Università: materie aumentate del 50%
Data: Sabato, 22 novembre 2008 ore 00:00:00 CET
Argomento: Redazione


di Anna Maria Sersale
ROMA (12 novembre) -  E la moltiplicazione non si è ancora fermata. Già, perché al tempo della rilevazione gli insegnamenti erano 171.415, ora sono 7.500 in più. Ma non basta. Se non ci si limita a osservare il divario rispetto a cinque anni, ma ci si confronta con il periodo ante-riforma, quello prima del 3+2, allora l’incremento delle materie universitarie è del 300 per cento. Possibile? Sì. E non è solo conseguenza dell’ampliamento dei campi della cultura e della scienza.

Questi numeri nascondono giochi di potere, guerre interne al mondo accademico, spartizioni di posti, lotterie di cattedre, sprechi e corsi di laurea da moltiplicare. Fenomeni patologici, che si sovrappongono alla corsa alle cattedre e alla trasformazione degli insegnamenti in “contenitori” di sigle astruse. Dalla Scienza del packaging al Benessere del cane e del gatto, alla Protezione delle piante. E c’è un’altra cosa inquietante. Il 40% degli insegnamenti universitari, pari a 69.384, al momento dell'esame dà diritto soltanto a 4 crediti. Con liti furibonde per l'equivalenza disciplina-crediti perché nessun docente vuole “valere” meno del vicino di stanza. Dunque, c’è una pletora di materie “minori” che è servita solo a coltivare qualche orticello.

«Certo, i fenomeni di gigantismo sono iniziati con l’applicazione del 3+2 - avverte il senatore Giuseppe Valditara, Pdl, e membro della Commissione cultura a Palazzo Madama - C’è stata una proliferazione di corsi con effetti devastanti. Quando in Germania ce n’erano 800 noi già ne avevamo 3.200. E poi siamo saliti ancora, fino a superare gli 8 mila. Ecco perché non è più rinviabile un criterio di distribuzione dei fondi sulla base dei risultati ottenuti. Dobbiamo incoraggiare comportamenti virtuosi, perché si innalzi la qualità e si risanino i bilanci, altrimenti corriamo il rischio che gli atenei si trasformino in superlicei».

Siamo di fronte all'invenzione di sempre nuove discipline. Ma come siamo arrivati a tanto? «Di specializzazione in specializzazione - sostiene Andrea Cammelli, direttore del Consorzio interuniversitario che raggruppa una cinquantina di atenei - abbiamo finito per spezzettare la conoscenza in una miriade di segmenti, in cui ciascuno si scava una nicchia e coltiva le proprie ambizioni». «Ho la sensazione - aggiunge Andrea Cammelli - che così perdiamo l’unità del sapere. L’autonomia degli atenei non è certo anarchia, però mancano indicazioni chiare. Sicché si fa presto a trovare il silenzio dei colleghi, perché la regola neppure tanto nascosta è che oggi tocca a me un privilegio e domani a te. Così, come per i concorsi, c’è chi è pronto a prestarsi o a chiudere gli occhi per farsi dei crediti e poi passere all’incasso. E’ l’ennesima dimostrazione che c’è tanto da cambiare nell’università».

Però Cammelli difende anche un altro principio: «L’università non è solo questo. Tagliamo gli eccessi, ma stiamo attenti. Se falciamo tutto insieme, in modo indiscriminato, insieme alla zizzania distruggiamo anche quello che c’è di buono. Non possiamo demolire il sistema, perché dalle ceneri non si costruirà più nulla».

da Il messaggero







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