PREMIO ALLO SCRITTORE CARLO LUCARELLI IL 'GIUSEPPE FAVA'
Data: Sabato, 03 gennaio 2009 ore 10:25:37 CET
Argomento: Comunicati


Esponente di spicco del nuovo noir anni novanta, Lucarelli ha reinterpretato i moduli della narrativa di genere per indagare le contraddittorie e molteplici realtà della società contemporanea. Ha pubblicato una serie di romanzi e raccolte di racconti, che hanno sempre riscosso un lusinghiero successo di critica e di pubblico.
Si è tanto puntato (anche Carlo Lucarelli in alcune interviste l'ha fatto) sulla straordinarietà di questo nuovo libro, visto come il primo romanzo storico scritto da un celebre autore di gialli contemporanei o di racconti brevi ma sempre legati all'attualità di protagonisti e temi trattati.
Non è così, permettetemi di dissentire, non è questa la vera novità de L'ottava vibrazione. Abbiamo già letto alcune sue storie ambientate nei primi decenni del Novecento, in epoca fascista. Non è la collocazione storica la vera novità. Nè ci stupisce la sua capacità di entrare nei panni di qualcuno che vive le sue esperienze in un altro momento della nostra storia e in un luogo che non sia l'Italia.
La vera novità è che, forse per la prima volta, Carlo Lucarelli si cimenta con un Romanzo con la maiuscola, una di quelle storie che, per il respiro che la caratterizza e per il numero di protagonisti e coprimari, entra nel novero delle grandi narrazioni.

In qualche modo questo è il suo primo romanzo e questa è la sua sfida più difficile. Ha gettato il guanto e il rischio è che qualcuno lo raccolga.
Sinché un autore è contenuto nei limiti del genere (giallo, noir, d'azione come nel suo caso) la sfida è più facile, meno diretta, più attutita.
Un bravo scrittore di genere non fa paura, il critico può permettersi di amarlo, di ignorarlo, di attaccarlo (ma solitamente non lo farà), di segnalarlo con un pizzico di sufficienza ai lettori. Non si mette in gioco, non si espone. Ma con un romanzo storico epico come questo il discorso è diverso. E Lucarelli - credo di non sbagliarmi -, lo sa.

Per capirlo basta leggere i primi capitoli, vedere come tratteggia i suoi personaggi, percepire le differenze tra questa scrittura e quella sua abituale. Sfumature, nulla più, ma sfumature che chi ha letto gli altri suoi libri coglierà al volo.

Al centro della storia molti uomini (in prevalenza) e qualche donna che si trovano a vivere nell'Eritrea della fine dell'Ottocento, una realtà difficile da immaginare per un popolo come il nostro che di colonialismo ha masticato poco e che poi quel poco l'ha anche dimenticato in fretta.
Il titolo si rifà ai versi di un poeta etiope, ed è una descrizione poetica di quelle terre, viste da chi c'è nato. Ma l'occhio di Lucarelli inevitabilmente, malgrado le ricerche e anche i viaggi fatti per conoscere meglio i luoghi, è quello di un occidentale che racconta l'Africa dal punto di vista occidentale, attraverso protagonisti prevalentemente bianchi. Il suo sforzo è quello di rappresentare luoghi, fatti e persone senza cadere nello stereotipo che ci condiziona.
Siamo a Massaua nel 1896, poco prima della sconfitta di Adua, e l'ambiente in cui siamo catapultati è quello dei militari italiani di stanza nel paese, delle donne che li frequentano, degli altri connazionali che arrivano in quelle terre in cerca di fortuna o per sfuggire alla sfortuna o, ancora, per cercare chi è fuggito.
Un romanzo in cui si intrecciano le vite di questi personaggi - italiani -, ma anche di alcuni indigeni come la Madama, che era il modo usuale di definire la compagna segreta dell'ufficiale italiano, la donna nera che stava con un bianco (a volte già sposato in patria) senza matrimonio, clandestinamente, ma non per questo vivendo con meno intensità la propria passione e i sentimenti, o Aicha, la classica bella ragazza di colore, passionale, quasi "pericolosa".
Un romanzo in cui emerge l'ambiguità del bianco colonialista in Africa, le contraddizioni di una realtà difficile, la fatica di vivere in una terra in guerra. Un romanzo in cui non manca l'indagine su un "maniaco", come ai tempi veniva definito un serial killer, un tassello che Lucarelli ha evidentemente voluto inserire per non dimenticare che lui è, soprattutto, scrittore di gialli.

È un bellissimo romanzo L'ottava vibrazione, un romanzo che lascia il segno, che si ricorda, ma al di là di tutto è anche un romanzo che ha paura, che testimonia il timore del suo autore, l'ansia di scrivere. Una paura che affiora qua e là nel racconto e fa inciampare il lettore, una paura inusuale per uno scrittore come lui. Sono solo brevi momenti, però, che si dimenticano subito risucchiati dal vortice della storia.
In quel luogo bello, ma così caldo, affascinante ma immerso nella guerra la storia è quella di tanta gente che va in un posto credendo di fare alcune cose e poi si ritrova a farne altre, tra cui quelle che in casa propria non si potevano fare.
E questo non ci ricorda qualcosa?







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