LA FIGURA DI FEDERICO II, PRECURSORE DELLA MODERNITA'
Data: Mercoledì, 21 gennaio 2009 ore 00:05:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


Imperatore del Sacro Romano Impero, re della Germania, re della Sicilia, re di Gerusalemme, Federico II è stato (ed è) un personaggio controverso, amato, odiato e ancor più temuto dai suoi contemporanei. Novello Messia, Redentore, Principe della pace e di contro Anticristo, persecutore della Chiesa, eretico, è stato senza dubbio "una figura fuori del comune" (J. Le Goff), di eccezionale levatura intellettuale e mentale, accorto nel suscitare ammirazione e stupore con comportamenti magnanimi, cortei spettacolari di dignitari sfolgoranti, animali esotici, poeti, musici, ballerine, giullari o trionfi nello stile di quelli romani.

Ancor oggi i giudizi sono contrastanti: "il primo uomo moderno sul trono" (J. Burckhardt), "il battistrada del Rinascimento" (F. Kampers), "l'illuminista" (E. Kantorowicz) ma anche "un conservatore incallito", "un uomo del XII secolo più che del XIII" (D. Abulafia).

 

Il mosaico dei domini

A ventisei anni, nel 1220, dopo una rapida e neppure tanto cruenta ascesa, Federico II è incoronato imperatore a Roma. I territori su cui governa a vario titolo vanno dal Mediterraneo al Mare del Nord.

L'impero è costituito da due singoli regni, il Regno di Germania e quello d'Italia, sul quale il potere imperiale è assai scarso. Ciascuno di essi comprende numerosi organismi autonomi: il Regno di Borgogna, i ducati di Boemia, di Sassonia, di Baviera, d'Austria, di Lorena, di Slesia. Nell'Italia centro-settentrionale, oltre agli organismi comunali con ampie autonomie, ci sono vari marchesati, patriarcati e vescovati, Repubbliche marinare come Pisa e Genova e la Repubblica di Venezia, del tutto indipendente.

Quanto al Regno di Sicilia, formalmente vassallo di Roma ed eredità normanna della madre Costanza d'Altavilla, è una monarchia dalla profonda polivalenza etnica e culturale.

La nuova e vivace realtà di molte città tedesche e italiane, le vecchie e solide realtà della aristocrazia e dei vescovi, i numerosi e variegati particolarismi, nonché la grande estensione dei domini ne rendono impossibile una gestione uniforme.

 

Il Regno di Sicilia

Nei trenta anni di regno (1220-1250), nonostante le guerre pressoché permanenti al Nord e quel "pellegrinaggio armato" in Terra Santa che gli procura la sua quarta corona di re di Gerusalemme, Federico II pone al centro del suo progetto politico la Sicilia e ne fa uno stato modello, politicamente ed economicamente accentrato.

In campo giuridico e amministrativo tutte le funzioni vengono esercitate dal re per mezzo di una organizzazione burocratica centrale, alle sue dipendenze. In campo economico vengono introdotti monopoli sul sale, sulla seta, sul ferro e sul grano; abolite le dogane interne; unificati pesi e misure; costruita una flotta; coniate monete d'oro. Alcuni interventi hanno poi il respiro dei grandi progetti, come l'istituzione dell'Università di Napoli per formare i funzionari, i giudici, i collaboratori necessari alla centralizzazione del potere; o la promulgazione, in quell'età dominata da una dimensione rinnovata del diritto, di un corpo organico di leggi, dal carattere eclettico ma che si ispirano esplicitamente al diritto romano; o la costruzione di un sistema di castelli, fortilizi e rocche per garantire il pieno controllo del territorio; o la promozione di una corte, itinerante e cosmopolita, di astronomi, giuristi, filosofi, poeti, matematici, aperta ai più vari influssi, sostenuta da una biblioteca plurilingue senza eguali in Europa, centro di una politica culturale slegata dall'istituzione ecclesiastica.

La realtà della Sicilia e la volontà imperiale di egemonia sulla penisola preoccupano sia i Comuni dell'Italia centro-settentrionale che il Papato.

 

Il conflitto con l'altra potestà universale

Impero e Papato, in modo speculare e inconciliabile, si dichiarano entrambi poteri universali, investiti direttamente da Dio e incaricati di tutelare la vita religiosa e civile degli uomini.

