La circolare sulle iscrizioni lascia alle
famiglie la scelta del potenziamento
della lingua inglese a danno delle due
ore di un’altra lingua comunitaria (tedesco,
francese, spagnolo) relativamente
alle prossime iscrizioni al primo
anno della secondaria di primo
grado.
Con questo decreto infatti, se da un
lato si mette alle strette il compito e il
ruolo del collegio dei docenti all’interno
di ciascuna scuola autonoma, dall’altro
si penalizza l’insegnante di L2
della cui carriera non pare si tenga
conto.
In altri termini, dando ai genitori la
facoltà di scelta tra 5 ore di inglese
oppure 3 di inglese più 2 ore di una seconda
lingua, si demanda alla scuola il
compito di darsi un progetto linguistico
al suo interno, nel senso che spetterà
al collegio dei docenti stabilire se
le cattedre di L2 debbano essere ballerine,
cioè basate sul bradisismo delle
scelte annuali, oppure inamovibili secondo
una architettura coerente di offerta
didattica collegialmente stabilita.
Gli insegnanti dunque dovrebbero,
prima del termine delle iscrizioni e in
modo definitivo, deliberare cosa intendono
fare delle lingue stranere: se
accogliere tutte le richieste oppure
una parte, relativamente al solo insegnamento
dell’inglese, o l’insegnamento
delle tre ore di inglese più le
due ore della seconda lingua, non
scordando, nello stesso tempo, di scegliere
quale seconda lingua straniera
proporre, visto che anche il portoghese
o il finlandese o perfino il polacco
sono lingue comunitarie.
In termini teorici appare una operazione
abbastanza semplice, ma nella
prassi di ciascuna scuola questo tipo di
delibera è la miccia più sensibile per
fare scoppiare malumori e diffidenze.
Infatti di fronte a tale dilemma, e visto
pure il pressing delle famiglie, ci sarà
sempre qualche docente che, sbandierando
la libertà di scelta, soffierà
sullo spauracchio della diserzioni dell’utenza
verso altre scuole più liberali,
mentre i docenti di L2 si sentiranno
in grande disagio per le paventate
conseguenze. In tempi di penuria di
iscrizioni ogni stratagemma è buono
per allettare clienti, per cui ingessare
l’offerta formativa seconda un progetto
linguistico condiviso dai docenti a
molti apparirebbe limitativo e quindi
rischioso per attirare e aumentare il
numero degli alunni. Il pericolo è allora
quello che si possa aprire in ciascuna
scuola un conflitto interno poco
gradevole.
Da qui la giusta protesta dei docenti
di seconda lingua straniera che si sarebbero
invece aspettato da parte del
ministero più certezze in ordine proprio
all’obbligatorietà di un’altra lingua
differente dall’inglese e introdotta
magari proporzionale al numero
delle classi. Se si riflette bene, mentre
tutte le altre discipline (lettere, latino,
matematica ecc.) sono obbligatorie e
nessuno può derogarne la scelta, per le
lingue straniere invece bisogna assistere
a questa danza bizzarra per cui la
cattedra, e quindi la stabilità morale e
politica del docente, dipende dalle bizze
del momento o dalle mode, per cui
se oggi va di moda lo spagnolo si accenderanno
mille cattedre madrilene
e se domani balzerà alle cronache il tedesco
si spegneranno quelle per accedere
Berlino, sempre che non spunti
Bucarest, mentre la scuola diventa una
sorta di stazione di smistamento annuale
di insegnanti di lingue seconde.
A rifletterci un poco ci sembra singolare
e ingiusto che questi docenti, da
anni impegnati nell’insegnamento
della lingua straniera 2, attendere nel
banchetto le scelte dei clienti; ma ci dà
pure l’idea della distanza del ministero
nei confronti di questi professori
che non vengono presi in considerazione
perché bisogna rendere omaggio
alla ragion di stato che stride però
con lo stato di ragione.
PASQUALE ALMIRANTE (da www.lasicilia.it)