La valutazione del dirigente e democrazia nella scuola
Data: Domenica, 01 marzo 2009 ore 11:30:20 CET
Argomento: Opinioni


Finalmente, anche se con moti dubbi, arriva la valutazione dei dirigenti, su cui speriamo si apra un dibattito serio e articolato soprattutto perché ormai la scuola gravita molto attorno a loro, mentre la vecchia figura del preside, che dirige il traffico, è impallidita. Tuttavia, considerando i risultati dell’ultimo corso-consorso a preside con le sue omissioni e i suoi strascichi giudiziari, le sue sanatorie e le sue trascuratezze, anche l’efficacia di questa attesa novità mi lascia il dubbio che essa rimanga la solita trovata annunciatoria. Credo invece nel ruolo più attivo e incisivo dei docenti. E fino a quando i docenti non si approprieranno dei loro pieni diritti democratici rischieranno sempre che qualcuno decida per loro. Con la scuola dell’autonomia infatti moltissime decisioni di ordine didattico e amministrativo dovrebbero passare al vaglio del collegio dei docenti che li può respingere o accettare, anche se la dirigenza dice esattamente l’opposto. Questo principio dovrebbe essere alla base del futuro di ogni scuola che però spesso viene trascurato, affidandosi alle proposte del preside, un po’ per consuetudine, un po’ per timore di ritorsioni e un po’ per amore della pace. Con la scuola del terzo millennio ormai è chiaro che molti sono gli interessi che gravitano in ogni Istituto, a cominciare dalla pletora quasi sempre perniciosa di progetti, a finire con la ricerca di altri bacini di utenza, talvolta funzionali a pochi marpioni che però hanno capito la freschezza dei propri colleghi. Per questo la professione docente, un tempo luogo di pace a-conflittuale, sta diventando mare di arrembaggio, ma solo per qualche filibustiere che, magari con l’avallo tacito del dirigente o la sua complicità, arpiona tutto ciò che gli viene a tiro. Gli stanziamenti per i fondi di Istituto poi rischiano di diventare elemento più funzionale a consentire estrosità progettuali che a migliorare i servizi. Anche da qui si capisce che non appare più possibile sorvolare sulla scelta dei rappresentanti Rsu a cui sono affidati compiti delicatissimi come la ripartizione dei fondi e la loro trasparente e corretta gestione. Uno dei motivi di stress di tanti professori alberga anche su questi scogli dove si appollaia pure una sorta di consuetudine a eleggere, come per diritto ereditario, per ogni tipo di incarico (funzioni strumentali e altro) sempre gli stessi soggetti che si innamorano così tanto della loro carica da non volere cedere i loro bagaglieschi privilegi: la diserzione delle lezioni, i contatti con qualche politico buontempone, l’odore degli Euro in forma di Pon. A questo equipaggio elettivo si è aggiunto pure il vice ammiragliato scelto dal preside che per accaparrarsi il rinnovo della nomina ha saltato il fosso, assecondando il capo a danno della ciurma. Può sembrare grottesco ma sta succedendo che la scuola non sia più terreno di confronto di didattica e di studio, ma solo zona di sperimentazioni perniciose. Da qui pure il timore che il famoso premio ai docenti più bravi si trasformi in onorificenze a chi ha più colpi in canna durante le bordate e che la valutazione all’operato dei presidi diventi la solita balzana propaganda. Perché vorrei vedere che succede se si scopre che il dirigente ha qualche scheletro dentro i suoi armadi: che farà il valutatore? Quanto sarebbe stato meglio se qualcuno avesse pensato a rendere, per esempio, elettiva la nomina del presidente del collegio, a fare ritornare in mano ai professori l’elezione del vice preside, a chiedere molti più ispettori per controllare periodicamente non solo i dirigenti, ma anche i registri dei docenti, i compiti, i programmi svolti. Non già con intento poliziesco e inquisitorio ma con spirito di collaborazione, di aiuto, di stimolo e pure di formazione e spinta a fare meglio, sempre meglio per questi ragazzi che dovrebbero fare più forte e grande la società di domani.
PASQUALE ALMIRANTE






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