Appunti sull'attuale situazione della poesia
Data: Mercoledì, 10 dicembre 2008 ore 18:50:25 CET
Argomento: Redazione


La poesia sta vivendo quello che potremmo definire un vero isolamento sociale. Sostanzialmente, l’atto comunicativo aperto dalla poesia non sembra essere più adeguato ai mutamenti del mondo. La crisi in cui versa la poesia può essere utile come esemplificazione di un destino comune alla musica, alla letteratura, alle arti figurative. La poesia ha sacrificato la propria vocazione passando dalla rappresentazione del sapere all’intrattenimento immediato, dalla complessità alla superficialità, cedendo alle lusinghe del mercato editoriale.

Ricordando alcune riflessioni del celebre poeta messicano Octavio Paz, i poeti e gli scrittori che hanno iniziato la loro attività nella prima metà del Novecento hanno dovuto combattere il “socialismo”, una dottrina che pretendeva di sottomettere la letteratura ai dettami di uno Stato e di un partito che predicava la liberazione dell’umanità, praticando l’esatto contrario. Oggi le arti e la letteratura non sono minacciate da una dottrina o da un partito politico onnisciente, ma da un processo economico senza volto, senza anima e senza orientamento. Per misurare la nostra povertà estetica e la nostra bassezza morale e spirituale, basta pensare ad un cittadino di Atene del V secolo a.C., ad un romano dei tempi di Marco Aurelio o ad un fiorentino del Quattrocento. In un mondo dominato dalla logica del mercato la poesia è un’attività che non rende nulla. I suoi prodotti sono scarsamente vendibili e poco utili. Per la mente moderna la poesia è energia, tempo e talento trasformati in oggetti superflui.
Mario Luzi, il più grande poeta italiano degli ultimi decenni, recentemente scomparso, affermava: “Mi piace paragonare i nostri tempi ad un secolo del Medioevo: il Trecento. Il Trecento è per noi un secolo dal sapere certo, sicuro, assunto in ottima fede per costruire una cultura ed un ordine globale. Il poeta trecentesco è immerso in una cultura di cui è parte, che condivide e che cerca di promuovere. Nella nostra epoca abbiamo un sapere abbondante, ma non costruttivo. Il poema che ne nasce è frammentario, mette in dubbio se stesso, il proprio valore. Una poesia che sia ammirazione di ciò che ci viene offerto dalla vita è assente”.
Ho parlato con il collega, mio coetaneo, Davide Rondoni, di Forlì, il quale si sofferma con pungente ironia sul fatto che “oggi i poeti sono invitati in tivù, in un salotto o su una terrazza, a discutere pubblicamente. E si lamentano, si lamentano… non sanno o non vogliono fare altro”.
Tornando ad un’affermazione di Octavio Paz, “la poesia è un’attività che non rende nulla”, bisogna ricordare come tanti grandi autori presenti ai convegni di categoria abbiano la necessità economica di svolgere un’attività professionale per vivere. Esaminando le note biografiche fornite dall’organizzazione dell’ultimo Congresso del Sindacato Nazionale Scrittori Italiani al quale ho partecipato, ho trovato un autentico esercito di insegnanti di scuole di ogni tipologia, alcuni collaboratori (spesso soltanto occasionali) di quotidiani e periodici, un bancario, un impiegato, un operaio, ed altro ancora!
Insomma, emerge una poesia vittima del mercato, della crisi di valori e modestia spirituale generale, nonché dell’utilizzo svolto da mass-media e dal criticabile uso che la scuola ne fa, il che a mio personale parere resta una delle colpe più gravi se si considera l’importanza che un buon esempio, una valida iniziazione, possono avere su di un giovanissimo. Insisto su questo punto, perché a tutti oggigiorno è ben presente quanto sia importante imparare una lingua straniera, imparare a nuotare, a danzare e altro ancora, in tenera età, per via degli straordinari risultati ottenibili. Introdurre alla poesia, alla letteratura, alla cultura, è così inutile? Si crede, forse, che la poesia sia soltanto quella noia mortale di versi da imparare a memoria e da ripetere a scuola oppure un insieme di cose abbastanza idiote, solitamente in rima, che si fanno “recitare” al bambino nelle grandi occasioni di raduno familiare? Per molti sembrerebbe veramente tutto qui, e veder nascere autori di prestigio in questo clima è un po’ come vedere spuntare un’aiuola nel deserto. Certo, un contributo viene anche da quel comportamento di alcuni autori, sempre più persi nel compiacimento del non essere capiti, un po’ come quei politici che parlano al popolo sperando di sentirsi dire “Bravo. Parla bene. Non ho capito quasi niente, ma dev’essere proprio in gamba”. Posso comprendere che non si debba rimanere immobilizzati nei secoli nel cantare l’amore per la propria bella; ma l’involuzione di versi poetici astrusi non fa altro che aumentare l’ostilità del pubblico ed avvicinare la poesia al proprio tramonto. E non si può gettare la croce addosso al solo pubblico se tra i successi editoriali degli ultimi anni la poesia quasi non compare. Solo alcune operazioni commerciali legate ad opere lontane nel tempo, alla loro ennesima ristampa. In particolare, in Italia la poesia non è riuscita nemmeno a creare un solo fenomeno di massa (per discutibile che possa essere un fenomeno di questo tipo) com’è, invece, riuscito alla narrativa negli anni Ottanta con Umberto Eco, e nel decennio successivo con Susanna Tamaro. Sarebbe già un buon segnale, quanto meno a livello di capacità di attrazione verso il popolo dei lettori ed ancor più verso il recupero del più nutrito popolo dei “non lettori”.
Eppure gli italiani, che sarebbero un popolo di “poeti, santi e navigatori”, sembrano non aver perso il contatto con l’arte dello scrivere in versi. Il sospetto è che ci sia più gente disposta a scrivere poesie (chi non ne ha almeno una nel cassetto?) che a leggerne, come ci sono in giro più romanzieri che lettori di narrativa, più aspiranti giornalisti che lettori di quotidiani. A proposito di poeti, santi e navigatori; dov’è finita la spiritualità nei versi? Non è necessario raggiungere le alte vette toccate da San Francesco d’Assisi, ma spiace che non ci sia più interesse ad avvicinarsi a Dio tramite la poesia. E’, anche questo, un segnale della pochezza dell’arte poetica odierna.
Concludendo, la poesia appare priva di qualsiasi sussulto: che sia d’amore, di spiritualità, protesta, od altro ancora. La colpa, come detto, è delle esigenze di mercato, della crisi dei valori, della “pigrizia culturale” che viene portata dall’agiatezza sociale in cui vive soprattutto il mondo occidentale. Ed un dubbio inquietante: quello che sia stato detto tutto. Un dubbio (e niente di più) già dibattuto in altri campi. Come dire in rima, come pure in prosa, qualcosa di nuovo dopo millenni? Come fare altrettanto in teatro? Quante difficoltà nel dover progettare qualcosa di originale nel cinema dopo un secolo di vita e nella televisione, che è di nascita ancora più recente. Questa, in sintesi, la situazione non tranquillizzante della poesia in questo inizio di terzo millennio. Agli educatori, agli editori ed a coloro che si sono resi e si rendono responsabili di tutto ciò, l’arduo ed urgente compito di raddrizzare le sorti di quest’arte e traghettarla nel migliore dei modi nel futuro.











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