ASCOLTIAMO LA VOCE DEI SISSINI …
Data: Venerdì, 29 agosto 2003 ore 13:13:10 CEST
Argomento: Opinioni


ASCOLTIAMO LA VOCE DEI SISSINI 

 

Ecco la voce di un’insegnante sissina che ha voluto spiegarci le sue ragioni.Ascoltiamola….prof.ssa Silvana La Porta

 

 

 

 

 

Conoscete tutti la mia posizione sulle SISS.Per me la loro istituzione è  eticamente discutibile. Ma il dovere di una giornalista che si rispetti, oltre a quello di esprimere cortesemente la sua opinione, è anche quello di offrire un’informazione quanto più corretta ed esaustiva possibile. Perciò ho deciso di ascoltare la voce di una collega sissina emiliana, perché solo così, forse, potremo avere tutti un’idea chiara, a 360 gradi, dell’attuale situazione del precariato della scuola. 

 

 

 D:   Professoressa, ci racconti brevemente la sua carriera.

 

R: Brevemente sarà difficile!!! La mia carriera scolastica inizia nel 1999 (sebbene possedessi la laurea  dal 1994 ): dal 1995 – anno in cui mi inclusi in graduatoria a Como (come non abilitata) – sono passati molti anni senza nessuna chiamata. Dopo aver girovagato tra primario, secondario, terziario e terziario avanzato, ho deciso di darmi un’ opportunità come insegnante (era in fondo il mio desiderio da sempre) e l’unica possibilità mi è stata offerta dal Liceo Italiano “Leonardo da Vinci” – legalmente riconosciuto – a Bogotà, in Colombia. Poco prima della mia partenza era uscito il bando del “concorsone” e, appositamente, tornai dalla Colombia per sostenere la prova scritta a Vicenza. Trovai una pagina di Svevo che era inserita nella mia tesi (e il cui contenuto era parte fondamentale del mio stesso lavoro) e mi sembrò una vera fortuna. Purtroppo al mio correttore non piacque. Quando chiesi di visionare una copia del mio elaborato corretto vidi segnate: alcune citazioni (sebbene corredate da precisi riferimenti), la parola “fenomenologia”, utilizzata nell’espressione “fenomenologia degli stili narrativi”(?), alcune altre parole (inserite nei più aggiornati dizionari) ed alcuni termini specifici della narratologia (anche questi inclusi da anni nei dizionari ed in qualsiasi buon libro di testo per i Licei). Risultato: 24 punti (non ammessa all’orale) per difficoltà ortografiche (?!). Valutai con un sindacato (la CGIL) la possibilità di un ricorso, ma venni distrattamente “scoraggiata” (mi si disse che le possibilità di successo erano assolutamente esigue e che il procedimento sarebbe stato molto costoso). Inizialmente pensai che, dopo la Colombia, avrei, molto semplicemente, chiuso il capitolo scuola. Ma, e in questo molti insegnanti converranno con me, se ci si innamora della scuola è poi impossibile dimenticarla. Per questo tornai in Italia e entrai nella SSIS dopo aver superato la selezione per le classi A043 e A050. Intanto arrivò un lungo incarico, quasi annuale, ad Imola. Bologna - Imola non è il massimo della scomodità, appena una quarantina di Km con tanto di autostrada, se non fosse che nel primo pomeriggio dovevo essere all’università e – conciliare il fatto di coordinare una III media e seguire lezioni, sostenere esami e naturalmente preparare le mie lezioni fu “acrobatico”. Poi il secondo anno SSIS e un’altra supplenza, questa volta nel regno delle nebbie perenni, in una piccola scuola al confine con la provincia di Ferrara.  Peccato che proprio alla fine della SSIS (il giorno dopo dello scritto) il TAR ci abbia avvertito che potevamo anche non insegnare durante la stessa SSIS, perché quel punteggio non sarebbe valso.. A seguito di questa sentenza del TAR il punteggio viene corretto (mi tolgono 20 punti) e poi ricorretto (ne tolgono altri 4), ma sono riuscita comunque ad ottenere e mantenere una supplenza a Castiglion Dei Pepoli: 53 Km in salita (crinale appenninico, praticamente con tutti i disagi da neve per il periodo invernale in cui l’orario dell’alzataccia, già proibitivo, è stato ulteriormente anticipato di un’ora). Ma non mi lamento di nulla, anzi, vorrei tornare proprio lassù, dove ho lasciato una seconda media che vorrei accompagnare in terza. A parte la Colombia, il mio percorso non è stato così diverso da quello di tanti colleghi.

