MARIA ATTANASIO
Data: Giovedì, 08 gennaio 2009 ore 09:45:09 CET
Argomento: Rassegna stampa


Come romanziere pubblica nel 1994, Correva l'anno 1698 e nella città avvenne un fatto memorabile e prosegue con la sua produzione di romanzi di matrice storica. I suoi testi sono un intreccio di realtà e fantasia, gli eventi analizzati in modo oggettivo, i suoi personaggi posti spesso ribelli nei confronti di un destino ed una società ingiusti e il tutto è concluso da un’ impronta di speranza, in cui assume importante posizione di rilievo il fato. Il suo ultimo lavoro, così come fecero tanti prima d lei, si ispira ad un romanzo del passato di Edmondo de Amicis: è infatti da Cuore che trova ispirazione l’ultimo racconto della Attanasio, che prende il titolo “Dall’Atlante agli Appennini”.

S.Santarosa così scrive:

"La malattia, scriveva Eraclito, rende piacevole e buona la salute, la fame la sazietà, la fatica il riposo. Una verità tanto lapalissiana quanto assurdamente disattesa quando non riguarda più noi, in prima persona, ma gli altri. Eppure leggere negli occhi degli italiani, popolo di migranti fino al più recente passato, la paura per i nuovi immigrati, il rifiuto del diverso, il timore dell’espropriazione, fa un effetto straniante.

La casa editrice Orecchio Acerbo non ci sta e, in occasione dell’Anno Europeo del Dialogo Interculturale, prende posizione con le parole e le illustrazioni degli autori che sceglie di pubblicare. Dà il suo contributo a costruire ponti, a formare e stuzzicare la coscienza civile di piccoli e grandi. E dopo L’isola. Una storia di tutti i giorni (Orecchio Acerbo, pp. 36, euro 16), l’albo illustrato di Armin Greder, arriva sugli scaffali delle librerie il racconto per ragazzi Dall’Atlante agli Appennini (pp. 112, euro 14) di Maria Attanasio. «La xenofobia è diventata internazionale» dice l’autore svizzero naturalizzato australiano, «una globalizzazione di paura e odio». E il suo libro, forte delle illustrazioni a carboncino dure e scarne, racconta proprio questo: l’inquietudine che nasce dall’incontro con lo straniero e la scelta di rifiutarlo, di erigere muri per proteggersi. Anche da quei viaggi della dignità e della sopravvivenza che spingono tante persone a lasciare la propria casa alla ricerca di un futuro diverso.

O, come nel caso della storia raccontata dalla scrittrice siciliana, della madre badante di cui Youssef non ha più notizie. Il flusso di lettere e notizie si interrompe e dopo un anno e mezzo di silenzio il ragazzo decide di lasciare il suo Marocco alla volta dell’Italia. Affronterà la morte di Fouad, l’amico d’infanzia con il quale aveva condiviso i sogni e le speranze della partenza, le difficoltà del viaggio, la violenza dei suoi sfruttatori, la paura e la solitudine, lo sradicamento della sua condizione di migrante. Non a caso «più del caldo, della fatica, degli energici scappellotti del responsabile, i cui ordini in italiano all’inizio non capisce, la cosa che più di ogni altra lo disorienta, nella sua nuova vita tra le serre, è la perdita del nome».

Scorrendo le pagine, illustrate dai disegni a carboncino di Francesco Chiacchio, torna alla mente un’altra avventura, quella di Marco, il piccolo genovese che emigra in Argentina, protagonista di Dagli Appennini alle Ande, il più famoso dei “racconti mensili” del libro Cuore di Edmondo De Amicis di cui ricorre peraltro il centenario della scomparsa (1846-1908). Un parallelismo reso esplicito dalla stessa autrice con evidenti riferimenti (come non notare via D’Amicis, l’indirizzo dell’uomo che Youssef va a cercare a Bologna?). E forse l’intenzione è proprio quella di ristabilire la giusta distanza tra noi e loro. Perché possono cambiare le mete e i protagonisti, il colore della pelle e la lingua parlata, ma in fondo emigrare significa sempre la stessa cosa. Non ci resta allora che ricordare e tramandare «perché la vita è raglio d’asino senza il cunto che fa la conoscenza». Youssef avrà successo. Riabbraccerà la madre e comincerà una nuova vita. Non tutti saranno così fortunati. E se il cantastorie cieco Sidi Habibi farà finire bene tutti i suoi racconti, lo farà «non per tradire la vita», per edulcorarla, ma «per conforto di speranza; di giustizia realizzata. Che non c’è, ma ci può essere». Se solo smettessimo di alzare barriere. Se solo non dimenticassimo che noi siamo stati quello che loro sono oggi."

Ed ecco come Maria Attanasio, attraverso anche quest’ultimo capolavoro, ci fornisce un ulteriore mezzo per affinare le nostre dimensioni intellettuali: come lei stessa asserisce- la cultura migliora le condizioni dell’intelletto umano, rendendolo così selettivo e migliorando il suo rapporto con la realtà che lo circonda-. Ed è questo uno dei tanti messaggi che l’autrice ha lanciato agli astanti del Liceo Scientifico di Giarre, in data 13 dicembre 2008.L'istituto, infatti, nell'ambito del progetto"Il piacere di leggere", ha avuto il piacere di ospitare Maria Attanasio in Aula magna e l'incontro con l'autrice è stata inaugurato dall’intervento dell’insegnante organizzatrice Marinella Fiume.L'ultima fatica letteraria Dall’Atlante agli Appennini di Maria Attanasio è stato principalmente l'oggetto dell'incontro con conseguente discorso sull’immigrazione .In tale occasione è stata introdotta un power point realizzato da alcuni dei ragazzi partecipanti all’iniziativa. Ha fatto seguito uno spazio dedicato all’interazione tra gli studenti e l’autrice, disponibile al dialogocon il suo giovane pubblico ,previa lettura,ovviamente, del suo ultimo romanzo. La giornata si è conclusa con soddisfazione da parte di tutti i protagonisti dell’evento, un evento difficile da dimenticare per chi ha prestato ascolto alle parole della colta Attanasio e ne ha saputo cogliere il significato più profondo: chi sa, può!
NATASHA PUGLISI







Questo Articolo proviene da AetnaNet
http://www.aetnanet.org

L'URL per questa storia è:
http://www.aetnanet.org/scuola-news-13723.html