Fra XII e XIII secolo, la Chiesa, nella linea del Dictatus papae, ribadisce con forza il primato dell'autorità papale, riaprendo lo scontro con un imperatore come Federico II, che ha un'idea forte dell'origine sacra del suo potere.

Il conflitto trae origine anche dalla tenace volontà della Chiesa di consolidare la propria eredità temporale, incentrata sul patrimonio di S. Pietro, e dalla conseguente ostilità papale all'unificazione della corona imperiale con quella di Sicilia. Saldare una parte consistente dell'Italia all'Impero significa infatti accerchiare i domini pontifici e modificare profondamente gli equilibri politici.

Negli anni di Innocenzo III (1198-1214), il tutore di Federico-re bambino di Sicilia, strenuo sostenitore della supremazia papale, verus imperator durante lo scisma imperiale (1198-1214) e in quelli di Onorio III (1216-1227), il conflitto è una pace armata. Le sleali manovre, le diffidenze, gli intrighi e gli scontri diplomatici di sempre si trasformano in guerra aperta con Gregorio IX (1227-1241), che nel 1227 e di nuovo nel 1239 scomunica Federico, apocalitticamente definito "la bestia che sale dal mare, con la bocca piena di blasfemia." Innocenzo IV (1243-1254) poi, forse il più acerrimo nemico dell'imperatore, scomunica e depone (1245) il "servitore dell'Anticristo," trasformando le ambizioni del Dictatus papae in un principio politico.

 

Il conflitto con i Comuni italiani

Il conflitto dottrinale e politico che oppone Federico al Papato si intreccia a quello con i Comuni che, centri economici e culturali già pienamente sviluppati, hanno maturato, dopo la pace di Costanza (1183), ordinamenti costituzionali volti a consolidare e a garantire le libertà conquistate.

Nella prima metà del XIII secolo, la vita comunale è vivace e complessa per le nuove forze politiche ed economiche in gara sfrenata per il dominio della città. Ai contrasti di famiglie, di consorterie e di quartieri, che si consumano all'interno delle mura, si aggiungono le tendenze espansionistiche che danno origine a interminabili guerre fra città e città, ai primi tentativi di signoria, ad alleanze mutevoli e opportunistiche. Città e signori, salvo alcune eccezioni come Cremona o Ezzelino da Romano, fedelissimi all'Impero, o dall'altro lato Milano, da sempre nemica, sono pronti in ogni momento a cambiare alleati.

Lo scontro inizia nel 1212, quando Federico, in viaggio verso la corona imperiale, è ostacolato da Piacenza e Milano; raggiunge il culmine negli anni della clamorosa vittoria di Cortenuova (1237), quando gli imperiali sottraggono alle truppe milanesi e ai loro alleati il Carroccio, simbolo della identità cittadina e segno delle rivendicazioni di libertates; termina nel 1248, quando Federico subisce la sconfitta forse più grave e appariscente a Parma, due anni prima di morire.

 

 

Fra potestà universali e poteri locali

Le città italiane non sono state piegate; la deposizione papale ha reso operativa l'idea del primato del Sacerdozio sul Regno. Il rapporto di tutela e di ingerenza che il potere temporale aveva esercitato nei confronti della Chiesa si è consumato e i termini del rapporto si sono rovesciati.

L'impossibilità di restaurare l'autorità imperiale sulla penisola mostra il fallimento del progetto federiciano e la crisi della stessa idea imperiale.

Il sistema feudale è ancora la struttura portante del potere ma non ne è più l'unica forma. In Italia e in Europa sono compresenti e si fronteggiano varie forme di potere e di istituzioni: l'organizzazione feudale, i poteri universali del Papato e dell'Impero, i primi nuclei di stati monarchici (in Francia, in Inghilterra, in Spagna), che avviano allo stato moderno, e i Comuni italiani. Ciascuna struttura di potere che viene definendosi determina la creazione di istituzioni giuridiche, amministrative di vario genere e l'elaborazione di dottrine che ne giustifichino l'autorità e il diritto a governare.

Il tempo di Federico dunque, ancor prima di Federico, è medioevale e anche già un po' moderno.

 

 







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