IL ROMANTICISMO DESUBLIMATO DI ''TRE METRI SOPRA IL CIELO''
Data: Domenica, 01 febbraio 2009 ore 00:05:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


Il romanticismo desublimato di Tre metri sopra il cielo

di Paolo Giovannetti*

 

Da dove viene il successo di  Tre metri sopra il cielo? Su quali aspetti dell'odierna identità giovanile ha fatto presa Federico Moccia? Quanto la cosiddetta industria culturale ha manipolato l'immaginario collettivo, e quanto invece il protagonismo dei giovani ha modificato forme e contenuti della narrativa istituzionale e poi del cinema?

 

Una precisazione è intanto indispensabile: Tre metri sopra il cielo è in buona parte un successo dal basso. Prima di diventare nel 2004 l'omonimo film di cassetta, il romanzo che poi verrà siglato come 3MSC, è stato un libro di 300 e più pagine edito nel 1992 presso un non-editore: un libro che tuttavia, per certe sue caratteristiche, era poi diventato un'opera di culto presso i giovani romani. Ed è solo sulla base di una popolarità così poco 'mediatica' che un non conosciutissimo regista come Luca Lucini, la sceneggiatrice non ancora trentenne Teresa Ciabatti e lo stesso Moccia lavorarono al film inaspettatamente capace di conquistare il pubblico, tanto da indurre l'editore Feltrinelli a ripubblicare – non senza una robusta revisione – il romanzo. Che a sua volta, infine, è diventato un'opera di immenso successo. Si badi bene: a ogni stadio di questa ascesa alle vette delle classifiche nulla era garantito: né al romanzo, malamente editato, d'un autore televisivo di scarsa fortuna cinematografica; né al film di un quasi esordiente regista di videoclip; e nemmeno al romanzo 'tratto' dal film, che infatti ha superato ogni aspettativa plausibile (più di un milione di copie vendute!), tra l'altro legittimando una vera e propria, e altrettanto inopinata, carriera letteraria (Ho voglia di te, 2006; Scusa ma ti chiamo amore, 2007; Amore 14, 2008 sono le tappe principali di questo percorso).

 

Non è un romanzo rosa

Non solo. Va messo da parte anche un secondo luogo comune. Tre metri sopra il cielo non è solo un romanzo rosa.

 

È sicuramente qualcosa di più complesso; e anzi è probabile che in questo suo essere (anche) altro risieda il successo di Moccia, la sua capacità innanzi tutto come autore di narrativa di incontrare un certo pubblico. Provate a leggere le prime tre paginette di Tre metri sopra il cielo, e vi troverete di fronte quasi all'allegoria di ciò che intendo. Una ricca ragazzina romana, una pariolina, in compagnia della sorella minore viene accompagnata a scuola dal papà su un macchinone costosissimo; un affascinante coetaneo in motocicletta affianca la vettura e inizia a corteggiare la fanciulla, utilizzando parole sfrontate ("[...] devo pensare al mio vero e unico problema [...] l'interrogazione di latino", dice lei; e lui: "Credevo fosse il sesso"). Bene: mentre la sorella capisce perfettamente quanto sta succedendo, il padre (che in effetti anche nel prosieguo del romanzo rivelerà una robusta dabbenaggine) non appare in grado di decodificare l'evento, intento com'è a svolgere il proprio ruolo 'istituzionale' di genitore.

Ecco: è probabile che il moccismo letterario, almeno nella sua fase iniziale, si sia fondato sulla definizione di un universo valoriale giovanile, integrato sì (per ragioni soprattutto economiche) a quello degli adulti, ma con esso solo in parte comunicante e anzi desideroso di distinguersene per un'ineliminabile carica trasgressiva. Si badi bene: sia Step sia Babi sono figli di una Roma benestante, per la quale gli oggetti (auto, moto, capi d'abbigliamento ecc.) sono il valore principe; la vera differenza è che il ragazzo appartiene a una famiglia sfasciata da una madre adultera; evento questo che, nel sistema mocciano, basta e avanza a legittimare un comportamento violento.

 

Un'opera borghese (e reazionaria)

In parole povere, e in termini orrendamente sociologici: Tre metri sopra il cielo tematizza le inquietudini di una borghesia che deve affrontare contraddizioni emergenti dal suo stesso seno. Step, a ben vedere, altro non è che uno dei tanti 'bravi ragazzi' che tuttodì violentano coetanee, bruciano immigrati, sprangano tifosi della squadra avversaria. Da un lato: decoro economico, educazione formale, un papà con un buon lavoro, al massimo qualche problema con la scuola. Dall'altro: il gruppo di amici, lo stadio, l'evocatissimo (dalla stampa) branco entro il quale succede di tutto.

A mio avviso, la chiave di lettura è proprio questa. Si legge Moccia per capire che cosa avviene nella testa di un bullo, e insieme che cosa si prova ad andare a letto con lui. Come tutti i lettori sanno, del resto, il côté sexy di 3MSC è legato agli splendidi corpi, scolpiti in palestra, di Step, Pollo e compagni. Le parioline e le bore hanno sì un fisico variamente seduttivo, ma ciò che conta è soprattutto la qualità dei vestiti che lo fasciano, l'involucro griffato che lo nobilita e sublima. Viceversa, il corpo maschile è quasi totalmente desublimato al rango di addominale ben teso, turgore del bicipite, efficienza esplosiva. Qui, come si vede, di sentimentalismo ce n'è pochissimo. Semmai, agisce il bisogno di accedere alla vita attraverso la porta di qualcosa di diverso. La brava giovinetta proverà per un po' i piaceri muscolari del maschio maudit, salvo poi scegliere il vero grande amore (quello da sposare) nell'alveo di una borghesia meno borderline, studiosa e professionalmente regolare.

Tutto vero, senza dubbio. E anzi non deve sfuggire quanto di autenticamente reazionario agisce in questa mitizzazione della forza e della violenza, in questo palestrato universo parallelo finanziato dai soldi di papà. Un segno dei tempi che può farci un po' paura. Vero è che le non poche scorrettezze politiche di Moccia svolgono un ruolo non soltanto negativo. Non si dà 'cuore' fuori della socialità, in definitiva. Nessuna illusione è possibile. L'amore è una costruzione paziente, persino faticosa; la spontaneità e la bellezza si conquistano giorno dopo giorno. Solo il gruppo, una precisa ritualità sociale, danno accesso al vero sentimento. Tutto poco romantico, certo, molto realistico. Ma forse una simile proposta non è inutile per avere il coraggio di uscire, di esporsi in un mondo così poco idilliaco com'è quello in cui viviamo.

 

*Docente di Letteratura Italiana allo Iulm di Milano

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 







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