LASCIAMI ENTRARE
Data: Venerd́, 23 gennaio 2009 ore 08:12:51 CET
Argomento: Comunicati


IL caso vuole che due film di due generi praticamente opposti ma che si richiamano moltissimo escano in sala a poche settimane di distanza: al pubblicizzatissimo “Twilight”, tratto da un bestseller al primo posto in moltissimi paesi, succede “Lasciami entrare”, tratto anch'esso da un bestseller ma di dimensioni decisamente minori. Da una parte un fantasy per ragazzine. Dall'altra un thriller-horror che parla di sentimenti veri: un film sfacciato a confronto con un film intimista.
“Lasciami entrare” è in sostanza la storia dell'amicizia-amore tra un dodicenne solo (genitori separati che non gli danno retta, compagni di scuola che lo prendono in giro e lo picchiano) e una dodicenne altrettanto sola, con la differenza che la ragazza è una vampira. Oskar e Eli trovano l'uno nell'altra un modo nuovo per andare avanti, per affrontare i disagi dell'età da una parte e quelli della natura dall'altra. Tutto si riduce, nelle attutite atmosfere svedesi, in un contorno: tale è, almeno fino a 10 minuti dalla fine, il bullismo che opprime Oskar; tali sono gli omicidi che permettono ad Eli di sopravvivere, che scuotono il microcosmo del quartiere ma non riescono a penetrare il gelo che li attornia: è inutile cercare veridicità negli elementi di contorno di una storia di vampiri, sottolinea Tomas Alfredson.
L'ambientazione è il punto di maggior forza del film, una città immersa nella neve dove una pallida luce è il ricordo di un sole che si vede per pochi mesi l'anno, dove ogni cosa è illuminata dalla luce gialla dei lampioni. Il silenzio regna e condiziona la vita di chi vi abita, riflettendosi nell'introverso protagonista. E' il titolo originale a completare il senso della storia: non è soltanto “lasciami entrare”, giocando tra il bisogno dei vampiri di essere invitati per entrare in una casa e l'apertura dei due ragazzini alla fiducia nell'altro; “rätte”, “right”, “giusto” è una considerazione critica sulla natura di colei che entra, mettendo chiaramente al centro della storia l'influenza positiva che il rapporto tra i due ragazzi ha sulle loro vite.
Non avrà il successo di pubblico di “Twilight”, ma è già stato ampiamente lodato dalla critica (dal Tribeca Film Festival, dove ha vinto, al Torino Film Festival) e gli spettatori, almeno quelli che non si lasceranno fuorviare da un trailer che promette un film diverso, non rimpiangeranno il prezzo del biglietto.

Un quartiere periferico e desolato di Stoccolma dei primi anni Ottanta. Un 12enne sensibile e solitario – e per questo vittima dei bulletti della scuola – e una nuova vicina di casa, coetanea solo in apparenza. Un rapporto d’amicizia che nasce, cresce e si trasforma in qualcosa di molto più complesso e profondo.

Il senso di Lasciami entrare è tutto in questa essenzialità di luoghi, situazioni, personaggi, raccontati da Thomas Alfredson con uno stile tanto pulito ed elegante quanto incisivo ed efficace. Quello dello svedese è un film visivamente (e, in apparenza, emotivamente) soffuso, come ovattato dall’onnipresente neve, che osserva i suoi protagonisti da lontano, con campi lunghissimi che restituiscono tutto il pudore dei tanti sentimenti in gioco e l’ansia per i relativi vuoti che devono essere riempiti.

Perché il cuore – umanissimo e pulsante – di Lasciami entrare è il rapporto tra due anime. È una storia di crescita, di maturazione, una storia imbevuta d’amore e d’amicizia, che parla del superamento delle proprie paure. E che nemmeno troppo tangenzialmente riesce a parlare anche del valore della differenza e dell’individualità, senza nemmeno tralasciare accenni mai banali ai primi turbamenti legati alla sessualità. Oskar ed Eli, in apparenza diversi fino all’inverosimile, sono invece assai simili: tanto da capirlo e confessarselo. Sono uguali nella loro solitudine, nel loro essere outsider, nella (diversa) sofferenza che si portano appresso. Alfredson dimostra una sensibilità non comune nella descrizione della psicologia dei suoi due giovani (e bravissimi) protagonisti e del loro rapporto, riuscendo persino a commuovere attraverso piccoli gesti e sguardi di enorme importanza e impatto emotivo. Un impatto silenzioso ma implacabile.

La definizione di horror va strettissima a Lasciami entrare, e allo stesso tempo gli calza a pennello. Gli va stretta perché le scene di tensione o di sangue legate al vampirismo di Eli sono ottime, ma in fondo poche e girate con molta moderazione in quanto a gore ed esplicitazione. Gli v
a stretta perché, in realtà, il film parla di molto altro. E, proprio per questo, gli calza quindi a pennello.






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