LE PROFESSORESSE? ANCHE SE BELLE, ESSERI ASESSUATI…
Data: Mercoledì, 17 dicembre 2008 ore 00:05:00 CET
Argomento: Opinioni



LE PROFESSORESSE? ANCHE SE BELLE, ESSERI ASESSUATI…

Sia lecito di dire la sua anche un insegnante di lettere delle superiori appena uscito (fuggito) dalla scuola, subito dopo aver raggiunto i requisiti minimi, non ancora vecchio e rimbambito (per fortuna), ma stufo di fare l’esperto nel pestare l’acqua nel mortaio. E sicuramente contento di essere tornato a respirare aria pura, a contatto col mondo reale. E sì, perchè quello della scuola è un mondo deformato e deformante.

DEFORMATO. La scuola si sente il centro dell’universo e non lo è. O non lo è più, ammesso che lo sia mai stato. M ala scuola non lo sa. O se lo sa (ma ho qualche dubbio) fa finta di non saperlo e si comporta di conseguenza. Il centro, lo si voglia o no, è altrove: tv, mondo massmediologico, ecc. C’è stata, lo sappiamo tutti, e c’è tuttora una lenta ma inarrestabile (?) trasformazione antropologica di cui bisogna prendere atto e di cui la scuola non sembra aver preso coscienza. I giovani in generale (ci sono le eccezioni naturalmente, ma I discorsi si fanno sui grandi numeri) si informano, si formano (?) non più a scuola o sui libri ma attraverso i nuovi canali, i nuovi media. Tra scuola e mondo delle immagini “non c’è partita”, come dicono I giovani in linguaggio sportive.
La scuola non è forte quanto i nuovi media. La scuola, del resto, non è mai stata forte. Lo era, ma è più corretto dire: appariva forte, quando non doveva combattere con nessuno, quando non aveva avversari, quando gli insegnanti, i «professori», erano autorevoli in quanto tali, a prescindere. Ora l'autorevolezza è un traguardo difficilmente raggiungibile perché si parte da una posizione di svantaggio. Anche il
migliore degli insegnanti di lettere, di filosofia o altro nulla può contro Maria De Filippi. E il discorso, è doloroso dirlo, vale anche per la famiglia. I genitori, anche i migliori, durano fatica a confrontarsi con i modelli altri.
La scuola doveva, avrebbe dovuto già da tempo, fungere da argine contro il dilagare della cultura altra, non certo per demonizzarla, ma almeno con l'obiettivo di non farsi fagocitare o soppiantare da essa. Ma per far questo bisognava aver cura della scuola, preparare nel momento del passaggio dall'istruzione elitaria a quella di massa insegnanti capaci,
numerosi e, importantissimo, ben pagati. In altre parole, motivati. Colti. Bisognava fare della scuola il luogo della cultura. E cultura, è stato detto bene, è aprirsi al mondo, aprire al mondo i giovani. Per fare questo l’insegnante deve saper spaziare con leggerezza dal futile fenomenico al complesso e profondo, dalla partita di calcio al principio di indeterminazione, da Lucio Battisti all’opus III. Ma è questo il punto. Quali sono, quanti sono, anche nei licei, gli insegnanti che possono farlo? La mia modesta ma lunga esperienza mi dice che in realtà ognuno coltiva il proprio orticello e niente più.


DEFORMANTE: La scuola è un mondo chiuso e autoreferenziale che genera non mostri, per carità, ma monomaniaci sì, e in gran numero, persone disadattate che scambiano l’artificioso recinto scolastico con la realtà, realtà esclusiva e totalizzante peraltro. Da qui tutta una serie di comportamenti, atteggiamenti: il modo di gesticolare, di camminare, financo di portare in mano il giornale. Io modestamente saprei riconoscere con scarso margine di errore, per strada, un insegnante, mentre non saprei assolutamente riconoscere un bancario o un impiegato del catasto, per esempio.
E poi i discorsi tra insegnanti, anche fuori dalla scuola. Un continuo crogiolarsi nell’autocommiserazione e nello stesso tempo un continuo autoesaltarsi e autoassolversi. Gli altri non ci capiscono? Peggio per loro. E i rapporti con i colleghi. Con le colleghe. Non c’è alcun altro ambiente di lavoro, che io sappia, in cui le donne, anche quelle belle e carine ( e sì, perchè ci sono anche quelle per fortuna) sono viste come esseri asessuati, puro spirito verso cui è impensabile provare pulsioni di alcun genere…


Geremia Sconcerti (brano stralciato da “Non c’è partita” in La mia scuola. Chi insegna si racconta, Einaudi, 2005)







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