DAL TESTO ALLA SCENA
Data: Sabato, 29 novembre 2008 ore 15:30:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


Dal testo alla scena

di Andrea Bisicchia*

 

In una società avanzata come la nostra ritengo impossibile separare la vita della scuola dalla vita del teatro, perché utilizzano, entrambe, una forma di comunicazione non virtuale, ma comunitaria.

Scoprire la teatralità equivale a scoprire tutto un mondo interdisciplinare che ruota attorno allo spettacolo; così come scoprire la scuola vuol dire conoscere tutti i valori che stanno dietro di essa.

 

Già dagli anni Cinquanta questi due mondi avevano cercato d'incontrarsi e di convivere; indicherei come data il 1956, anno in cui il Ministro della Pubblica Istruzione, insieme al Centro didattico nazionale di studi e documentazione, promosse un convegno a Firenze su "Teatro e Scuola" i cui atti furono pubblicati l'anno successivo. Vi parteciparono docenti, pedagogisti, psicologi e uomini di teatro come Paolo Grassi che, insieme a Strèhler, combatteva la sua battaglia per un teatro pubblico, il cui impegno non doveva essere diverso da quello della scuola pubblica, essendo entrambi al servizio di giovani allievi e giovani spettatori. In quegli anni pionieristici si discuteva dell'assenza di cattedre di Storia del teatro, visto che ce n'era solo una, alla Cattolica di Milano, con un maestro d'eccezione come Mario Apollonio.

Dalle cattedre ai Dams

Le cattedre di Storia del teatro cominciarono a fiorire negli anni Sessanta-Settanta all'interno della facoltà di Lettere e generarono i primi equivoci, nel senso che il testo teatrale veniva letto e spiegato con gli stessi mezzi e con le medesime metodologie con cui si spiegavano i testi letterari.

I grandi tragici erano considerati semplicemente dei poeti, così come lo erano Ariosto, Machiavelli, Shakespeare, Molière, Goldoni, Pirandello, ecc. ecc.

I giovani studenti, pertanto, avevano una conoscenza distorta del testo teatrale, ignoravano la civiltà teatrale in cui era nato, fatta di committenti, di organizzatori, di attori, di compagnie capocomicali o di complesso, di regia.

Il contributo esegetico, di carattere letterario, non metteva lo studente nelle condizioni di conoscere il mistilinguismo che contraddistingue un allestimento dato che, alla fine, è questo che bisogna giudicare per poter conoscere tutto ciò che ha contribuito alla sua realizzazione e che occorre approfondire per conoscere i diversi saperi necessari per fare teatro: lo spazio dove si allestisce il testo, la scena, i costumi, le musiche, le luci, da non considerare come semplici appendici, i costi, tutti elementi indispensabili che sono diventati oggetto di materie di studio nei vari Dams.

 

Dalla drammatizzazione al linguaggio della scena

Sulla drammatizzazione hanno lavorato molti insegnanti, specie quelli delle scuole elementari, che la utilizzavano per fare scoprire ai fanciulli la teatralità di certe opere mentre, attraverso il gioco, li mettevano in contatto con il teatro, con la consapevolezza che questo tipo di accostamento fosse sufficiente per scoprire quel mondo misterioso che appartiene, in verità, allo spazio scenico. Lo spazio della scuola era diventato il luogo ideale per far conoscere soltanto la teatralità insita nei testi, tanto che si poteva fare a meno del teatro inteso come luogo.

La drammatizzazione consisteva nel creare dei dialoghi tratti da testi narrativi, o utilizzare quelli dei testi teatrali per mettere alla prova la freschezza inventiva dei fanciulli.

Questo tipo di lavoro, avallato da illustri pedagogisti, fu esteso anche alle scuole superiori; grazie alla volontà di alcuni insegnanti, che sperimentarono in maniera più approfondita (utilizzando il testo come genere letterario, e quindi come una forma di letteratura) il teatro inteso come processo di autoconoscenza o come rivelazione di sé nell'altro da sé, ovvero come una forma del conoscersi, non pensandosi, ma vivendo e vivendosi.

Lo scopo mirava a scoprire il grado di fantasia e d'immaginazione dello studente.

Ma il teatro era diventato, nel frattempo, qualcosa di diverso, poiché gli veniva riconosciuto un linguaggio autonomo e l'onere di una disciplina dal valore scientifico.

 

Leggere lo spettacolo

L'autonomia della lingua scenica, la sua specificità, comportò una maniera diversa di accostarsi al teatro; lo studente non doveva andare per 'vedere' ma per 'leggere' uno spettacolo. Ciò che vedeva accadere sulla scena doveva essere percepito come il risultato di una ricerca, di una riflessione critica, di una vera e propria documentazione, contraddistinte da una multidisciplinarità; pertanto ciò a cui assisteva, sulle tavole del palcoscenico, doveva essere letto come un saggio critico, come un contributo all'analisi del testo, non più in forma saggistica, ma attraverso l'uso di metodologie diverse che permettevano di verificare le relazioni esistenti tra studi accademici ed evento teatrale, e di dimostrare come l'apparato teatrale, che sta dietro a una messinscena, abbia lo stesso significato scientifico dell'analisi estetica di una commedia o di una tragedia, e ancora che si può fare studio e ricerca in maniera diversa dai canoni tradizionali. Questo tipo di lavoro ha permesso agli storici del teatro di coniugare discipline diverse, non solo nell'ambito dello spettacolo, ma anche di storia della scienza, del sacro, dell'economia ecc, nel senso che hanno potuto fare storia del teatro non più in maniera cronologica, ma rapportandola ad altre categorie e analizzare, per esempio, la nascita del sacro e del suo rapporto col teatro, dalle origini fino a oggi. Il teatro è diventato così una chiave di accesso a materie che, grazie a esso, potranno acquistare maggiore divulgazione e permettere agli studenti di conoscere e approfondire contemporaneamente discipline diverse, addentrandosi, non solo nello specifico drammaturgico, ma anche in quello di altre discipline che, nate nel medesimo periodo, sono diventate oggetto della scrittura teatrale.

 

*Docente di Metodologia e critica dello spettacolo all'Università di Parma e Organizzazione del teatro e dello spettacolo all'Università Cattolica di Milano.

 

 

 

 

 

 

 







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