QUASIMODO E IL SENTIMENTO DELLA PHYSIS
Data: Domenica, 01 marzo 2009 ore 17:03:35 CET
Argomento: Rassegna stampa


Forse è un segno vero della vita:

intorno a me fanciulli con leggeri

moti del capo danzano in un gioco

di cadenze e di voci lungo il prato

della chiesa. Pietà della sera, ombre

riaccese sopra l’erba così verde,

bellissime nel fuoco della luna!

Memoria vi concede breve sonno:

ora, destatevi. Ecco, scroscia il pozzo

per la prima marea. Questa è l’ora:

non più mia, arsi, remoti simulacri.

E tu vento del sud forte di zagare,

spingi la luna dove nudi dormono

fanciulli, forza il puledro sui campi

umidi d’orme di cavalle, apri

il mare, alza le nuvole dagli alberi:

già l’airone avanza verso l’acqua

e fiuta lento il fango tra le spine,

ride alla gazza, nera sugli aranci.

E, ancora, nella poesia “S’ode ancora il mare”, il poeta, che si trova a vivere a Bergamo, lontano dalla sua terra e dalla donna che amò presso le rive dello Jonio, “riode, da più notti, la voce del suo mare, lieve, su e giù lungo le sabbie lisce. È come l’eco d’una voce chiusa nella mente, che risale da quel tempo, ormai lontano, e si fonde al lamento assiduo dei gabbiani, il cui ricordo è rafforzato dal presente effettivo lamento di uccelli delle torri, che l’aprile sospinge verso la pianura” (Masselli e Cibotto, “Antologia popolare di poeti del novecento”, 1964)

S'ode ancora il mare   Da Giorno dopo giorno 1946

Già da più notti s'ode ancora il mare,
lieve, su e giù, lungo le sabbie lisce.
Eco d'una voce chiusa nella mente
che risale dal tempo; ed anche questo
lamento assiduo di gabbiani: forse
d'uccelli delle torri, che l'aprile
sospinge verso la pianura. Già
m'eri vicina tu con quella voce;
ed io vorrei che pure a te venisse,
ora di me un'eco di memoria,
come quel buio murmure di mare.

La poesia S’ode ancora il mare è una poesia di ricordi: il poeta ricorda la voce del mare che lieve risale dal tempo e ora egli ascolta la voce degli uccelli delle torri e vorrebbe che l’eco di lui andasse da lei come un mormorio di acque di mare lieve.
La casa, la madre, l’infanzia e soprattutto la nostalgia della terra siciliana, che nel ricordo si trasforma in un luogo mitico, sono i temi ricorrenti di Acque e terre. In questa prima fase della sua attività poetica infatti è molto presente la rievocazione commossa dei paesaggi della sua terra, ormai decantati nella memoria, e una patetica vena di malinconia.

L’isola-mito diviene per lui il simbolo dell’evasione dal reale e dell’immersione in un mondo arcaico e di esistenziale innocenza ma soprattutto è il simbolo di una personale ed irripetibile stagione di felicità, e cioè l’infanzia. Quasimodo lasciò la sua terra molto giovane e fu probabilmente questo precoce allontanamento che determinò, nel suo immaginario, il mito della sua isola.

Consegnando ai versi malinconici delle sue liriche le suggestioni dei paesaggi e della memoria, Quasimodo si immerge continuamente nei segreti e nei misteri della natura dell’isola radicata in un passato arcaico. Su tutto questo aleggia la presenza di un io lirico che, pensoso e atteggiato, è assillato dalla solitudine esistenziale.

Appartenente alla raccolta Acque e terre è la lirica che, più delle altre, ha contribuito alla fama del poeta, Ed è subito sera, che nella sua lapidaria brevità condensa gli aspetti principali della prima poesia di Quasimodo. Spandendo un tono di dolce tristezza, i tre versi infatti presentano da un lato, attraverso il simbolo del raggio di sole, un’isola pura e piena di beata naturalità, dall’altro la solitudine dell’umanità.

E’ dunque dalle liriche stesse che si desume l’inclinazione di una poetica che volge lo sguardo da una parte al mito dell’infanzia e dall’altra all’isola, Eden ormai perduto. Sebbene l’immagine che ne viene fuori sia quella di un poeta chiuso selettivamente nei suoi privati miti isolani, Quasimodo sembra voler dare alla sua poesia un aura senza tempo, mitica, sacrale e assoluta, le stesse caratteristiche che ritroviamo anche nelle sue famose traduzioni dei Lirici greci del 1940.

Fondamentale per la formazione del suo stile fu infatti l’intensa attività di traduttore (Lirici Greci, Vangelo secondo Giovanni, Catullo, Antologia Palatina, Georgiche, Sofocle, Eschilo, Shakespeare, Neruda) e come traduttore di poeti Quasimodo resta tra i più geniali del suo tempo.

L’esperienza della guerra e dell’occupazione tedesca segnò una svolta decisiva nella poesia di Quasimodo, a cominciare dalla raccolta Con il piede straniero sopra il cuore (1946). Nei successivi libri di liriche (Giorno dopo giorno, 1947; La vita non è sogno, 1949; Il falso e vero verde, 1956; La terra impareggiabile, 1958; Dare e avere, 1966), si accentuò il distacco dall’Ermetismo, e, mentre lo stile diveniva più trasparente, la partecipazione alle pene di chi soffre e un sentimento accorato della infelicità umana liberavano il poeta dal suo mondo elegiaco.







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