito e lontano, perché emigrante in America, viene indicato da parenti ed amici "Don
Alfiu u’ mericanu", perché è "alla Merica a spaccarsi il culo di lavoro per noi!!" Frasi indimenticabili dalla parlata dialettale
sono state tradotte in maniera magistrale: "Modestamente me la sento" dice Giovannino, l’amante che non
ama, ma fa soltanto sesso vietato. Marinella Fiume dedica ad Ambra, sua figlia, il libro: non tutte le madri, non tutte
le donne sono uguali.
Anna Ruggieri da AKIS