Decalogo degli studenti contro il bullismo
Data: Lunedì, 06 aprile 2009 ore 00:00:00 CEST
Argomento: Comunicati


di Veronica Cursi

ROMA (28 marzo) - «Espulsione e bocciatura per chi fa violenza in classe». «Pene più severe per chi commette atti di bullismo». «Più sorveglianza da parte degli insegnanti». Il bullismo a scuola? Si sconfigge a suon di regole. E non c’entra niente il voto in condotta. Ad annunciare il giro di vite contro la violenza a scuola, questa volta, sono gli stessi studenti.

Contro le prepotenze tra i banchi, i ragazzi hanno deciso di adottare la linea dura. Come? Dando vita al primo “Manifesto per la legalità e contro la violenza nelle scuole” nato grazie al progetto “Scuola, violenza e legalità”, un’iniziativa realizzata dall’istituto di Ortofonologia e promossa dal ministero dell’Istruzione con la partecipazione dell’istituto comprensivo Baccano. Un decalogo di proposte, «per vivere meglio a scuola», redatto da più di 10 mila ragazzi di tutta Italia, tra cui 15 scuole medie e superiori di Roma, in cui i giovani chiedono regole certe contro bullismo e illegalità «perché la peggior violenza è proprio non occuparsi di essa». Regole chiare, condivise e rispettate, come «educare i giovani alla solidarietà e sensibilizzare gli adulti al rispetto per il prossimo perché diano il buon esempio».

Un grido d’aiuto al mondo dei grandi perché proprio ai professori gli studenti chiedono che si parli di bullismo a scuola. Al primo posto tra le regole del manifesto compare infatti l’idea di «introdurre come materia un’ora a settimana dedicata al dialogo tra alunni e professori, incentivando i ragazzi al rispetto delle regole con premi e gratificazioni». Bulli, ma non solo. Gli studenti romani hanno deciso di schierarsi in prima linea contro la violenza tra i giovani, mettendo nero su bianco quello che vorrebbero dal mondo della scuola. A partire, strano ma vero, proprio da un controllo maggiore. Tra i primi punti del manifesto, compare infatti la richiesta di «superare la cultura dell’impunità», «escludere i bulli e denunciare», «introdurre tra le materie scolastiche l’autodifesa».

Il manifesto, che verrà distribuito in tutte le scuole che hanno partecipato all’iniziativa, è nato da una serie di incontri realizzati in alcuni istituti della capitale, tra cui il liceo classico Plauto, lo scientifico Russell, la scuola media Leonardo Da Vinci e la Ettore Majorana. Ai ragazzi tra gli 11 e i 19 anni è stato sottoposto un questionario con l’obiettivo di capire come vivono la violenza a scuola, da cui è emerso che il 50% dei giovani ha assistito almeno una volta ad episodi di bullismo. In particolare dall’indagine è venuto fuori che il 45% degli studenti, di fronte ad un atto di violenza, reagirebbe aggredendo, mentre solo il 16% parlerebbe con i genitori e appena l’11% chiamerebbe l’insegnante. Un’immagine che fa luce sull’assoluta mancanza di fiducia nei confronti degli adulti: se infatti per il 28% dei giovani, i grandi si comportano con ragionevolezza quando assistono ad episodi violenti, per il 21% manifestano rabbia, per il 19% indifferenza e per il 17% vigliaccheria.

Di qui la necessità di «ascoltare, capire, parlare con i ragazzi». «Il progetto che abbiamo realizzato - afferma Federico Bianchi di Castelbianco, direttore dell’ Ido, Istituto di ortofonologia e psicoterapeuta dell’età evolutiva - ha fatto emergere le tante positività dei ragazzi e le loro esigenze. Colpisce la loro disponibilità nell’accettare una maggiore sorveglianza, ma sicuramente la loro semplicità nel trovare soluzioni andando alla radice del problema. Per loro la prima causa risiede nel fatto che non vi sia conoscenza da parte dei professori delle dinamiche della classe, del loro cambiare negli anni e di non sentirsi assolutamente ascoltati». Un senso di impotenza che si traduce nell’unico modo con cui i ragazzi pensano di poter rispondere alla violenza: se infatti il 39% degli studenti intervistati non ritiene utile la violenza per risolvere i problemi, il 61% dice che la violenza può servire per seguire il gruppo, per affermarsi nella società o per reagire ad un sopruso.

da www.ilmessaggero.it







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