Il bambino con il pigiama a righe
Data: Domenica, 08 febbraio 2009 ore 19:39:14 CET
Argomento: Rassegna stampa


“Il bambino con il pigiama a righe” è un prodotto di Mark Herman firmato Disney:  doveva essere una narrazione cinematografica destinata a un pubblico di bambini ma forse non è adatto ai più giovani, anche se reca in sé la freschezza e la delicatezza tipica del mondo dell’infanzia, risorsa che fa si che la produzione non cada nei facili rischi costantemente in agguato nei film, ormai classici, sul genocidio degli ebrei. Lontano dai luoghi comuni e dal facile sentimentalismo, pericoli sempre aperti, dal primo all’ultimo fotogramma (data la difficoltà della tematica trattata) l’intreccio si rivela emotivamente incalzante e narrativamente efficace: Bruno e Schmuel, rispettivamente il figlio di un ufficiale tedesco e un piccolo ebreo rinchiuso in un campo di concentramento, diventano amici. Hanno entrambi otto anni, il mito del padre e tanta voglia di giocare.  Il filo spinato, confine che divide i loro mondi, non impedisce ai due piccoli di giocare insieme e di stringersi la mano. Il giovane tedesco annoiato nel suo isolamento e frustrato nella sua voglia di esplorare ogni cosa, varcherà, metaforicamente,  i confini  del proprio mondo, aprendosi così alla realtà, che non sempre corrisponde ai contenuti politici, culturali e sociali che la raccontano. Le scene altamente evocative suggeriscono implicitamente messaggi morali, senza mai ergersi a giudizi o a condanne di parte. Bruno porta in giro per il film il suo sguardo, che è il punto di vista della regia; attraverso i suoi occhi esploriamo il dolore dell’umanità, non comprendendo, esattamente come bambini, quelle categorie concettuali che condizionano le cose anziché spiegarle. I personaggi intorno al piccolo protagonista incarnano le diverse posizioni di fronte alla Storia: la madre di Bruno, che lentamente acquisisce coscienza del ruolo sociale del marito, e di ciò che questo comporta, arricchisce il racconto di inquietudine e tormento, fornendo un’efficace testimonianza della difficoltà di pensare “contro” la propria cultura e i propri affetti in nome della propria responsabilità di essere umano; la sorella di Bruno, esatto prodotto della cultura nazista, e il padre del piccolo, interamente descritto dalla sua divisa, ma di certo costretto, dall’epilogo della vicenda, ad assumere responsabilmente il peso delle proprie azioni.   

  

Irene Giuffrida







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