La questione docenti in Italia: l’eccessiva femminilizzazione della categoria, l’invecchiamento anagrafico e l’analfabetizzazzione digitale.
Data: Venerdì, 02 gennaio 2009 ore 19:04:08 CET
Argomento: Opinioni


Il processo di “femminilizzazione” della scuola italiana, particolarmente tra gli insegnanti dei primi cicli d’istruzione dove le donne sono il 99,57 % nella scuola dell’infanzia, il 95,38% nella scuola elementare, il 75,48% nella scuola media è un trend che si è consolidato nell’arco dei decenni. Alle superiori sono “solo” il 59,18%. Tutti questi dati si riferiscono all’anno scolastico 2003/2004, e sicuramente sono da aggiornare in pejus. Sono dati che non lasciano dubbi a una lettura sociologica del fenomeno. 
Significa che gli uomini insegnanti sono soltanto: lo 0,4 per cento nella scuola dell’infanzia  il 4,6 per cento nella scuola elementare, il 24,5 per cento nella scuola media.
L’articolo precedentemente richiamato, ampiamente condivisibile, chiarisce il senso e le motivazioni di questa situazione. Evidentemente ci si riferisce ad un’analisi sociologica sui grandi numeri, che prescinde dal singolo caso, e per questo facciamo appello all’intelligenza magari di quella singola professoressa impegnata e brava che ci legge e come prima reazione pensa ad indignarsi, pensando che la sua situazione possa essere estesa a tutte le altre docenti.
No, sbaglierebbe perché così facendo continuerebbe a protrarre l’equivoco cercando di mascherare con l’emozione la dura realtà quotidiana fatta di una stragrande maggioranza di donne che dedicano all’insegnamento il tempo strettamente necessario ad adempiere alle incombenze formali e poi " scappa e fuggi " con il pensiero stringente e inevitabile al ruolo familiare e sociale.
Quindi niente assemblee sindacali, niente politica, niente aggiornamento, riunioni pomeridiane vissute come stress, incontri professionali da evitare, insomma bilanciare il proprio tempo e i propri interessi perché la docenza è vissuta come un ripiego o un part time. Correzioni dei compiti a casa mentre si sta stirando la biancheria e niente computer e ripulsa per le nuove tecnologie che comportano un duro impegno di aggiornamento e di pratica continua e quotidiana. 
 

E qui veniamo alla secondo concausa del degrado e del distacco della professione docente dalla realtà, e cioè l’ignoranza informatica da parte di larga fetta delle docenti e l’assoluta incapacità o rifiuto all’uso delle nuove tecnologie e al loro impiego nella didattica. 
Nonostante le massicce campagne del MIUR di aggiornamento sulla didattica innovativa, i risultati sono disarmanti: l’insegnante donna, specie se supera i 45 anni di età, non sa usare il pc, non padroneggia internet e spesso si dichiara incapace di maneggiare i dispositivi che giudica diavolerie estranee al suo status di docente; roba adatta per altri.  

I bambini e gli studenti che vivono invece in un mondo digitale e immersi nel cyberspazio, si trovano come educatori in cattedra persone che percepiscono come aliene; eppure vivono o sono costrette a vivere quotidianamente in classe con adulti che sentono estranei al loro sentire, di cui spesso non ne capiscono il linguaggio.   

Quando parliamo di emergenza educativa non parliamo soltanto di discrasie generazionali, che ci sono sempre state, ma parliamo di difficoltà legate al fatto che gli adulti in cattedra si estraniano sempre più dal mondo dei discendi che poi è il mondo di tutti noi che parla e pratica di sms, di voip, di google, di face book, di lavagne digitali, di tom tom, di yuotube, di ipod, di iphon e di una miriade di cose e sigle e di diavolerie di cui i bambini e gli studenti vorrebbero si parlasse in classe.  
Ed ecco che a questo punto manca loro l’interlocutore. E magari quelli più spigliati e invadenti di loro si vendicano mandando su youtube i video dei docenti che ritengono più imbranati.  

Il problema drammatico è quindi come modificare i comportamento di questa larga fetta di docenti. Si può continuare a usare il sistema delle graduatorie indifferenziate per tutelare un diritto arcaico all’ignoranza digitale e informatica e perpetuare in cattedra il distacco generazionale tra mondi che non si parlano?  

Qual’è la soluzione?  
Bisogna partire dal diritto degli studenti ad avere docenti, maschi o femmine che siano, adeguati a fornire un’educazione e un’istruzione adeguata ai tempi e alle tecnologie. E per far questo bisogna assegnare alle scuole la responsabilità di reclutare il proprio personale educativo.  

Non solo ma è necessario valutare la qualità della docenza e tirare su dalla palude quelle fasce di docenti che già sono preparati per affrontare l’emergenza educativa, perché si aggiornano e si dedicano seriamente e interamente al loro compito di maestri delle nuove generazioni. E a questi docenti di fascia senior o comunque li si voglia chiamare assegnare da subito uno stipendio tabellare europeo.  

Ma questi docenti senior, un buon 30% della categoria pari a 200.000 docenti,  non vanno individuati per graduatoria o per anzianità; vanno scoperti e individuati scuola per scuola con una procedura coraggiosa e decentrata fissando regole certe e procedure snelle e rigorose con criteri che assegnino ai presidi la responsabilità e l’accountabilty delle scelte fatte.

 Attorno a questi docenti senior si potrà creare un meccanismo di emulazione e di competizione virtuosa che possa a cascata far crescere la qualità degli altri con la possibilità di transitare da una fascia all’altra anche a rovescio.

 Non ci può essere più nella scuola una situazione di cristallizzazione basata sull’anzianità anagrafica perché questo meccanismo ha portato allo sfacelo.

 Parlare di merito e di carriera senza poi trarne le conseguenze sul piano operativo è un puro esercizio accademico, inutile quanto vacuo. Negli ultimi quarant’anni quando si è parlato di merito e di carriera si è fatta sempre melina e si sono attivati tavoli di discussione inconcludenti con i sindacati.

 Ora c’è una proposta seria in parlamento sul reclutamento, sul merito e sulla carriera dei docenti: si chiama proposta Aprea in elaborazione alla commissione della camera dei deputati.

 Si intervenga nel merito e si facciano proposte serie e poi si decida. Si eviti di dire dopo quarant’anni che ci vuole ancora tempo oppure non si usino argomenti beceri o demagogici quali quelli legati a presunti mancati coinvolgimenti di tutta la categoria. Tutti sanno che non ci sarà mai un’adesione plebiscitaria a una legge che privilegi il merito perché la categoria è fatta appunto di una stragrande maggioranza di donne, anziane e senza competenze digitali.

 Salvatore Indelicato

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 







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