Pro e
contro della nuova valutazione del voto di condotta, nell'analisi dei dirigenti
di alcune scuole catanesi. (da www.lasicilia.it)
Tutte le scuole di ogni ordine e grado
della provincia sono impegnate nella
valutazione quadrimestrale degli alunni.
Vero è che i collegi dei docenti
avrebbero potuto optare per il trimestre,
ma la maggior parte delle istituzioni
scolastiche hanno deciso per il
quadrimestre, per cui tutti i consigli di
classe hanno iniziato, come si è detto, le
operazioni di valutazione (il quadrimestre
si è concluso il 31 gennaio). Tensioni
quindi da parte degli alunni e dei
loro genitori dal momento che fra qualche
giorno conosceranno il primo «verdetto» relativo all’anno scolastico
2008-2009.
In virtù delle nuove disposizioni della
Gelmini, le maggiori novità si hanno
nella scuola di base, dove viene introdotta
la valutazione numerica. Un sistema
valutativo che ha i lati positivi e
negativi. Da una parte, infatti, i genitori
potranno conoscere la posizione del
figlio attraverso una «scala di valori»,
dall’altra, però, il «numero» non dice
nulla sui vari processi di apprendimento
e su eventuali recuperi futuri. Elementi,
quest’ultimi, che in linea di massima
erano elencati nel giudizio globale
che, appunto, conteneva l’iter di apprendimento
raggiunto dagli alunni in
tutte le discipline ed ogni altro elemento
utile in vista di un possibile recupero
nel quadrimestre successivo.
C’è da dire, altresì, che gli alunni, i loro
genitori e molti docenti non si sono
ancora perfettamente resisi conto della
valutazione numerica.
Sempre restando nella scuola di base,
il capo di istituto della Pestalozzi di
Catania, Santo Molino, che dirige un
istituto comprensivo ubicato in uno
dei quartieri a rischio di Catania, ha rilevato
che la «la valutazione numerica
non è la panacea», cioè non risolve alcun
problema, fermo restando che il rispetto
delle regole e la disciplina costituiscono
il fondamento di un sistema
democratico.
C’è da dire, però, che un alunno che
proviene da un difficile contesto culturale
e sociale, dovrà essere educato dalla
scuola, per cui in questi casi dare
semplicemente un voto negativo in
condotta nel primo quadrimestre di
per sé non risolve i problemi di comportamento,
significherebbe dare
un’insufficienza alla famiglia e al contesto
socio ambientale, ma anche all’istituzione
scolastica, considerato il carattere
di «valutazione formativa» (vuol
dire il team non ha raggiunto gli obiettivi
programmati).
In altri termini, quando si allontana
dalla scuola un alunno difficile, che
magari avrà un’insufficienza in condotta,
significa consegnarlo al disadattamento
sociale o peggio ancora alla
criminalità minorile, soprattutto quando
non vi è un contesto familiare valido
ed efficace dietro l’alunno. La scuola
ha il compito di recuperare quegli alunni
che vivono in un contesto familiare
particolarmente complesso. In questo
caso diventa un falso problema l’idea
che attraverso il voto in condotta si
possa governare meglio il percorso
educativo degli alunni.
Sarebbe forse più opportuna, piuttosto
che discutere sul come cacciare via
dalla scuola le persone con problemi
comportamentali, riflettere sulle opportunità
e sulle risorse da dare alle
scuole per garantire il successo formativo
al maggiore numero di alunni anche
se provenienti da «situazioni a rischio».
Nella scuola di base vi sono diverse
insufficienze in condotta, che scaturiscono
in linea di massima dalle molte
assenze e in qualche caso di gravi atti di
indisciplina, bullismo, che hanno causato
la sospensione dalle lezioni. Più
numerose le insufficienze in condotta
nella Media superiore, dove i casi di
indisciplina, assenteismo, bullismo sono
molto più numerosi rispetto agli
alunni della scuola di base.
Per il preside del liceo scientifico Boggio Lera, prof. Giovanni Torrisi il
voto in condotta, inferiore a 6, significa
bocciatura, «però è giusto dire - rileva il
capo di istituto - che il voto in condotta
ridurrà sicuramente il bullismo, gli
atti vandalici. Nel contempo è doveroso
sottolineare che per noi educatori
non dovrà essere l’unico rimedio per
indurre i ragazzi al rispetto delle regole,
dei docenti e dei compagni. In altri
termini, come si è detto, potrà essere
utile, ma è fondamentale che gli alunni
capiscano che la scuola è un centro
di formazione e, quindi, comportarsi
bene significa convivenza civile. Nell’istituto
che dirigo, con 1800 alunni frequentanti,
non vi sono casi di insufficienze
in condotta».
Il dirigente scolastico dell’istituto psicopedagogico «Regina Elena», prof.
Alfio Mazzaglia, ha rilevato che nell’istituto
che dirige vi sono stati dei cinque
in condotta, che fanno media al pari degli
altri voti, per cui una «condotta ordinaria,
senza infamia e senza lode, può
meritare la sufficienza. Al contrario, gli
alunni, che si impegnano nello studio,
rispettano i regolamenti scolastici,
mantengono comportamenti adeguati
sia nei confronti dei compagni e degli
alunni potranno avere in condotta voti
alti. Va da sé che quegli alunni che si
rendono responsabili di atti vandalici,
comportamenti scorretti, scarso impegno
nello studio, assenteismo, bullismo,
avranno voti in condotta insufficienti
e rischiano la bocciatura».
Certo la scuola non deve usare il voto
in condotta e quindi la bocciatura o
l’allontanamento della scuola come l’unico
rimedio per ottenere la disciplina,
soprattutto dai ragazzi difficili, ma un
buon comportamento da parte degli
alunni si dovrà ottenere attraverso proficui
insegnamenti, per cui, indipendentemente
dallo spauracchio del voto
in condotta, gli alunni dovranno capacitarsi
che è un loro dovere comportarsi
bene, rispettare le regole, i docenti, i
compagni, non danneggiare le strutture
scolastiche. Certo, il voto in condotta,
come si è detto, potrà essere utile
per ridurre soprattutto i casi di bullismo,
ma, come rilevano dirigenti scolastici
e docenti, non dovrà essere l’unica
«arma» per portare nella giusta strada
gli alunni provenienti da contesti sociali
piuttosto difficili, anche se, purtroppo,
nei casi estremi i docenti saranno
costretti alla valutazione negativa in
condotta.
MARIO CASTRO (da www.lasicilia.it)