 

D: Lei, dunque, è una sissina. Lei sa bene che oggi nel mondo della scuola  sissino è sinonimo di furbastro e ladro di lavoro. Come ribatte a tali accuse?

 

R: Io sono convinta che l’orribile fama delle SISS dipenda dal fatto che spesso sono state diffuse notizie false e diffamatorie. I sissini oggi sono circondati da un vero e proprio fumus persecutionis.Diciamo che si va da vere falsità (il TG 5 del 30 luglio: “la SSIS è un percorso di 180 ore”) a notizie imprecise o parziali (che producono comunque distorsioni pesanti): questo accade quando la questione si pone nei termini “a voi 30 a noi neppure 18” senza precisare che dai 30 punti sono stati decurtati fino ad un massimo di 24 punti (per me il bonus reale è stato di 6); quando si presentano i sissini come, per lo più, appena ventenni senza esperienza (cfr. lettera a “La Repubblica” del 19.07. 03 della signora Lattanzio). È’ evidente che ciò è anche matematicamente impossibile e poi le assicuro che, per il primo e secondo ciclo SSIS in particolare, la media fosse più di 35 che non di 25 anni, e in moltissimi casi si trattava di gente con esperienza scolastica, oltre mariti e figli in comune con gli altri precari.

 

D: Eppure è vero che molti precari con notevole anzianità di servizio sono stati scavalcati dai sissini…

 

R:  La cosa più grave, soprattutto, mi pare sia stata quella di parlare di precari con 6 o 10 anni di servizio scavalcati dai sissini neolaureati o neoabilitati: i giornalisti, naturalmente abboccano e portano “a casa” (tanto più se si può ornare il tutto con quadretti alla De Amicis), ma nessuno di questi precari si preoccupa di precisare che il servizio di cui parlano è non specifico (ed è stato annullato da una normativa che con la SSIS non ha a che fare: come avrà notato io stessa ho perso l’anno di Bogotà) perché altrimenti non sarebbero stati superati proprio da nessuno. E poi continue diffamazioni sulla professionalità (nel forum dei MIIP si arriva a dire che anche un demente avrebbe potuto fare un buon esame finale) senza che medesimi dubbi si avanzino, per esempio, su un “riservista” che ha avuto accesso ad un’abilitazione attraverso una strada preferenziale guadagnata con 365 giorni di servizio (e la sua alta professionalità, perché dovrebbe essere più garantita delle nostra?Per ottenere supplenze senza abilitazione non si affronta nessun test). Oppure si citano casi limite della SSIS, che saranno pur veri, ma sarebbe come dire che tutti quelli del concorso ordinario hanno copiato allo scritto o erano raccomandati per l’orale (cosa che sappiamo non vera per quanto isolatamente accaduta).

 

D: E il costo elevato dei corsi SISS?

 

R: Beh, il problema del costo: so che le diverse SSIS si sono date differenti “tariffe” ma, per esempio, a Bologna il prezzo è stato di 2 milioni e mezzo per annualità: per carità soldi che sarebbe stato piacevole non spendere… ma è una cifra che attraverso rinunce ed economie (e lavori estivi) si può mettere insieme e che comunque rientra nella media dei costi di corsi universitari (comunque questo anno senza SSIS non credo di aver speso meno per l’autoaggiornamento, per i libri e riviste videocassette o cd-rom di vario tipo per migliorare il mio lavoro o per aggiornarmi a livello telematico ed informatico).

 

D: Vuole parlarci allora più dettagliatamente delle SISS? Come si svolgono i corsi? Durano davvero due anni, o, come dicono molti, sono in realtà annuali?

 

