"BIANCO" DI MARCO MISSIROLI
Data: Marted́, 03 marzo 2009 ore 16:18:46 CET
Argomento: Rassegna stampa


"«Noi ci rincontreremo.»
«Ci rincontreremo, sì.»
«E tu sarai lì ad aspettarmi?»
«Sì, io sarò lì.»
«Tu ci sarai.»
«Per te, Moses.»
«Allora io ti porterò dei fiori, fiori migliori di questi.»
«Sì.»
«E andrò a tempo.»
«E mi condurrai.»
«Sì, io ti condurrò.»"

E’ una storia «di redenzione», di come «la nostra esistenza possa mutare, improvvisamente, di fronte a certi fatti». Ma per Missiroli, che si è documentato lungamente per il libro (viaggiando anche in America). Bianco è però soprattutto il racconto di «una mancanza d’amore». Affetto che invece non manca a Rimini per l’autore, ogni qualvolta presenta (lui che vive e lavora a Milano) i suoi libri.
Una sapiente miscela di crudezza e soavità, una felice sinergia di lucida spietatezza e tenera umanità giocate sul filo del ricordo che raccolgono l'esperienza dei due precedenti romanzi e la smussano, la perfezionano, la completano. La denuncia di una delle pagine più atroci della nostra storia, il feroce razzismo del Ku Klux Klan, avviene attraverso la voce della coscienza di un uomo redento grazie all'amore e alla mancanza e viene espressa attraverso l'innocente onomatopea di un bambino che ricalca l'orrore, con inconscia spontaneità, nella mimesi dello sparo del suo indianino giocattolo "cu clus bum!". Un libro che non parla solo d'amore, che rifugge il vano sentimentalismo e che comunque riesce a commuovere. Un libro che ha la volontà di lasciare una traccia, un messaggio, per riflettere, per non dimenticare. "...il bianco non c'entra niente con la pelle della gente". "Perchè il bianco non è un colore ma il vortice che si mangia tutti i colori". "E noi diventiamo il bianco quando chiudiamo gli occhi per l'ultima volta". Il protagonista è Moses, un anziano che serba in sé una "scontrosa grazia”.


Chiediamo all’autore come nasce questo personaggio, che differisce dai protagonisti di “Senza coda” e “Il buio addosso”, oltre che per l'età (i primi due erano bambini), anche per il fatto di inglobare in sé due volti, vittima e carnefice.

Moses è luce e ombra, è davvero umano con tutti i suoi conflitti. Chi di noi non ha bontà e cattiveria, generosità ed egoismo? Moses è schiacciato dalla sua eredità familiare e razzista, dalla sua durezza, ma è un uomo fragile e che vuole amare. È l’umano che vive in una terra fatta di difficoltà. E lui ha nelle sue contraddizioni, e proprio per queste contraddizioni, la forza per riscattarsi. Nell’imperfezione, il coraggio perfetto.

Cosa ti ha fatto avvicinare al tema dell'odio razziale e, in particolare, al Ku Klux Klan?

Nel libro il Ku Kluk Klan è paradossalmente il contesto marginale. So che è una contraddizione dire che l’ambientazione di un romanzo è “marginale” ma quella di "Bianco" viene minimizzata dai sentimenti. Ecco perché ho scelto una terra aspra e dura per dare vita alla ferocia razziale: perché lì è più “nuda”, più diretta, perché lì il cuore e le relazioni sono più scoperte. Il Ku Klux Klan le rappresenta: è fusione perfetta tra contesto religioso, sociale e umano. Così il razzismo diventa emblema dell’uomo e vera e propria carne dell’umanità.

A differenza dei tuoi coetanei sembra proprio che le problematiche relative alla tua età (che tanto fanno vendere) vengano in seconda posizione nella scelta dei contenuti per i tuoi libri. È un purismo etico?

È istinto. Non so perché, ma a me interessa l’umano con i suoi difetti e la sua grande forza. Per farlo devo cercare di andare oltre, per farlo devo provare ad andare oltre il mio ombelico, le mie radici, quello che mi succede giorno dopo giorno. Della quotidianità prendo l’autenticità, l’epica. Poi mi aggrappo a delle forze più vere, spesso inflazionate, ma sempre nostre: i gesti.

Cosa c'è da raccontare dei trentenni d'oggi? E, dato che ora lavori a Milano, quali sono le differenze fra quelli di città e quelli di provincia?

I trentenni di oggi sono semplicemente più indietro di quelli di ieri. Siamo più immaturi ma più ricettivi, siamo più veloci ma più pigri, siamo più attenti ma forse meno sensibili. Siamo una contraddizione e questo lo vedo soprattutto in una città come Milano. Per questo siamo un po’ fuori dalla vita, quella delle piccole cose che contano. Quelli di provincia hanno maggiormente questa dimensione, ma allo stesso tempo sono più fermi e meno stimolati, meno attaccati al nuovo.

Sei già all'opera per il prossimo libro?

Solo mentalmente. Il prossimo libro sarà qualcosa di molto doloroso e autentico. Avrò bisogno di tutto il coraggio possibile.







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