Sfogliando Marguerite ........
Data: Venerd́, 09 gennaio 2009 ore 16:41:44 CET
Argomento: Rassegna stampa


Nell'ultima parte del romanzo, "Patientia", emerge un forte senso malinconico, legato alla situazione di Adriano, che dovendo affrontare la morte quasi si rassegna al suicidio ma vedendo le persone fedeli che gli stanno vicine accetta la fine da uomo e da imperatore.
In questa edizione è presente anche i "Taccuini di appunti" dove la scrittrice ci presenta momenti di autobiografia, dubbi, incertezze, pensieri avuti durante la lavorazione del libro che l'ha portata al successo.M .Allo

Marguerite de Crayencour è una donna fredda e distaccata dell’alta borghesia belga di cultura francese; il suo alter ego Marguerite Yourcenar porta in sé l’archetipo del viaggio di conoscenza, della passione che non scende a compromessi. La scrittrice che si fa tutt’uno col personaggio, lo insegue e lo perseguita, lo inchioda ad una perfezione filologica che lo rende splendido. Adriano è bello perché è vero, e Zenone è splendido perché è falso ma è trattato come se fosse realmente esistito, alla stregua dell’imperatore. Non un errore, una distrazione, una svista; nessuna superficialità, niente di artificiale.
Marguerite Yourcenar, nasce nel 1903 a Bruxelles da padre francese e da madre di origine belga, con il nome di Marguerite de Crayencour.
La madre, dieci giorni dopo il parto, muore di febbre puerperale. Dopo la prima infanzia trascorsa nella regione d'origine del padre, nel 1912 Marguerite si stabilisce a Parigi. Alle prime avvisaglie della guerra, padre e figlia si imbarcano per l'Inghilterra. Dal 1915 al 1922 Marguerite studia l'inglese, l'italiano e le lingue classiche, si appassiona al teatro e all'arte, vive a Londra, a Parigi e nel sud della Francia.
Dopo quella data, comincia a viaggiare in Italia e, nel 1922, è testimone della marcia su Roma (ricordo rielaborato successivamente in Moneta del sogno). Intelligente e precoce, scrive poesie e lavora a progetti e a una serie di idee che daranno vita, anni dopo, alle sue opere più importanti (Memorie di Adriano, L'opera al nero e la trilogia del Labirinto del mondo).
Viaggiatrice e studiosa instancabile, dopo Roma, visita Vienna, il Belgio, l'Olanda, la Svizzera (dove nel 1929 muore il padre), la Germania e la Grecia, che assorbe i suoi interessi dal 1934 al 1938. Negli studi si impegna nella lettura della storia del XX secolo, dei teorici del socialismo e dell'anarchia, dei filosofi e dei poeti tedeschi e inglesi dell'Ottocento, dei testi indiani e dell'Estremo Oriente. Di questo periodo sono: il primo romanzo Alexis o il trattato della forza vana (1929), lodato dai critici, Fuochi (1936), le traduzioni di Onde di Virginia Woolf (che aveva conosciuto nel 1937), di Ciò che sapeva Masie di Henry James, delle liriche di Kavafis e di Pindaro, i saggi su alcune località della Grecia, la raccolta Novelle orientali (1938).

Confesso che qualche settimana dopo averle lette le Mémoires mi hanno fatto un po’ paura. Dov’era il romanzo? Dov’era l’opera storica? Dov’era la prosa poetica? È impossibile scinderle. E se nelle Memorie di Adriano il substrato è una dimensione storica con dei personaggi realmente esistiti, nell’Opera al Nero i personaggi sono totalmente inventati, pur all’interno di un’ambientazione eccezionalmente realistica. Ho pensato a Borges, forse per vizio; spesso nei suoi racconti ci si perde negli specchi infiniti del paradosso, si smarrisce la distinzione tra il vero e il falso. Le recensioni immaginarie dell’argentino sono palesemente, rumorosamente false, ma alla prima lettura sembrano vere, e anche alla seconda e alla terza, perché Borges si diverte un po’ malignamente a propinarci per vero il falso, e sa farlo con tanta nonchalance da ingannarci sistematicamente - e del resto noi siamo ben felici e disposti a lasciarci ingannare -; dalla parte della scrittrice belga manca certamente il ghigno porteño che gioca con il falso, ma il gusto della finzione totale, del verosimile che supera il realismo, è il medesimo.

Amore per il realismo, dunque, che si fa totale adesione alla causa; ma da una parte (quella di Borges) la verosimiglianza diventa strumento di sottile e spaventoso inganno, dall’altra (quella della Yourcenar) diventa il primo motore di una straordinaria ricerca storica, di un capillare lavoro d’analisi su un’immensa cultura per distillarne tutto ciò che un archeologo, uno storico e un filologo deve sapere sulla vita del popolo romano del secondo secolo dopo Cristo. Adriano, voilà, appare nel suo mondo senza la minima smagliatura; e allora viene spontaneo accettare anche i suoi mal di fegato e i suoi starnuti, per quanto non archeologicamente documentati. Del resto, l’autrice aveva dichiarato di voler rifare dall’interno ciò che gli archeologi avevano fatto dall’esterno. Marguerite Yourcenar gioca sul confine sottile tra storia e finzione, tra ricordo e trasfigurazione, fino all’ultimo; nel suo romanzo più imponente, Care Memorie, capovolge la situazione delle Memorie di Adriano e dell’Opera al Nero; non si tratta più di rendere storicamente verosimile l’invenzione, ma di rendere romanzescamente artificiale la storia. In questo immenso romanzo la scrittrice belga ripercorre le vicende della sua famiglia e dei suoi antenati calandoli nel contesto storico a loro proprio, e così facendo tesse l’arazzo della storia fiamminga dal Cinquecento ai suoi giorni, creando un’opera che è al tempo stesso storica e autobiografica, e mantenendo sempre il paradosso, anziché il legame puro e semplice, tra storia e biografia, tra invenzione e ricordo, che a mio parere la contraddistingue.Si spense, come il personaggio del suo Memorie di Adriano, con gli occhi aperti, quegli occhi blu trasparenti e carichi di attesa che avevano reso commovente il suo viso di bambina privilegiata e di ragazza altera: e che nella fitta rete delle rughe del suo viso stanco avevano dato uno splendore ironico e allarmante alla sua vecchiaia quando a 18 anni aveva deciso del suo destino: sarebbe stata una scrittrice, "sino al momento in cui la penna mi cadrà di mano"; anzi una grande, venerata, meravigliosa scrittrice, degna dell'eternità. Oggi il fascino di Marguerite Yourcenar sta anche in questa ferma certezza, così poco femminile, del suo alto valore anche postumo, oltre il suo tempo: "Con una finta sollecitudine che non era esente da un'ironia del suo stampo, si è dunque continuamente mostrata preoccupata di 'aiutare' i suoi biografi", scrive Josyane Savigneau nella bella biografia della scrittrice intitolata, con intelligenza, L'invenzione di una vita, e pubblicata da Einaudi. "Così ha conservato la copia di ogni suo messaggio o lettera a corrispondenti più o meno vicini. Li archiviava, come, del resto, la quasi totalità della corrispondenza che riceveva". Certa dell'immortalità letteraria, la vecchia signora ha depositato all'Università di Harvard la parte più consistente dei suoi archivi, che potranno essere consultati solo dal 2037, cinquant'anni dopo la sua morte.







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