R: Il mio corso (a Bologna) è stato assolutamente biennale (per molti versi simile alla scansione dei tempi delle università). Le lezioni si sono svolte su più pomeriggi settimanali (da noi 4 o 5 per settimana per 3 o 4 ore effettive per ogni pomeriggio, a seconda dei diversi periodi). La frequenza è stata obbligatoria e i professori più rigorosi sono arrivati a fare più appelli durante le lezioni (anche se non tutti sono stati così rigorosi). Non ci sono stati fatti sconti (per motivi di lavoro, di salute): il regolamento prevede un 30% di assenze nel quale molti di noi hanno fatto in modo di far rientrare i consigli, i collegi, i colloqui con i genitori e, quando avanzava tempo, le malattie: in alcuni casi abbiamo dovuto ignorare proprio quelle, per non perdere la frequenza e quindi l’accesso all’esame. Gli esami sono stati in parte scritti (talvolta test, per lo più a risposta aperta, più spesso elaborazione di progetti o tesine da, poi, discutere con il professore) a volte orali (seconda la prassi dei corsi universitari umanistici). Il tirocinio è stato di 300 ore, si è svolto sotto la supervisione di un tutor (l’insegnante della classe su cui si effettuava il tirocinio), di un supervisore (un insegnante dell’ordine scolastico specifico che collabora con le SSIS) e di un relatore universitario. Il tirocinio è stato per una parte di osservazione (cosa molto più utile di quello che non si possa credere: noi insegnati abbiamo poche occasione di osservare altri insegnanti magari più esperti) in parte operativo (un’unità didattica concretamente realizzata in aula, in tutte le sue fasi, fino alla verifica). A ciò ha fatto seguito una tesi di specializzazione (momento che ci ha permesso di ri-coniugare ricerca e prassi scolastica: questo l’esperienza da sola, soprattutto quella dei primi anni, in cui ancora si vive sull’emergenza, non me lo aveva veramente dato). E quindi l’esame finale: una prova scritta in cui, con il solo uso del dizionario, ci veniva chiesto di svolgere un’unità didattica su un titolo estratto (con la possibilità di scegliere tra italiano, storia e geografia). Le “tracce” erano impegnative e, in più, veniva dato molto peso alla capacità di dimostrare conoscenze adeguate coniugate a competenze specifiche di un certo spessore (è stata fatta molta attenzione, in sede di correzione, alla capacità di tarare il progetto sullo specifico grado scolare, alle risorse metodologiche messe in campo e alla sicurezza nel tenere presenti tutti gli aspetti di un percorso didattico e formativo). Allo scritto ha fatto seguito un orale consistente in una discussione della tesi e una problematizzazione (ed un approfondimento) di quanto prodotto nello scritto. I commissari erano inoltre autorizzati a fare qualsiasi tipo di domanda (anche se in genere hanno approfondito tesi e unità elaborata nello scritto). Non sono mancati alcuni respinti.

 

D: Lei crede che il bonus di 30 punti sia motivato? Perché i vincitori, per esempio, del concorso ordinario non dovrebbero usufruirne?

 

R: Con questa domanda mi porta fuori dall’ambito in cui, finora, ho circoscritto i miei interventi nelle mie numerose e quotidiane lettere di replica agli articoli giornalistici. Il mio impegno, infatti, come lei avrà ben capito, è stato tutto volto alla ricostruzione di un’immagine della SSIS più prossima al vero e più obiettiva (e sono intervenuta spinta da una vera e propria campagna diffamatoria che va avanti da tutta l’estate).

Non voglio esimermi dal rispondere, ma qui lo faccio a titolo strettamente personale e sapendo che il mio parere non è condiviso da una buona parte dei partecipanti alle SISS (seppure non manchino altre persone, con una storia molto simile alla mia, che condividono queste posizioni).

Ci sarebbe la questione del doppio canale, ma non voglio nascondermici dietro.  Personalmente trovo questo bonus eccessivo, non tanto perché non sia attribuibile ad un corso di specializzazione  mirato alla costruzione di una professionalità complessa, ma proprio perché esso genera discriminazione nei confronti degli altri abilitati e degli ordinaristi in particolare. Ma, dopo la sentenza TAR dello scorso anno, il bonus di trenta punti non esiste: esiste un legittimo – ed adeguato – bonus di 6 punti (pari a 2 mesi e 16 giorni di supplenza). Ma dirò di più: molti “sisso-precari” (sissini con servizio) avevano trovato nella tabella di valutazione dello scorso aprile un accettabile riequilibrio nei 18 punti e avrebbero ben volentieri optato per i 18 più servizio rinunciando ai 30 della SSIS. Siamo scesi in campo e abbiamo aderito al ricorso contro i 18 punti quando, su pressione del C.N.P.I, è stata negata alla SSIS specifica la possibilità di fare quest’opzione ovvero la possibilità di fruire di un identico trattamento rispetto agli altri. Il mio bonus sarebbe stato di meno dodici (30 –24= 6; 6-18= -12). Potevo – potevamo – non fare le nostre rimostranze? Qualche sindacato si è accorto della nostra assurda posizione (penalizzati addirittura rispetto ai nostri colleghi senza servizio e anche alle SSIS corrispondenti – ovvero non specifiche – che potevano sia accedere ai 18 punti che mantenere il servizio!!!).

Concludendo: prima delle sentenza dello scorso anno, quella che ha cancellato il punteggio di servizio, ho sempre sostenuto che fosse necessaria una riduzione del bonus (proprio perché consapevole della disparità di trattamento rispetto agli altri abilitati). Quella sentenza, voluta dai sindacati oltre che dai precari, ha chiuso la porta (a mio avviso) a questa soluzione: il bonus di 6 per il percorso biennale mi pare più che legittimo (e in casi come il mio di bonus di 6 punti si è trattato). E, se mi si dice che non tutti i sissini avrebbero prestato due anni di servizio  durante la SSIS, non posso che replicare che non ho voluto io la sentenza del TAR che interpretasse il biennio SSIS come equivalente a 24 (per i due anni) + 6 (per la specializzazione). E’ stato molto grave, lo scorso anno, gioire su questa falsa vittoria (da parte di sindacati e precari) e aver sostenuto la battaglia sbagliata.

 

D: Come commenta la differente valutazione dell’abilitazione per i precari riservisti e i sissini?

 

R: Valgono molte delle osservazioni fatte sopra, anche se, personalmente, non approvo la logica (tipo “sanatoria”) dei corsi concorso: aver maturato 365 giorni, piuttosto che 350 o 340 non mi pare che sia un gran merito (piuttosto una grande fortuna) e mi è sembrato abbastanza scandaloso che il servizio potesse essere fatto valere addirittura per prendere l’abilitazione su altre classi di concorso e su altri ordini di scuola (mentre, in maniera assolutamente incoerente, nello stesso tempo, si negava anche il riconoscimento di metà punteggio al servizio non specifico). Per quello che mi risulta il corso abilitante era di 3 mesi e la selezione esercitata è stata molto limitata. Ciò non toglie che sia perfettamente consapevole del fatto che chi ha scelto il corso concorso ha, in buona fede, aderito ad una proposta di abilitazione legalmente offerta dal ministero (e non sapeva, preliminarmente, la disparità di trattamento che avrebbe subito rispetto alle SSIS). Che questo canale faccia accedere ad un punteggio inferiore non mi pare sbagliato (dato che il servizio che dà accesso al corso ha una doppia valutazione: di servizio e di titolo per accedere al corso) e, comunque, credo che la posizione di questi precari risulti troppo svantaggiata solo perché a queste persone è stato sottratto il punteggio non specifico (retroattivamente).

 

 

 

 

D:  Quale pensa possa essere, infine, la soluzione più giusta alla scottante questione?

 

R: A titolo assolutamente personale (ho contro, in questa mia posizione, tutti i precari e una bella fetta di sissini), penso che bisognerebbe: ridurre il bonus dei sissini (con un provvedimento tipo quello dei 18 punti), restituendo il punteggio di servizio contemporaneo; ripristinare (per tutti) il punteggio di servizio non specifico maturato prima che la legge che lo annullava andasse in porto. Alla SSIS continuerei  ad attribuire un bonus speciale, seppure chiedendo al ministero di vigilare su  un’ omogeneizzazione delle varie SSIS (quanto a costi, modalità di selezione, di esame finale), nonché un innalzamento della qualità dei corso (magari aumentando un po’ le ore di tirocinio e lo spazio delle attività laboratoriali, le sperimentazione di percorsi, le analisi di sperimentazioni realmente realizzate).  Per fare tutto questo sarebbe necessario ridurre il peso dei docenti universitari in favore di docenti provenienti dalla stesse scuole con curricula lunghi, non solo per servizio, ma per esperienze di particolare pregio nella sperimentazione didattica.

 

D: Voglio farle un’ultima domanda: perché sono state istituite le SISS con tali modalità di svolgimento? Perchè non sono state istituite per tutti indistintamente, visto che da anni non venivano banditi i concorsi?

 

R: Non so perché non siano istituite indistintamente per tutti e credo questo sia stato il padre dei successivi errori. Oppure si potevano lasciare più canali abilitanti dicendo, però, chiaramente, quale sarebbe stato il peso, in termini di punteggio, di ognuna. Tuttavia in una SSIS, sicuramente da perfezionare, vedo un percorso positivamente alternativo alla logica dei concorsi, ancora troppo centrata sui contenuti (sebbene il concorsone del 1999 abbia introdotto piccoli, a mio avviso insufficienti, spazi per la didattica). Ritengo che un insegnante preparato, infatti, debba avere qualcosa di più (di più specifico) rispetto ad un bravo ricercatore e le SSIS mi sono sembrate un primo tentativo di cercare questo qualcosa. Credo enormemente, infine, nel valore delle esperienze di tirocinio, quando sono portate avanti con serietà, mentre, per osservazione diretta, non prenderei neppure in considerazione l’anno di prova che viene effettuato dopo l’immissione in ruolo… ma questo è altro discorso e ci porterebbe lontano…

 

 

                                     Silvana La Porta

 







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